Musei, il Baltimore ritira le opere dall'asta Sotheby’s
Le recenti vendite delle istituzioni americane stanno dando una boccata d’ossigeno ai fondi di dotazione. Obiettivo anche diversificare le collezioni verso la diversità e l’equità di genere e identità culturale
di Maria Adelaide Marchesoni
6' di lettura
I riflessi della pandemia Covid 19 sui conti delle istituzioni museali americani hanno determinato un peggioramento della struttura patrimoniale e finanziaria. Per far fronte in parte a questa situazione in questi mesi sono state avviate alcune “operazioni straordinarie” come la valorizzazione del patrimonio artistico. La domanda spontanea è se la vendita serve per rimanere a galla oppure risponde ad altre strategie che fanno leva su una nuova visione del museo e i proventi serviranno ad attuare un ripensamento strategico delle collezioni, che tuttavia ha confermato un trend già in atto l'anno scorso. Nel frattempo c'è chi a due ore prima dell'asta decide di tornare sui suoi passi.
Dietrofront
In questi giorni nella evening sale del 28 ottobre di Sotheby's New York dovevano essere battute due opere del Baltimore Museum of Art , ma la protesta crescente ha portato alla richiesta di un'indagine formale e alle dimissioni di due membri del consiglio di amministrazione e, all'ultimo momento il museo ha deciso di “sospendere” l'operazione di deaccessioning e ha ritirato due delle tre opere messe in vendita per le quali aveva un obiettivo di realizzare 65 milioni di dollari. L'ammontare era destinato per circa 10 milioni di dollari al fondo di dotazione per le acquisizioni e i restanti 55 milioni di dollari alla costituzione di un nuovo fondo denominato Diversity, Equity, Accessibility, and Inclusion DEAI. Gli obiettivi di questo fondo sono di generare 2,5 milioni di dollari di entrate annuali, per consentire la gratuità per la visita alle mostre speciali, coprire gli stipendi del personale addetto alla cura della collezione, tra cui curatori, registrar e conservatori.
Le opere ritirate
In vendita vi erano tre blue-chip: “3” (1987-88) di Brice Marden presentava una stima compresa tra 10-15 milioni di dollari ed è l'unico dipinto delle 18 opere dell'artista che si trova nella collezione di un museo, “1957-G” di Clyfford Still (1957) stimato 12-18 milioni di dollari, e di Andy Warhol, “The Last Supper” (1986) che avrebbe dovuto essere battuta in asta, ma ha poi seguito la via della vendita privata. In precedenza nel 2018, il museo ha venduto una serie di opere blue-chip di artisti bianchi per raccogliere fondi da destinare alla strategia di diversificazione della collezione. Le vendite avevano generato 7,9 milioni di dollari che hanno permesso al museo di acquistare opere di Amy Sherald, Wangechi Mutu, Jack Whitten e altri.
Deaccessioning
La vendita di un'opera d'arte da parte di un museo, è un'operazione vietata nei musei italiani come in quelli del Regno Unito. Negli Stati Uniti al contrario, dove le collezioni sono di proprietà dei musei, non esiste una legislazione sulle “dismissioni” e, in circostanze normali, è permessa la vendita delle opere in collezione, ma secondo determinate condizioni indicate nella policy del museo stesso. Le linee guida in materia di deaccessioning sono dettate anche da organizzazioni come l' Association of Art Museum Directors (Aamd), che rappresenta 227 musei situati negli Stati Uniti, Canada e Messico e afferma che l'operazione di deaccessioning può essere fatta solo per migliorare la collezione e sostenere gli obiettivi curatoriali a lungo termine del museo. In sostanza, questo significa che i musei possono vendere opere della loro collezione d'arte solo per acquistare altri lavori al fine di migliorare la collezione. I fondi derivanti dalla vendita non dovrebbero mai essere utilizzati per coprire le spese di gestione.
La moratoria Aamd
A causa dell'emergenza COVID-19, lo scorso aprile, l'AAMD ha deciso di allentare alcune disposizioni che riguardano sia l'utilizzo o una nuova destinazione dei fondi vincolati sia le risorse derivanti dalle attività di deaccessioning concedendo ai musei una “finestra” di due anni (aprile 2022) senza pericolo di essere sanzionati, sospesi o espulsi come di solito accade. Le risorse derivanti dalla vendita di opere d'arte devono essere impiegate nella cura della collezione. I musei hanno colto al volo questa opportunità. E il mercato ha risposto in modo entusiasta all'offerta delle opere che in questi mesi sono passate in asta. È bene, infatti, ricordare che la provenienza convalida e accresce il valore economico dell'opera. Un esempio recente la vendita del dipinto del 1971 di David Hockney, “Portrait of Sir David Webster”, 1971 acquisito nello stesso anno dalla Royal Opera House venduto nell'asta di Christie's di Post-War and Contemporary Art Evening Sale lo scorso 22 ottobre realizzando 12,8 milioni di sterline rispetto alla stima compresa tra 11-18 milioni di sterline.
Le vendite più significative dei musei americani
Il Brooklyn Museum, New York, da alcuni anni sta lottato per arginare le difficoltà finanziarie che si sono aggravate dopo la sua chiusura forzata a marzo. L'obiettivo è di costruire una dotazione di 40 milioni di dollari che possa generare 2 milioni di dollari all'anno per la gestione della collezione. Una parte delle risorse sarebbero destinate anche a pagare gli stipendi di curatori, conservatori e altri incaricati di sovrintendere ai tesori dell'istituzione. Il 28 ottobre nell'asta Contemporary Art di Sotheby's a New York è stato battuto un Tavolo di Carlo Mollino (lotto 16) a 6,18 milioni di dollari, prezzo decisamente elevato rispetto alla stima compresa tra 2-3 milioni di dollari.
Sempre il 28 ottobre a New York da Sotheby's nell'appuntamento Impressionist and Modern Art Evening Sale sono state messe in vendita le seguenti opere: di Henri Matisse “Le carrefour de Malabri”, 1917 (lotto 121) entrato nella collezione del museo americano nel 1967 in seguito ad un lascito, ha raggiunto 746mila dollari, dalla stima compresa tra 500-700 mila dollari; di Claude Monet “Les Iles a Port-Villez”, 1897 (lotto 120) dalla stima compresa tra 2,5-3,5 milioni di dollari, ha raggiunto 4,618 milioni di dollari. L'opera era entrata in collezione nel 1968 come lascito di un collezionista; di Edgar Degas “Femme nue assise, s'essuyant les cheveux”, 1902, (lotto 122), donata nel 1954 da un privato presentava una stima compresa tra 800mila -1,2 milioni di dollari e ha raggiunto 685mila, un risultato decisamente inferiore a quello sperato; di Joan Miró “Couple d'amoureux dans la nuit”, 1966 (lotto 119), lascito più recente del 1992, proposto alla stima tra 1,2-1,8 milioni di dollari, ha raggiunto 1,16 milioni di dollari, al di sotto della stima bassa. Sempre il Brroklyn Museum nel 2018 ha venduto altre opere della collezione. Lo scorso novembre ha dismesso un'importante opera di Francis Bacon, “Pope” (1958), per 6,6 milioni di dollari, appena al di sopra della stima bassa compresa tra 6-8 milioni di dollari, per riorientare le sue “priorità istituzionali della collezione” acquistando nuove opere. Da Christie's lo scorso 15 ottobre a New York nell'asta Old Masters sono state battute 12 opere, tra quelle che hanno raggiunto un risultato elevato c’è “Lucretia” di Lucas Cranach I (Kronach 1472-1553 Weimar), (lotto 11) che ha raggiunto 5,07 milioni di dollari, ben oltre la stima di 1,2-1,8 milioni di dollari. L'opera è entrata nella collezione come lascito di A. Augustus Healy, nel 1921.
L' Everson Museum of Art Syracuse, New York da Christie's ha venduto il dipinto “Red Composition”, 1946, di Jackson Pollock nella 20th Century Evening Sale a New York il 6 ottobre, lotto n. 5 per 13 milioni di dollari (12-18 milioni di dollari). L'opera fu dapprima di proprietà della leggendaria mercante e mecenate di Pollock, Peggy Guggenheim, fu donato al museo nel 1991 da Marshall e Dorothy Reisman che l'acquistarono nel 1958 per 3.500 dollari. Nel 1991 la donazione al museo è avvenuta per un valore di 800.000 dollari. Oltre a “Red Composition”, i Reisman hanno anche donato nel 1997 all'Everson un'altra opera di Pollock “Untitled” su carta attualmente esposta nella mostra «A Legacy of Firsts». I proventi della vendita del Pollock saranno dedicati a perfezionare la collezione dell'Everson Museum concentrandosi sulle opere di artisti di colore, donne e altri artisti sottorappresentati, emergenti e mid-career. Sarà istituito un fondo per questi specifici acquisti, mentre una parte aggiuntiva dei fondi sarà utilizzata anche per la cura diretta della collezione che comprende oltre 10.000 pezzi. Questi stanziamenti sono coerenti con le linee guida stabilite dall'American Alliance of Museums e dai Reggenti dello Stato di New York.
Infine il San Francisco Museum of Modern Art per diversificare il suo patrimonio ha venduto nell'asta Contemporary Art Evening Auction del 16 maggio 2019 un dipinto di Mark Rothko (lotto 12) che ha raggiunto 50 milioni di dollari rispetto alla stima tra 35-50 milioni di dollari.
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