PRESTITI IN VALUTA ESTERA

Mutui in franchi svizzeri, riconversioni nulle

di Marco Marinaro

( / IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

Le clausole dei mutui indicizzati al franco svizzero, che prevedono il ricalcolo in tale valuta e la successiva riconversione in euro del capitale restituito, sono nulle poiché, oltre a non essere state redatte in maniera chiara e comprensibile, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Sono le conclusioni cui perviene con un’ordinanza decisoria del 3 gennaio 2017, resa all’esito di un procedimento sommario di cognizione, il Tribunale di Roma (estensore Cerenzia). Si tratta della prima pronuncia nota dell’autorità giudiziaria su una complessa questione che coinvolge centinaia di clienti-consumatori che hanno stipulato la medesima tipologia di mutuo a tasso variabile indicizzato al franco svizzero (in questo caso con Barclays). Tale mutuo, al momento della sua anticipata estinzione o in sede di surroga, richiede il versamento di una consistente somma derivante dall’applicazione del meccanismo della doppia conversione previsto da una clausola contrattuale.

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Nel caso di specie, i clienti nel 2008 avevano stipulato un mutuo ipotecario per l’importo di 240mila euro e al momento in cui avevano deciso di chiedere il conteggio per l’estinzione anticipata Barclays aveva richiesto il versamento di un capitale residuo di circa 220mila euro, oltre a un importo di circa 76mila euro a titolo di «conguaglio cambio». Nonostante la contestazione avanzata dai mutuatari la banca insisteva nella sua richiesta e così i clienti, al fine di procedere all’estinzione anticipata mediante surroga, versavano con riserva di ripetizione anche l’ulteriore somma chiesta a titolo di «rivalutazione» del capitale (divenuta pari ad 78mila euro).

Si rivolgevano poi all’Arbitro bancario finanziario, il quale, con la decisione del Collegio di coordinamento 4135/2015 (presidente ed estensore Massera), pronunciava la nullità della clausola in contestazione, con la conseguenza che il capitale residuo da restituire doveva considerarsi pari alla differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite (queste ultime calcolate secondo l’indicizzazione contrattuale al franco svizzero), mentre non doveva essere effettuata la duplice conversione indicata dalla clausola dichiarata nulla.

Con riguardo alla decisione dell’Abf, che più volte ha avuto modo di pronunciarsi su queste clausole relative alla medesima tipologia di fattispecie contrattuale di mutuo, il tribunale capitolino pone subito in evidenza come la banca – che non ha dato spontanea esecuzione alla decisione dell'Arbitro - nelle sue difese avesse portato avanti «evidenti forzature interpretative del testo negoziale, peraltro di scarsa chiarezza» a fronte delle chiare posizioni arbitrali respinte «con argomentazioni faziose e totalmente ignorate».

Ma il giudice non si limita a sancire la nullità della clausola in contestazione, disponendo la restituzione della somma versata di oltre 78mila euro con interessi al tasso del 3,50% annuo, in quanto esamina con particolare attenzione la condotta della banca rispetto anche al precedente pronunciamento dell’Abf, sino a pervenire ad una condanna dell’importo di 7mila euro (oltre a 13mila euro di spese legali) per responsabilità processuale aggravata (articolo 96, comma 3, codice procedura civile). L’ordinanza stigmatizza il fatto che l’intermediario abbia contrastato le posizione espresse «da autorevoli Collegi arbitrali» fatte proprie dai ricorrenti e «prive di ogni benché minimo fondamento giuridico».

Vi è dunque malafede della banca, vista la «specificità delle pronunzie arbitrali ignorate» oltreché della colpa grave «nel resistere in giudizio evidentemente per finalità meramente dilatorie», tenendo una condotta palesemente «dilatoria ed ostruzionistica» nonostante l’ingente importo «indebitamente preteso» dai clienti.

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