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Nadef domani al voto, ma in vista cambio dei saldi per la guerra in Israele

Atteso oggi l’intervento del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che parlerà dopo l’Upb, da cui si attende ancora l’esito della validazione sul quadro programmatico

Nadef: 23,5 miliardi di deficit in tre anni

3' di lettura

Il nuovo scenario di guerra in Medio Oriente rischia di complicare il quadro macro-economico su cui il governo ha improntato la prossima manovra di bilancio. Creando ulteriore “incertezza” e rendendo ancora più impervio un sentiero considerato già stretto. A dirlo autorevoli istituzioni, dalla Banca d’Italia alla Corte dei Conti, che non nascondono la preoccupazione di fronte ad uno scenario inaspettato che potrebbe portare a rivedere i numeri fissati poco meno di due settimane fa nella Nadef.

Servirà un «sovrappiù di responsabilità»

A sollevare il tema ieri, aprendo la due giorni di audizioni davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, è stato il presidente del Cnel Renato Brunetta. Ora i saldi «saranno quelli indicati correttamente dalla Nadef pre-guerra o saranno ridotti?», chiede Brunetta che invita a fare un ragionamento anche in vista dell’appuntamento del 16 ottobre quando il Governo manderà a Bruxelles la tabella con i saldi. Il conflitto israelo-palestinese, infatti, rischia di produrre effetti «ancor più squilibranti» della guerra in Ucraina, soprattutto sul piano energetico. E la «serietà» di questa Nadef, che fa i conti con l’inflazione e il Superbonus ed esclude manovre espansive per i prossimi anni, «potrebbe non essere sufficiente», osserva l’economista, che cita anche le mosse tardive della Bce: servirà un «sovrappiù di responsabilità».

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Un contesto «fragile»

I rischi che gravano sull’attività economica sono già di per sé «elevati e orientati al ribasso» e «le tensioni geopolitiche - legate sia al conflitto in Ucraina sia ai feroci attentati dei giorni scorsi in Israele - generano forte incertezza sulle prospettive di crescita», rileva la Banca d’Italia. Un contesto «fragile», che richiede una politica di bilancio condotta con «estrema prudenza», dice il capo del Dipartimento di Economia e statistica Sergio Nicoletti Altimari, evidenziando come il quadro macroeconomico prefigurato nella Nadef sia «plausibile» ma «leggermente ottimistico». A preoccupare è soprattutto l’elevato rapporto tra il debito pubblico e il Pil: «Un serio elemento di vulnerabilità», che «riduce gli spazi di bilancio per fare fronte a possibili futuri shock avversi».

Attento monitoraggio del debito

Il debito allarma anche la Corte dei conti. «Il perdurante stato di incertezza del quadro generale colloca ora la posizione debitoria del nostro Paese su un sentiero molto stretto», dice il presidente Guido Carlino, sottolineando la necessità di un «attento monitoraggio» affinché la «pur modesta» riduzione del debito/Pil programmata per il triennio «sia effettivamente conseguita». Nel complesso, il quadro economico, «pur confermandosi in territorio positivo, registra un peggioramento» per incertezze che vanno dal contesto geopolitico all’inflazione, osserva la Corte dei conti. E in vista della manovra, su cui la magistratura contabile fa notare la mancanza nella Nadef della definizione e quantificazione degli interventi e delle relative coperture, avverte sulle privatizzazioni (l’1% di Pil richiederebbe uno «sforzo notevole») e lancia un monito sulla sanità: il quadro sulla spesa risulta «stringente», ma servono interventi urgenti e questo «richiederà scelte non facili».

Condizioni di accesso al credito più rigide

Il quadro è comunque fosco anche al netto della guerra. «Gli indicatori più recenti suggeriscono per i prossimi mesi il permanere della fase di debolezza dell’economia», dice il presidente facente dell’Istat Francesco Maria Chelli. Tra gli elementi di freno, le condizioni di accesso al credito più rigide per famiglie e imprese (ma la Banca d’Italia esclude un credit crunch) e il lento recupero del potere d’acquisto delle famiglie. A preoccupare è l’inflazione: a settembre «oltre il 58%» degli aggregati usati per l’indice «evidenzia un incremento dei prezzi uguale o superiore al 10% rispetto al 2019». C’è poi la perdita di valore dei salari: il loro livello reale è sceso sotto quello del 2009 e da allora il divario di crescita tra prezzi e retribuzioni contrattuali è stato di 12 punti.

La prova del voto in Parlamento

Le rassicurazioni sono attese oggi dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che parlerà dopo l’Upb, da cui si attende ancora l’esito della validazione sul quadro programmatico. Poi domani ci sarà la prova del voto in Parlamento. Serve la maggioranza assoluta e nel governo si lavora per limitare al massimo le assenze. Non si può ripetere l’errore di aprile, quando la maggioranza andò sotto sul Def.

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