Tesla frena la gigafactory in Messico, Musk preoccupato per l’economia globale
Il ceo di Tesla parlando dei conti trimestrali ha dipinto un quadro a tinte fosche, ben diverso da quello di un anno fa
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La nuova gigafactory di Tesla in Messico, nello stato di Nuevo Leon, potrebbe uscire dai radar, almeno per un po’. In attesa di tempi migliori. Nonostante proprio ieri sia stato reso noto dalle autorità messicane che due fornitori cinesi del produttore americano, Ningbo Tuopu Group e Hesai Technology, prevedono investimenti per un miliardo di dollari nell’area. L’impianto, dove dovrebbe essere costruita la prossima entry level da 25mila dollari, la Model 2, è stato annunciato in marzo e prevede investimenti per 10 miliardi.
In occasione della conference call sugli utili del terzo trimestre il ceo Elon Musk ha detto che Tesla sta «gettando le basi» per la nuova fabbrica ma non spingerà sull’acceleratore, a causa dello stato dell’economia globale. Dirigenti di Tesla e funzionari locali negano però che i piani per l’impianto siano stati cancellati. I lavori dovrebbero iniziare nel 2024 e la prima Model 2 dovrebbe essere prodotta entro il primo trimestre 2025. Ora, però, arriva la frenata di Musk.
È il segnale di allarme più potente arrivato dalla conference call sui conti trimestrali di Tesla. Il tycoon di origini sudafricane si è detto preoccupato per l’impatto degli alti tassi di interesse sulle famiglie che intendono acquistare un’automobile. Ecco perché i progetti di espansione, sul fronte della produzione, del primo produttore mondiale di auto a batteria (ormai tallonato dalla rivale cinese Byd), potrebbero subire un rallentamento.
Messo alle strette, Musk non ha usato giri di parole: «Sono spaventato da quello che è successo nel 2009, quando General Motors e Chrysler fallirono. E ci sono un sacco di guerre nel mondo».
Tesla ieri ha deluso le aspettative di Wall Street su margini, profitti e ricavi del terzo trimestre. E la causa risiede nella guerra dei prezzi dichiarata da Musk nel 2023 per sostenere i volumi. A danno della redditività: meno del 18% il margine lordo contro il 25% di un anno fa. La riduzione dei costi è stata dipinta dal tycoon come «scavare un tunnel con un cucchiaio».
Musk punta il dito contro le cause della frenata dell’economia globale. «Se le condizioni macroeconomiche sono burrascose, anche la nave migliore vive comunque tempi difficili», ha dichiarato, diversamente da un anno fa, quando aveva detto che Tesla sarebbe stata «resiliente alla recessione». Inoltre, negli ultimi 12 mesi si è ulteriormente concretizzata la minaccia della concorrenza cinese.
«Un gran numero di persone vive di busta paga e molti debiti. Debiti sulla carta di credito, debiti ipotecari. Questa è la realtà per la maggior parte delle persone. A volte è difficile per chi percepisce un reddito elevato, magari più di 200mila dollari all’anno, capire com’è la vita per chi guadagna cinquanta, sessanta o 70mila dollari, ovvero la maggioranza. Le persone esitano ad acquistare una nuova auto se c’è incertezza nell’economia».
«Penso - ha aggiunto Musk - che ci siano ancora parecchie cose da fare a causa della cattiva situazione creditizia. Gli immobili commerciali, ovviamente, sono in condizioni terribili. I tassi di interesse delle carte di credito sono usurari, anche superiori al 20%. E, col tempo, diventano estremamente punitivi».
Mistero X, Musk nega la chiusura in Europa
Intanto Musk ha smentito il rumor sulla sua intenzione di chiudere X (ex Twitter) in Europa per evitare di sottostare alle nuove regole sul digitale varate dall’Unione europea. La notizia era stata riportata da Business Insider citando una fonte vicina all’azienda. Musk, ha scritto BI, non intenderebbe rispettare il Digital services act di Bruxelles e starebbe valutando la possibilità di bloccare l’accesso agli utenti dell’Unione europea. Il tycoon ha smentito con un post proprio su X. Notizia «assolutamente falsa».
Il Dsa obbliga le grandi piattaforme online ad adottare misure coerenti e rapide contro l’incitamento all’odio. Il social network ha recentemente ricevuto richieste di chiarimento dalla Commissione Ue, che vuole saperne di più su come la piattaforma adempie ai propri obblighi. La richiesta faceva seguito all’evidenza che su X è stata fatta disinformazione e sono stati diffusi messaggi di incitamento alla violenza dopo l’attacco contro Israele da parte dell’organizzazione terrorista palestinese Hamas.
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