Napoli, al via il patto con Draghi per risanare il debito da 5 miliardi
Il Patto con sarà firmato nei prossimi giorni. Per costruirlo, il neosindaco Manfredi ha chiamato accanto a sé come assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta, già dirigente Cisl e sottosegretario in numerosi governi
di Gianni Trovati
3' di lettura
Immaginate, per un italiano non è difficile, una storia di bilanci pubblici oltre il limite del disastro, di vittimismo politico che per non affrontare il problema attribuisce ad agenti esterni le colpe di un buco fatto in casa, e di un complicato tentativo riformista che prova l’impresa di invertire la rotta della nave alla deriva senza spaventare troppo i passeggeri. Benvenuti a Napoli, Italia. Anzi. Napoli è un riassunto. Che concentra a tinte forti pregi e difetti del Paese di cui è la terza città.
L’impegno di Manfredi
Da ottobre a guidarla c’è l’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi, ingegnere prestato prima alla politica accademica (è stato rettore della Federico II e presidente della Crui) e ora a quella locale, che ha accettato la candidatura vincente a Palazzo San Giacomo a condizione di poter siglare un’intesa con il governo per il risanamento dei conti. Il Patto con Draghi sarà firmato nei prossimi giorni.
Per costruirlo Manfredi ha chiamato accanto a sé come assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta. Veneziano, una vita nei metalmeccanici della Cisl di cui scala tutto il cursus honorum prima di diventare sottosegretario all’Economia nei governi Letta, Renzi, Gentiloni e Conte 2, Baretta conosce bene le cifre dei bilanci ma anche quelle della politica. E con l’arte della mediazione affinata in decenni di trattative prova ora a tenere insieme le esigenze dei numeri e quelle di una società complicata come quella napoletana.
Ma i numeri vengono prima. O meglio, un numero. Di dieci cifre: 4.981.062.563 euro. È l’«esposizione finanziaria» del Comune a fine 2021, 5.430 euro ad abitante e cinque volte le entrate tributarie di un anno, indicata da Baretta nella relazione al consiglio comunale in cui ha radiografato il problema e il suo tentativo di soluzione. La voragine è stata scavata da due record: il disavanzo da 2.174.757.130 euro e il debito da 1.752.391.976 euro.
De Magistris e gli anni delle invettive
In questi numeri c’è anche il consuntivo delle due operazioni che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni napoletani, insieme alle invettive contro il «debito ingiusto» lanciate dall’ex sindaco De Magistris con più entusiasmo di quello dedicato al risanamento dei conti. Il «pre-dissesto», un piano di riequilibrio avviato nel 2012 con il governo Monti e un prestito da 1,7 miliardi per evitare alla città di ripiombare nel default dopo quello decennale avviato nel 1993, non ha rimesso in sesto il bilancio al punto che solo gli stop dei governi (ultimo il Conte-2) hanno impedito alla Corte dei conti di far alzare bandiera bianca al Comune. E la maxi-anticipazione da 1,4 miliardi per pagare le vecchie fatture ai fornitori non ha cancellato gli arretrati. Tanto è vero che un capitolo chiave del Patto sarà un piano di transazioni tombali con i creditori, destinati a ricevere tra il 40% (fatture invecchiate per più di dieci anni) e l’80% (conti in sospeso al massimo da due anni) del loro debito. Per le fatture 2021 si prospetta un pagamento pieno, grazie a un correttivo spinto proprio da Napoli alle regole scritte in manovra.
L’aiuto dell’ultima legge di bilancio
Perché a permettere il tutto è l’ultima legge di bilancio, che ha messo in piedi un aiuto da 2,67 miliardi in vent’anni per le città in crisi. Metà, circa 1,3 miliardi, andrà a Napoli, il resto sarà diviso fra Torino, Reggio Calabria e Palermo. Certo, passare dai prestiti ai contributi a fondo perduto non è un cambiamento da poco. Ma per non gettare altra acqua in un secchio bucato il Patto chiederà al Comune una serie di contromisure. Che, prima di tutto, imporranno di mettere mano davvero a una riscossione che a Napoli non riscuote quasi nulla. Una gara sceglierà il soggetto con cui sostituire Equitalia.
Nel 2020, è sempre la relazione di Baretta a ricordarlo, la Polizia municipale ha fatto multe per 122 milioni ma 103 milioni (l’84%) non sono stati pagati. E la sola evasione della Tari ha scavato negli anni un buco da mezzo miliardo. Per capirne di più la giunta Manfredi ha spulciato le cartelle quartiere per quartiere. E ha scoperto che a Napoli l’evasione Tari è democratica, e abita i casermoni di Poggioreale (riscossione 2021 al 38%) come i palazzi nobili di Chiaia (incassi al 41%) e la collina mozzafiato di Posillipo (45%). Nel piano anche la valorizzazione degli immobili, altra grande incompiuta degli ultimi dieci anni da realizzare ora con Invimit.
E l’addizionale Irpef? «Stiamo calmi», ha chiarito il mediatore Baretta. La «cura fiscale» di Napoli si chiama lotta all’evasione. L’Irpef potrà essere ritoccata di uno o due decimali, ma solo dal prossimo anno e per i redditi più alti. Perché, come in ogni viaggio, l’importante è partire.
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