Napoli sempre più solo al comando, Juve nella bufera: la rivoluzione nel pallone
Gli uomini di Spalletti s’impongono 1-4 sul campo della Cremonese. Pari spettacolo tra Atalanta e Udinese, bianconeri in crisi totale
di Dario Ceccarelli
I punti chiave
5' di lettura
C’è elettricità nell’aria. Ma guardiamo con la dovuta freddezza, quello che sta succedendo nel campionato italiano. Dopo nove giornate, qualche prima conclusione si può tirare. E la conclusione è questa: che nel nostro calcio sta avvenendo una rapida mutazione, forse addirittura una inaspettata rivoluzione. E non solo per quanto che facendo il Napoli, mattatore in Italia e in Europa, ma anche per la facilità con cui si stanno imponendo squadre come l’Atalanta e l’Udinese. Questa domenica alla Dacia Arena hanno dato vita a un pareggio memorabile (2- 2) per intensità e colpi di scena. Una partita che Max Allegri e i giocatori della Juventus, dopo il tonfo col Milan, dovrebbero riguardare dieci volte per impararla a memoria prima del ritorno di Champions con il Maccabi.
Sono due mondi opposti, quasi agli antipodi, per spirito di gruppo e capacità di reagire. Uno spirito che anima anche il Napoli, di nuovo capolista solitario a quota 23 dopo aver battuto la Cremonese.
Napoli, una macchina da gol
Il 4-1 finale non inganni. Fino all’80esimo i partenopei hanno sudato sette camicie per imporsi ai lombardi. Alla fine Spalletti, inserendo Simeone, Lozano e Olivera, ha però dato quel colpo di frusta necessario per uscire dall’impasse. Il risultato, fin troppo largo, mette in evidenza la facilità con cui il Napoli va a rete quando è ora di chiudere. Dieci gol nelle ultime due gare rendono bene il concetto.
Il Napoli, in vetta con otto vittorie consecutive tra campionato e Champions, ha raggiunto quell’insostenibile leggerezza dell’essere che ti porta a non temere nulla e nessuno. È una magia, quella realizzata da Spalletti, che fa sentire tutti protagonisti. E lo dimostra un dato non importante: sono già 14 i partenopei andati in rete. Una cooperativa del gol, una associazione a segnare. Poi ovviamente pesano le individualità, la classe dei singoli, ma anche la Juventus ha una rosa di prim’ordine: possibile che invece a Torino siano tutti diventati asini?
La sana reazione del Milan e le mosse di Pioli
Sabato a San Siro le mosse di Pioli, oltre ai gol, di Tomori e Brahim Diaz, sono state sicuramente decisive. Ma la differenza vera, tra rossoneri e bianconeri, è stato l’atteggiamento in campo: i primi erano dovunque, sempre in anticipo, sempre con un uomo in più. Una reazione sana dopo la dura caduta in Champions col Chelsea. Adesso si dice che il Milan ha una panchina infinita. Anche la Juve ha una rosa ampia, ma i risultati sono ben diversi. A partire dal gioco, mai pervenuto.
Sconfortante è soprattutto l’atteggiamento dei bianconeri. Le gambe molli, la paura di sbagliare, una rassegnazione inconcepibile. La discesa travolgente di Diaz, con Bonucci incollato al prato e gli altri difensori saltati come birilli, è il fermo immagine della paralisi non solo di una squadra ma di tutta la società, incapace di venire a capo di un nodo ineludibile: quello dell’allenatore, criticato e mal visto da tutti, forse perfino da sé stesso.
Tutti contro tutti alla Juve. Allegri minaccia il ritiro
Allegri accusa i giocatori: minaccia il ritiro come se parlasse ai ragazzini della Primavera. Non va bene: quando un’auto va fuori strada, il primo ad essere messo in discussione è il pilota. Invece Allegri non fa mai un’autocritica. I numeri però parlano. Dieci punti dal Napoli capolista, dopo nove giornate sono una enormità sui quali la società deve interrogarsi e dare una riposta. Probabilmente siamo ai titoli di coda. Ma quanti errori, da Sarri a Pirlo ritornando ad Allegri, sono stati fatti in questi ultimi anni.
Eravamo partiti dal 2-2 tra Udinese-Atalanta, un otto volante ricco di emozioni. In verità anche i bergamaschi, in vantaggio di due reti (Lookman e Muriel), hanno permesso all’Udinese non solo di recuperare lo svantaggio ma di fallire addirittura il 3-2 in extremis. Una retromarcia che era stata avviata da Gasperini, quando ha tolto le due punte.
Difficile capire se Atalanta e Udinese riusciranno a mantenere questo ritmo. Però entrambe non hanno impegni in Europa. E in un campionato così pazzo, fermo due mesi per i mondiali in Qatar, tutto è possibile. Anche che l’Inter esca dalla sua crisi di identità. La vittoria sul Sassuolo a Reggio Emilia (1-2) l’ha rimessa in moto dopo la galvanizzate serata col Barcellona. Due coincidenze non fanno ancora una prova. Aspettiamo la terza che arriverà col ritorno di Champions a Barcellona.
Dybala lungo stop, in forse il Mondiale
Infine la Roma che nel posticipo all’Olimpico batte il Lecce (2-1) perdendo però Dybala per un infortunio alla coscia sinistra che si è procurato realizzando il rigore della vittoria. Una brutta tegola per l’argentino che rischia, oltre a un lungo stop in campionato, di dover saltare il Mondiale. La Roma, nonostante il Lecce abbia giocato in dieci per l’espulsione di Hjulmand, ha fatto una gran fatica a vincere, per quanto sia andata quasi subito in vantaggio con colpo di testa di Smalling. Segna poco, la Roma. E senza Dybala il problema rischia di aggravarsi.
Ciclismo: è l’ora dei fenomeni: Ganna e Pogacar
Mentre si chiude la carriera di Vincenzo Nibali, ultimo campione di un’altra epoca, prende sempre più forza un altro ciclismo, quello dei Fenomeni. Un ciclismo che non smette di stupirci, di regalarci record e iperboli che sanciscono però una frattura col passato.
Stiamo parlando dei due protagonisti di questo sabato a due ruote, Tadej Pogacar e Filippo Ganna, che nello spazio di poche ore hanno firmato due imprese memorabili. Entrambi non sono nuovi a questi exploit, ma colpisce ugualmente l’apparente disinvoltura con la quale centrano gli obiettivi che si prefissano.
Fillppo Ganna, piemontese di Verbania, 26 anni, già vincitore di nove titoli iridati e olimpici, ha mandato in frantumi il vecchio record dell’ora nel velodromo svizzero di Grenchen percorrendo 56,792 km, una misura mai raggiunta e forse neppure pronosticata anche se il record da battere (55,548) era quello di un ingegnere cronoman, Dan Bigham, che non è certo uno specialista come Ganna.
Però l’azzurro non si è limitato a questo primo step, peraltro già notevole. No, ha superato in scioltezza anche il primato dell’inglese Chris Boardman (56,375), raggiunto nel lontano 1996 e poi derubricato per sofismi tecnologici legati alla bici. Un’impresa spaziale, quella dell’azzurro, che rende ormai a portata il muro dei 57 chilometri.
Di fronte a tanto entusiasmo, è giusto però chiederci quanto ormai questi record possano essere apparentati a quelli del passato, non diciamo a quelli di Coppi o Anquetil, ma anche a quelli di Francesco Moser, ottenuti comunque con una tecnologia moderna. Quello di Superpippo, va ribadito, è un bolide da 70mila euro stampato in 3 D e ispirata al movimento delle balene, che è davvero difficile considerare una bicicletta. Ci salisse sopra il leggendario Gepin Olmo finirebbe a gambe all’aria prima ancora di partire. Va bene il progresso e la ricerca, ma un altro conto è polverizzare record su record con dei missili da fantascienza.
In questi velodromi, a temperatura fissa a 27 gradi, siamo in un laboratorio, affascinante e futuribile, quanto si vuole, ma anni luce lontano dal ciclismo che sabato abbiamo ammirato, per esempio, al Giro Lombardia, dominato da Tadej Pogacar, anche lui fenomenale come Ganna, ma sostanzialmente più naturale e umano. Le sue imprese sono straordinarie, vederlo staccare il suo rivale, lo spagnolo Eric Mass, a sei chilometri dal traguardo di Como, è un manifesto di bellezza per il ciclismo, sport popolare e di strada come pochi. A soli 24 anni, Pogacar ha già conquistato due Tour e due Lombardia, correndo da febbraio a ottobre come i big del passato. Sarebbe bello che anche Ganna, come Coppi, Baldini, Moser e tanti altri campioni, si cimentasse con i suoi superpoteri anche sulla strada.
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