Musk trasloca in Texas dalla California: “Silicon Valley perderà influenza”
Il magnate di Tesla e SpaceX mantiene le attività sulla costa occidentale, ma critica eccessi di regole contro l’innovazione e scommette su Austin
di Marco Valsania
4' di lettura
Goodbye Silicon Valley. Hello, Texas. Il trasloco è di quelli che fanno notizia: Elon Musk ha annunciato ufficialmente di essersi trasferito, armi e bagagli, dal Golden State al Lone Star State, lo Stato della stella solitaria. Dove peraltro già passava parecchio tempo, tra Austin e la cittadina costiera di Boca Chica. Ad Austin sorgerà presto un nuovo impianto automobilistico della sua Tesla, il primo negli Stati Uniti fuori dalla California. A Boca Chica ha una base l'altro suo colosso, il gruppo di esplorazione aerospaziale SpaceX.
Tesla e SpaceX non abbandoneranno la California
Occorre intendersi: Tesla e Spacex manterranno, come ha confermato Musk, la loro vasta presenza sulla costa occidentale. Anzi, Musk vanta che sono le ultime due aziende nell'auto e nell'aerospazio ad avere importanti attività produttive nello stato. Lo ha ribadito svelando la sua nuova “residenza” texana durante una conferenza dedicata a Ceo e Innovation organizzata dal Wall Street Journal.
La rivalità di Texas e New York
Ma il trasloco di Musk ha una valenza che va oltre il caso personale, nonostante la litania di screzi che ha avuto con le autorità locali. È forse l'addio di più alto profilo, non il solo. Tanto da mettere in discussione se non il rilievo quantomeno la centralità assoluta rivendicata per decenni dalla valle del silicio attorno a San Francisco quale capitale di innovazione hi-tech e di startup rivoluzionarie, negli ultimi tempi insidiata da altri poli. Quali New York, per la sua rilevanza mediatica e finanziaria. E, appunto, quali il Texas, a cominciare dal suo neo-corridoio tecnologico sviluppatosi attorno alla capitale Austin e che oggi fa ombra ai tradizionali pozzi petroliferi in crisi. La cosiddetta “fuga” da Silicon Valley è stata anche un prodotto della pandemia, a causa dei costi elevatissimi dell’area e dall’espansione del lavoro remoto che ha allontanato anche tecnici e scienziati.
Un esodo di innovatori?
Una rapida carrellata di recenti partenze eccellenti dà la misura del fenomeno: Palantir, reduce da un Ipo nei mesi scorsi, si è spostata quest'anno a Denver in Colorado. Hewlett Packard Enterprise, tra le società eredi dell'originale gruppo HP nato in un garage e vero e proprio pioniere di Silicon Valley, solo la scorsa settimana ha messo in programma a sua volta un trasferimento in Texas.
Musk non è stato, come suo solito, timido, nel verbalizzare il suo addio. La Bay Area di San Francisco, ha detto, “ha troppa influenza al mondo” e di fatto, ha suggerito, non più meritata. Ancora: “Credo che vedremo un declino del ruolo di Silicon Valley”. Il co-fondatore e Ceo di Palantir, Alex Karp, aveva da parte sua insinuato, nel lasciare la Valle californiana, che questa era scollata dal resto del Paese e dai suoi valori. Musk ha incalzato, più precisamente, che il problema a suo dire sarebbe da cercare nei giri di vite di regolamentazione e negli eccessi di burocrazia che possono soffocare gli analiti imprenditoriali.
Il governo, ha detto con giudizio tranciante, dovrebbe semplicemente “togliersi di mezzo” davanti agli “innovatori”. Parlando della California, l'ha paragonata a una squadra sportiva seduta sui suoi allori e che perde così il vantaggio. Un team che “tende a considerarsi soddisfatto, a credere che tutto gli è dovuto, e poi improvvisamente non vince più il campionato. La California ha vinto per un lungo periodo e credo che dia questo successo un po' per scontato”.
Caccia a vantaggi fiscali e normativi
Una cosa è certa alle spalle del trasloco personale - e ha poco a che fare con l'innovazione di per sé: il Texas è tra gli Stati senza un'imposta locale sul reddito, fattore che da tempo attrae miliardari. E i pacchetti di compensi di Musk stanno crescendo a dismisura, con i continui successi di Tesla. Il fascino del Texas è stato progressivo: in ottobre Musk aveva già depositato i documenti per trasferire ad Austin la sua fondazione familiare.
Le sue critiche agli interventi pubblici appaiono inoltre selettive agli occhi dei critici: nessuna obiezione è stata sollevata per iniziative pubbliche delle quali Tesla ha ampiamente beneficiato, quali i programmi per la compravendita di crediti sulle emissioni. Solo quest'anno Tesla ha incassato 1,18 miliardi di dollari cedendo ad altre case auto i propri crediti, accumulati grazie al fatto di essere leader nei veicoli elettrici.
Lo scontro sulla pandemia
Musk è stato però da sempre un duro e persistente censore delle norme e politiche californiane, compresa la risposta alla pandemia con misure di salute pubblica che ha condannato come eccessive. Fin da maggio aveva minacciato di spostare la sede di Tesla in risposta a ordini di lockdown locali che prevedevano allora la chiusura del suo impianto. Aveva dichiarato che i funzionari californiani “violavano la libertà delle persone” con le loro ordinanze. In seguito aveva riaperto lo stabilimento in violazione alle norme sfidando la autorità ad arrestarlo, scontro poi finito in un nulla di fatto con le authority che hanno fatto buon viso alla decisione di Musk.
I successi di Tesla
L'impatto delle scelte e alle prese di posizione di Musk è indissolubilmente legato agli straordinari successi inanellati soprattutto da Tesla e che hanno accelerato il passo negli ultimi mesi. Il titolo, salito da 86 a 650 dollari da gennaio a oggi, entrerà a fare parte dell'S&P 500 il 21 dicembre e la società ha oggi una market cap da oltre 600 miliardi. L’azienda si appresta a chiudere il 2020 in attivo e tagliando il traguardo del mezzo milione di auto vendute, in aumento del 36%. Musk, sull'onda di questa avanzata parsa irrefrenabile, è ormai diventato il secondo uomo più ricco al mondo, alle spalle solo di Jeff Bezos di Amazon.
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