Napoli batte Milan (al Var) e l’Inter è già campione d’inverno
Gli azzurri s’impongono 1-0 a San Siro e agganciano il Diavolo. Si discute sul gol annullato nel finale a Kessie, intanto i nerazzurri festeggiano
di Dario Ceccarelli
I punti chiave
5' di lettura
In questo calcio sempre più confuso e dalle regole sempre più opinabili, bisogna cominciare dall’unica certezza: con una giornata d’anticipo, l’Inter è campione d’inverno. E lo è grazie alla vittoria (0-1) del Napoli a San Siro sul Milan. Un successo non proprio schiacciante che certifica la maggior adattabilità della squadra di Luciano Spalletti ai tantissimi infortuni che hanno decimato le due inseguitrici dell’Inter che ora, dopo questo derby degli assenti, si ritrovano a quattro lunghezze dai nerazzurri. Per il Napoli, che riagguanta il Milan e si lascia alle spalle un periodo nero, è una domenica comunque da incorniciare. Nel caso di una sconfitta avrebbe probabilmente perso la scia della capolista. Così invece, sbancando San Siro, rientra nel giro dello scudetto.
Si acuisce la crisi del Milan
Discorso completamente diverso per il Milan. Con questa nuova caduta, la sua crisi si acuisce. Una picchiata negli abissi. Nelle ultime sei giornate ha perso tre volte realizzando solo sette punti. Certo, pesano moltissimo gli infortuni e le tante assenze (in extremis anche quella del febbricitante Hernandez) che hanno stravolto il suo modo di giocare, rendendolo sempre più scontato con quei prevedibili lanci lunghi per Ibrahimovic, ormai più in palla quando parla del suo nuovo libro che sul campo.
Il quadro è desolante. Da novembre, dopo il derby, il Milan ha perso 11 punti rispetto all’Inter. Pioli contesta che la sua squadra sia «stanca» e contesta anche il gol di Kessie annullato nel finale. Su quest’ultimo punto si può discutere, per il resto deve però farsene una ragione. Il Milan non solo è al gancio, ma anche demotivato e fragile. Quel gol dopo cinque minuti di Elmas - una inzuccata su angolo di Zielinski - è una perfetta fotografia dei disagi di questo povero Diavolo, incappato nell’ennesimo errore in fase difensiva. Per uscire dalla nebbia, il Milan ci ha impiegato quasi mezz’ora. E dire che Spalletti ha fatto a meno della qualità di Mertens, preferendogli il solido Petagna, bravo a dar sportellate e a far sponda con i compagni.
Giallo al Var
Un Milan scarico, con Ibrahimovic impreciso, che però nel finale avrebbe pareggiato con Kessie se l’arbitro, dopo un intervento del Var, non avesse annullato il gol per fuorigioco di Giroud finito per terra qualche istante prima. E qui, come si diceva all’inizio, tutto si fa sempre più confuso e opinabile. L’interpretazione è che un giocatore in posizione orizzontale possa condizionare una mischia dove il pallone rimbalza alla velocità di un flipper. L’interprete è l’arbitro Massa che, dopo il consulto tecnologico, ha preso la decisione. Certo, la testa di Giroud era in fuorigioco, ma si può discutere su quanto fosse ininfluente rispetto al proseguimento dell’azione conclusa in rete da Kessie. Un episodio che, in futuro, potrebbe fare giurisprudenza. Detto questo, il Napoli ha meritato il successo. La squadra di Pioli ha però il rammarico di aver perso una partita che, alla fine, aveva in qualche modo riacciuffato.
E l’Inter va
Una travolgente macchina da gol (103 nel 2021) con il titolo di campione d’inverno in tasca e una insostenibile leggerezza nel vincere che la proietta verso uno scudetto bis. Adesso tutti i professori lo danno per scontato, ma qualche mese fa, dopo l’addio di Conte e la dolorosa cessione di Lukaku, lo era molto meno. Bisogna quindi dare atto a Inzaghi e alla società, con acquisti mirati come Dzeko e Calhanoglu, di aver ben lavorato. Da qui però a pensare che un secondo titolo sia già a portata di mano, ne corre.
Questo è un altro campionato strano, con andamenti ondivaghi, causati dall’altissimo numero di infortuni, come dimostrano Milan e Napoli. Si gioca troppo, in un affollamento di impegni che fa danni come le cavallette. Anche l’Inter deve stare attenta: dopo le Feste la aspettano le montagne russe. Per 40 giorni entrerà in un frullatore che può modificare la sua corsa. In campionato se la vedrà con Lazio, Atalanta, Milan e Napoli. Poi la finale di SuperCoppa con la Juve e l’andata di Champions contro il Liverpool. Senza contare la Coppa Italia (Empoli) e le gare con Bologna e Venezia. Un calendario da far girar la testa se non si hanno i piedi ben piantati per terra. Un test di rara sincerità. Una cartina di tornasole per vedere se, sotto la lucente carrozzeria nerazzurra, non emerga qualche ruggine per ora ben nascosta.
Le sceneggiate del Gasp
Ruggini che invece sono venute a galla nell’Atalanta. Uscita malconcia e ridimensionata dallo scontro interno con la Roma di Mourinho. Gasperini l’ha buttata in caciara prendendosela con gli arbitri e riducendo tutto all’annullamento del gol del possibile 2-2 che avrebbe potuto rimettere in pista i bergamaschi. Sull’annullamento può aver anche qualche ragione, ormai nonostante il Var ogni arbitro fa quello che vuole, ma la sostanza, quando si prendono quattro gol (uno dei quali dopo 55 secondi), è che qualcosa si è inceppato.
Bisogna anche avere l’umiltà ammettere gli errori prima di fare i comizi per distrarre l’attenzione. L’Atalanta è è un bel gioiellino, nessuno lo discute, che però in casa quest’anno è già alla terza sconfitta. Una squadra che aspira allo scudetto non può permetterselo. Lo stesso Gasperini deve anche decidere cosa vuol fare da grande: se aspira allo scudetto, assumendosene le responsabilità, oppure preferisce stare ben coperto al calduccio della comoda posizione di «eterna rivelazione».
Diciamolo: questa sfida con la Roma, davanti a un allenatore come Mourinho che Gasperini non ha mai battuto, era un’ottima occasione per dimostrare l’acquisita maturità dei bergamaschi. Questo ennesimo scivolone, invece, fa rientrare nei ranghi la Dea. E anche Gasperini non riesce a uscire dal suo ruolo che è quello del grande maestro cui manca la laurea. E la laurea si prende all’Università dei Grandi Appuntamenti. Dove invece Gasp viene bocciato. Salvo poi sollevare un gran polverone contro il mondo cinico e baro degli arbitri, più o meno succubi della solita casta delle squadre più ricche e potenti.
Juve senza puzza sotto il naso
E della Juve, che vince 2-0 col Bologna e tutti la danno per rinata, cosa dire? Questa volta è giusto dare ragione ad Allegri: e cioè che Madama «non ha più la puzza sotto il naso». Che contro una provinciale la Juve ha giocato come faceva una volta la Juve: vincendo con il minimo sforzo e il massimo risultato. Che qua e là si è visto qualche lampo in più e una maggiore determinazione soprattutto in difesa. Che Morata è stato bravo, in coincidenza con l’assenza di Dybala. Che Cuadrado è un punto di forza imprescindibile. E che Bernadeschi, tanto spernacchiato, sta crescendo anche nella Juve. Ne sarà contento Mancini che per lui ha sempre avuto un debole. Quanto però alla possibile rimonta dei bianconeri, ad Allegri conviene il basso profilo. Già non perdere il treno della Champions sarebbe un buon risultato. I programmi a lunga scadenza, in questo campionato un po’ folle, sono come il potere: logorano chi non ce l’ha (più).
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