Napoli fa la festa anche alla Fiorentina. Ma tra Spalletti e De Laurentiis...
Presidente e allenatore si meritano questo momento di gloria che non dovrebbe essere sporcato da strane storie di pec e opzioni malandrine
di Dario Ceccarelli
I punti chiave
6' di lettura
Napule è campione, Il resto non conta. Se ci fosse un maghetto tifoso, un Harry Potter con la maglia di Osimhen che potesse bloccare all'infinito questo momento di gioia pura e incontaminata, ecco questo sarebbe il momento giusto. Il momento magico e irripetibile per fermare lo spettacolo più atteso con i 50mila del Maradona rauchi dalla felicità per tutto quello che è arrivato con questo terzo scudetto sognato per 33 anni. L'aver battuto anche la Fiorentina, con un rigore di Osimhen dopo che il bomber con la mascherina aveva sprecato un altro penalty, è solo un allegato, un risvolto che aggiunge solo qualche altro petardo di allegria in una festa mobile senza più confini. Che dallo stadio Maradona - con la pregiata regia di Paolo Sorrentino - si spande dovunque: da Buenos Aires a New York, da Londra a Parigi, da Milano a Roma in una sorta di infinito abbraccio azzurro che scaccia tutte le malinconie del mondo.
Non fermare questa magia
Ecco, fermarlo adesso, questa magia, sarebbe fantastico. Un attimo prima che qualche macchia, qualche risentimento, qualche veleno, qualche polemica da social, sporchi tutto, facendoci ridiscendere dal Paradiso in cantina, Per esempio è proprio necessario sapere adesso, nero su bianco, se i pezzi più pregiati, da Osimhen a Kim, verranno ceduti per rifinanziare un nuovo Napoli? O se i due protagonisti, il presidente De Laurentiis e l'allenatore Spalletti, ritroveranno un'intesa per ripartire assieme? Ce lo dovete dire proprio oggi? Perché rovinarci tutto con queste strane storie di pec e opzioni malandrine?
Lo sappiamo: entrambi, a modo vostro, avete la famosa “Cazzimma”. A tutti e due piace stare al centro della scena. Però gentilmente fateci un favore: godetevi la festa, i cori e i complimenti. Il presidente li merita perché, dopo aver rilevato il club dal fallimento e rifiutando poi offerte miliardarie, ha costruito un gruppo sul quale, solo un anno fa, nessuno avrebbe scommesso un euro. Ci vuole coraggio ad andar controvento in un paese dove bisogna sempre lisciare il pelo a tutti, annunciando miracoli senza mai farli.
Il miracolo, un progetto ben pianificato, l'ha poi completato Spalletti, toscanaccio di Certaldo (il paese di Giovanni Boccaccio), che a 64 anni compiuti ha vinto il primo scudetto della sua vita. Spigoloso, lunatico, a volte enigmatico con le sue strane metafore: non importa. Luciano Spalletti, pur con i suoi meravigliosi difetti, è riuscito a costruire un piccolo gioiello che, giocando e divertendo, ha macinato record su record. Una macchina perfetta che ha fatto volare sia la squadra che tutta la città. E la città lo fatto re. Ora per piacere, cari amici\nemici, la festa è appena cominciata, godetevela! E come ammoniva il grande Pino Daniele :”Nun nce scassate ’o cazzo!”
La Juve al secondo posto
La Juventus batte l'Atalanta (2-0) e vola al secondo posto.I bianconeri, nella volata per la Champions, si portano avanti scavalcando la Lazio e tenendo a distanza la muta degli inseguitori (Inter, Milan, Roma e gli stessi bergamaschi). Penalizzazioni permettendo, la squadra di Allegri fa un bel passo avanti nella corsa per l'Europa superando una concorrente scomoda e ritrovando, finalmente, una certa confidenza con gol grazie al giovane Iling, che sblocca nella ripresa il risultato e al ritrovato Vlahovic ben servito da Chiesa.
Il serbo, fischiato e insultato dai tifosi bergamaschi con pesanti riferimenti anche razziali, sta tornando a incidere. Mentre Iling, sempre più inserito nel gruppo bianconero, è diventato l'asso che spariglia in una squadra all’inizio ingolfata anche per il turn over praticato da Allegri in vista del Siviglia. Comunque, tanto basta. L'Atalanta tiene un tempo ma, quando Locatelli e Rabiot inseriscono il turbo non c'è più trippa per i bergamaschi che, nonostante un palo colpito nel finale, non riescono più a ribaltare la partita.
Insulti razzisti a Vlahovic.Tornando a Vlahovic, è inaccettabile che il centravanti serbo sia stato ammonito dopo il gol dall'arbitro Doveri. Chiaro che dopo aver incassato un pieno di insulti così urticante, Vlahovic non poteva far finta di niente. Chi deve esser punito è chi provoca, non chi subisce, soprattutto quando si cade nel razzismo. “Bisogna fare dei distinguo”ha replicato Gasperini venendo parzialmente in aiuto agli ultrà atalantini.. Una toppa peggiore del buco quella dell'allenatore della Dea che farebbe meglio a concentrarsi sulle ultime deludenti prestazioni della sua squadra.
Milan e Inter verso il doppio derby
Milan e Inter a tutto gas verso la doppia sfida europea. Se Bergamo piange, Milano ride e si diverte, direbbe Lucio Dalla. La città, resa euforica dalle scintillanti vittorie del Milan e dell'Inter sulle due squadre romane (dieci punti su 12 strappati a Lazo e Roma nel doppi incrocio) è pronta al doppio derby che deciderà quale delle due milanesi incontrerà, a Istambul, la più forte tra Manchester City e Real Madrid. Chiaro che il passo successivo è una sfida con giganti, però ora poco importa. Più che l’ansia di confrontarsi con squadroni così potenti e collaudati, prevale la febbrile soddisfazione di dar vita a una sfida memorabile e dal risultato non ancora scritto nella pietra. Tra le due, certo, l'Inter ha più chances. Arriva all' Euroderby con il vento in poppa: 4 vittorie consecutive, 14 reti contro 1 subita, una straripante freschezza fisica e psicologica che permette a Inzaghi di farsi beffe dei suoi critici (“andiamo a giocarci questo derby con molto gusto, ma io ero sereno anche quando non arrivavano i risultati”), critici di nuovo frettolosamente risaliti sul carro del vincitore. Inzaghi ha ragione di essere contento: giocatori più carismatici - Brozovic, Lautaro e Lukaku - sono tornati al top nel momento più importante della stagione. Con loro che girano, chissà perchè tutte le chiacchiere sul gioco o non gioco dell’Inter sono finite.
Probabile stop di Leao
Anche il Milan, infermeria a parte, è in risalita. Il 2 a 0 con la Lazio a San Siro è un viatico di tutto rispetto per la sfida coi cugini. Neppure l'uscita di Leao per una elongazione all'adduttore (difficile che giochi mercoledi) ha frenato la spinta dei rossoneri che hanno tramortito la Lazio con una rete di Bennacer e un super gol di Hernandez dopo una sgroppata di 80 metri che resterà negli annali. Al netto della mediocrità della Lazio, mai in partita e quasi irriconoscibile, resta l'impressione di un Diavolo sempre più caricato nonostante sia ben consapevole della forza dell'avversario.Con i suoi titolari, il Milan ha ritrovato energia e velocità. Il probabile forfait di Leao però complica le cose. Già i rossoneri fanno fatica a segnare. Senza il portoghese, Pioli dovrà inventarsi rapidamente qualche contromossa.
Resta una considerazione: il Milan, da outsider, ha già vinto l'anno scorso uno scudetto. Sempre da outsider, la squadra di Pioli ha battuto il Napoli nel doppio confronto europeo. Insomma, dove non arriva la forza di una rosa extralarge, arriva la forza di un collettivo che, evidentemente, in queste sfide, riesce ad autorigenerarsi. Insomma, comunque vada, ci sarà da divertirsi.
Male a Roma
Affonda la Capitale. Butta male dalle parti del Cupolone. Non si sa chi sia messa peggio. Della Lazio, presa a sberle dal Milan, abbiamo detto. Non corre, non lotta, non tira in porta. Sembra cotta anzitempo pur non avendo impegni europei. Potrebbe tranquillamente concentrarsi sulla volata finale per un posto in Champions, invece frena proprio sul più bello. La Lazio è ancora in corsa (64 punti), ma dopo tre sconfitte in quattro gare è stata scavalcata al secondo posto dalla Juve (66 punti) e rischia di essere ripresa dall'Inter (63) e perfino dal Milan (61) che non vuole perdere il treno europeo. Il Professor Sarri se la prende coi suoi, rei di scarsa reattività e di troppo ottimismo: “Spero che nessuno abbia dato per scontato traguardo europeo. Ci vorrebbe una bella fantasia…” conclude il tecnico sperando che lo aiuti un calendario più agevole di quello dei rivali.
Anche Mourinho va controvento. E va contro tutti. La Roma (2 punti nell ultime 4 giornate) ondeggia come un veliero disalberato. Gli infortunati sono tanti e lo Special One , non potendo prendersela con i giocatori, se la prende con la società, accusata d'aver il braccino corto. “Sono orgoglioso dei mei ragazzi, io lavoro per il club, ma qualche volta sono stanco di fare tanto perchè sono più di allenatore…”. Insomma, si sente aria di smobilitazione… l'ultima treno per la Champions è quello di passare dall'Europa League, a cominciare dalla semifinale di andata contro il Bayern Leverkusen, giovedì sera all'Olimpico. La speranza con Mourinho è l'ultima a morire, però anche la speranza non sta tanto bene.
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