Mutui, impennata dei tassi a gennaio. Arrivano al 3,53% (0,52 % in più da dicembre)
Anche per le imprese c’è un rincaro, anche se meno marcato e nell’ordine dello 0,15%: dal 3,55% si passa al 3,7 per cento
di Laura Serafini
I punti chiave
2' di lettura
Continuano a salire i tassi di interesse sui prestiti. Il mese scorso aveva colpito il fatto che il tasso applicato sui mutui a dicembre 2022 avesse sfondato il tetto del 3 per cento. A gennaio 2023 quel valore ha fatto un altro del salto, raggiungendo un valore medio del 3,53 per cento, con un incremento dello 0,52% (dal 3,01% di dicembre). Anche per le imprese c’è un rincaro, anche se meno marcato e nell’ordine dello 0,15%: dal 3,55% si passa al 3,7 per cento. L’aumento medio dei tassi di interesse, che ovviamente segue i ritocchi al rialzo da parte della Bce, a gennaio è stato dal 3,2 al 3,51 per cento. È quanto emerge dal bollettino mensile dell’Abi pubblicato oggi, martedì 14 febbraio.
Salgono i prestiti alle famiglie, fermi per le imprese
Sempre il mese scorso, i prestiti a imprese e famiglie sono aumentati del +1,3% rispetto a un anno fa, come evidenziato già dalla Banca d’Italia nei giorni scorsi. L’analisi dell’Abi, dimostra come a dicembre 2022, i prestiti alle imprese sono rimasti fermi su base annua, mentre quelli per le famiglie sono aumentati del 3,3 per cento.
Sofferenze nette in calo di 2 miliardi su dicembre
Se il costo del credito è in aumento, il livello di deterioramento dei prestiti già concessi rimane sotto controllo. Secondo il bollettino, le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse) a dicembre 2022 sono state pari 14,2 miliardi di euro, in calo di circa 2 miliardi rispetto al mese precedente (-12,4%) e inferiori di circa 1 miliardo rispetto a dicembre 2021. Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è pari allo 0,81% a dicembre 2022 rispetto allo 0,87% di dicembre 2021 (4,89% a novembre 2015).
Depositi in discesa: meno 19 miliardi su base annua
Altro fenomeno interessante da registrare è la flessione dei depositi, che avevano continuato a crescere da inizio 2020. Da ottobre scorso è iniziata una lieve inversione di tendenza (-0,1% su base annua) che invece si è consolidata a gennaio con un calo dell’1 per cento: i depositi sono scesi, a gennaio, di 18,7 miliardi di euro rispetto a un anno prima. «La riduzione dei depositi è imputabile prevalentemente alle imprese che avevano registrato tra dicembre 2019 e luglio 2022 un incremento dei depositi di oltre 130 miliardi di euro, mentre per la raccolta indiretta», spiega il bollettino. Sono invece in aumento cioè gli investimenti in titoli custoditi presso le banche (sia in gestione sia detenuti direttamente della clientela) con un incremento di circa 132 miliardi tra dicembre 2021 e dicembre 2022, di cui 64,5 miliardi riconducili alle famiglie, 14,5 alle imprese e il restante agli altri settori (imprese finanziarie, assicurazioni, pubblica amministrazione).
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