Morto Robbie Robertson, leader massimo della «rivoluzione gentile» di The Band
Il chitarrista canadese di origine Mohawk aveva 80 anni. Spalla di Dylan, consigliere di Scorsese, scrisse «The Weight». E già questo gli varrebbe l’eternità
di Francesco Prisco
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«È facile essere un genio a 20 anni. Difficile esserlo a 40», diceva Robbie Robertson. Il chitarrista e autore canadese leader di The Band, scomparso adesso all'età di 80 anni, lo è stato in giovinezza, quando con i suoi sodali accompagnava Bob Dylan in giro per l’America, lo è stato negli anni della maturità, quando ha riscoperto il patrimonio musicale della nazione Mohawk da cui in parte discendeva, lo è stato fino alla fine, collaborando come consulente ai progetti cinematografici di Martin Scorsese. Ma soprattutto è stato il leader massimo della rivoluzione gentile di The Band, scrivendo The Weight, Up on Cripple Creek e The Night They Drove Old Dixie Down. Una rivoluzione tutta giocata nel solco del folk rock.
Già questo basterebbe a valergli l’eternità, ma Robbie è stato molto di più: trovatelo voi uno che ancora bambino riceve consigli su come suonare la chitarra da Buddy Holly, da ragazzo assiste alle prime esibizioni di Aretha Franklin, poi si fa uno spinello con i Beatles, è testimone del metodo di lavoro di Leiber e Stoller, raccoglie le confidenze di Jimi Hendrix prima che diventi Jimi Hendrix. Perché la sua vita è stata un lungo romanzo di formazione. Nasce a Toronto e trascorre le estati nella riserva Six Nations del Grand River, dove era cresciuta sua madre Rosemarie Dolly Chrysler. Non conosce mai suo padre, morto prima della sua nascita, e cresce credendo che James Robertson, un operaio sposato da sua madre, fosse il suo genitore biologico.
Ancora ragazzino, scopre la musica e lascia la scuola: all’inizio degli anni Sessanta si ritrova nella backing band del rockabilly Ronnie Hawkins e, proprio grazie agli anni trascorsi nei peggiori bar del Paese, acquisisce rara duttilità e profonda conoscenza del Great American Songbook. Oltre a Robertson, nel gruppo ci sono il batterista-cantante dell’Arkansan Levon Helm e altri tre canadesi: il bassista-cantante Rick Danko, il tastierista-cantante Richard Manuel e Garth Hudson, organista e maestro di musica degli altri quattro. Inizialmente si chiamano The Hawks, ma succede che scoppia la guerra in Vietnam e The Hawks sono i falchi che ne sostengono le ragioni. Loro, politicamente, sono di tutt'altro avviso: non per niente accompagnano in tour Bob Dylan, il folksinger per eccellenza. E allora meglio chiamarsi The Band, come fossero la Band per eccellenza. Fanno di Woodstock la propria casa, dal momento che è anche la casa di Dylan: è grande e rosa e loro la chiamano affettuosamente «Big Pink».
Da accompagnare il più grande di tutti a fare grande musica il passo può essere molto breve e così i nostri tirano fuori dal cilindro Music from Big Pink (1968) e The Band (1969), due dischi pieni di perle. Si ritrovano a suonare al festival di Woodstock: i maligni insinuano che gli organizzatori scritturarono Robertson e soci nella speranza che Mr. Bob in extremis si decidesse a dividere il palco con loro. Dylan, ovviamente, non si presentò ma la sua Band come al solito ne evocò lo spirito attraverso cinque cover, tra cui una commovente Tears of rage.
Negli anni Settanta, quelli dell’uscita dei leggendari Basement Tapes, The Band era sempre in tour, registrò l’acclamato album dal vivo Rock of Ages al Madison Square Garden e seguì ancora Dylan negli spettacoli del 1974 che portarono alla pubblicazione di un altro live molto apprezzato, Before the Flood. Ma nel 1976, dopo che Manuel si fa male in un incidente in barca, Robertson decide che ne ha abbastanza e organizza un addio in grande stile con tutte le superstar loro amiche alla Winterland Ballroom di San Francisco: Dylan, Van Morrison, Neil Young, Muddy Waters solo per fare alcuni nomi. Il concerto fu filmato da Martin Scorsese e divenne The Last Waltz, il rockumentary per eccellenza.
Il progetto contribuì a rompere definitivamente l’amicizia con Helm, al quale un tempo guardava come a un fratello. Helm lo accusò di avidità, osservando che Robertson aveva finito per mettere le mani sul catalogo della band. In risposta, Robertson sosteneva di aver preso il controllo del gruppo perché gli altri, a eccezione di Hudson, erano sfiancati da problemi di droga e alcol.
La band si riunirà senza Robertson all’inizio degli anni Ottanta mentre il chitarrista intraprenderà una lunga carriera come solista e compositore di colonne sonore. Si segnala l’album omonimo del 1987, con dentro il singolo di successo Show Down at Big Sky e la ballata Fallen Angel, tributo a Richard Manuel, morto suicida un anno primo (Danko morirà di insufficienza cardiaca nel 1999 e Helm di cancro nel 2012).
Di stanza a Los Angeles, Robbie scrive per il cinema, regalando all’amico Scorsese le musiche de Il colore dei soldi, Re per una notte, The Departed e The Irishman, tra gli altri. Ha inoltre prodotto l’album di Neil Diamond Beautiful Noise ed esplorato le proprie origini attraverso dischi come Music for the Native Americans e Contact from the Underworld of Redboy. Uomo di grande concretezza, guardando a tanta robaccia che dominava le classifiche ,commentava: «La musica non è necessariamente fatta per durare e la musica usa e getta è sempre esistita». Quella scritta da lui, ovviamente, non rientra in quest’ultima categoria.
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