Muore avvelenato da uno spray il fratellastro del dittatore nordcoreano Kim Jong-un
di Stefano Carrer
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TOKYO - Il fratello del leader nordcoreano Kim Jong Un sarebbe stato ucciso in Malaysia. Secondo alcuni media sudcoreani, Kim Jong Nam, è stato assassinato con uno spray chimico al veleno a Kuala Lumpur da due donne probabilmente appartenenti ai servizi segreti nordcoreani. Lo riferisce la polizia della Malaysia riportando quanto raccontato dalla stessa vittima, che si è rivolta a un desk di informazioni cercando assistenza medica perché diceva di provare forti dolori. Kim Jong-un è morto poco dopo durante il trasporto verso l'ospedale.
I due Kim hanno in comune il padre, l'ex leader nordcoreano Kim Jong Il, deceduto nel 2011 a 69 anni, ma hanno madri diverse. Sua madre era una attrice, Sung Hae-rim, che Kim Jong Il non ha mai sposato.
Kim Jong Nam, di età intorno ai 45 anni, non aveva ruoli nel regime e avrebbe vissuto costantemente all'estero da quando il fratello minore ha preso il potere, per lo più in Cina e a Macao: secondo la polizia malese al momento dell’omicidio era diretto proprio a Macao, patria del gioco d’azzardo. In passato aveva anche parlato in modo sfavorevole del controllo dinastico della sua famiglia sul Paese, almeno secondo quanto riferito in un libro di Yoji Gomi, un giornalista del Tokyo Shimbun che sostenne di aver scambiato email con lui per sette anni.
Era inoltre considerato un po' troppo pro-cinese e vicino allo zio Jang Song Thaek, fatto giustiziare da Kim Jong Un nel 2013 proprio per il sospetto di rapporti intensi con Pechino.
Nel 2001 Kim Jong Nam era stato protagonista di uno strano episodio in Giappone dopo il quale era stato escluso che potesse succedere al padre al vertice del regime: era stato fermato all'aeroporto di Narita in possesso di un passaporto falso e aveva dichiarato di voler visitare Tokyo Disneyland. Da erede apparente in quanto figlio maggiore, era quindi passato a essere considerato un personaggio eccentrico senza prospettive di assumere poteri politici.
Intanto il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha condannato il lancio del missile a media gittata effettuato domenica mattina dalla Corea del Nord, che ha reagito con sdegno sostenendo che si tratti di una iniziativa puramente difensiva. Secondo l'agenzia ufficiale KCNA, lo stesso leader Kim Jong un e' stato presente al lancio del missile, che dopo una traiettoria di circa 500 km - raggiunta una altezza fino a 550 km - e' caduto nel Mar del Giappone. Missili di medio-lungo raggio hanno una gittata molto superiore, ma la stessa agenzia ha informato che la traiettoria e' stata volutamente contenuta per non costituire un pericolo per i Paesi vicini.
Secondo fonti sudcoreane, si tratterebbe di un missile di tipo Musudan modificato e rappresenterebbe un significativo avanzamento tecnico. Dopo qualche mese di calma seguito al test nucleare del settembre scorso (e al lancio-test di una ventina di missili in un anno), la Corea del Nord ha fatto dunque sentire la sua voce e pone ora un dilemma alla nuova Amministrazione Usa. Inizialmente, il presidente Trump - accanto al premier giapponese Shinzo Abe, che si trovava con lui in Florida - si era limitato a dichiarare gli Usa sono “al 100%” a fianco dell'alleato Giappone. In seguito ha sottolineato che “ovviamente la Corea del Nord è un problema molto grande, che affronteremo con grande determinazione”. Ancora più dure le parole dell'ambasciatrice statunitense all'Onu Nikki Haley. Ma non è chiaro che tipo di opzioni concrete possano essere prese in considerazione, a parte il dispiegamento di “asset militari strategici” alle prossime esercitazioni congiunte Usa-Corea del Sud previste a marzo.
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