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Nations League, in Ungheria chance per la nuova Italia: se vince va in semifinale

Comunque vada a finire alla Puskas Arena di Budapest, abbiamo già in tasca la certezza di essere in prima fascia al sorteggio di Euro 2024

di Dario Ceccarelli

Nations League, l'Italia batte l'Inghilterra

4' di lettura

E così eccoci qua. Una domenica bestiale, come canta Fabio Concato, senza campionato di calcio. Liberi una volta tanto, grazie alla Nazionale, di farsi i cavoli propri senza dover saltare su Dazn per sapere cosa diavolo succede in un torneo in cui si comincia a giocare al venerdì e si finisce al lunedì sera. E poi la chiamano «giornata» disse ironicamente qualche anno fa Alfredo Provenzali, indimenticabile conduttore di Tutto il calcio minuto per minuto. È vero: al posto dell’attesa per il posticipo serale, c’è stata l’attesa per i risultati elettorali.

Con le dirette tv e tutto il teatrino di chi ha vinto e chi non ha mai perso. Diciamo però la verità: in quattro e quattr’otto ci siamo tolti il dente. Veloce come una puntura. Sapevamo come doveva andare e così è andata. A parte qualche limatura, la Favorita ha vinto. Non come la Juventus che si fa mettere in croce dalla Salernitana e dal Monza. Per una volta pronostici rispettati, insomma. Cosa poi succederà in futuro vallo a sapere. Da Nostradamus a Lele Adani, a precisa domanda, chiunque darebbe forfait. Tutto è possibile. L’Italia è un paese imprevedibile. Avevamo Draghi, il Messi dell’Europa, e l’abbiamo sbolognato a parametro zero.

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Intanto, in attesa di vedere come verrà rifatta l’Italia, Roberto Mancini sta cercando di rifare la Nazionale di calcio, uscita squassata dall’esclusione del Mondiali in Qatar. Bisogna dare atto al tecnico azzurro, dopo la seconda apocalisse calcistica, di aver lavorato bene. Comunque vada a finire lunedì 26 settembre sera alla Puskas Arena di Budapest abbiamo già in tasca la certezza di essere in prima fascia al sorteggio di Euro 2024, e se battiamo l’Ungheria chiudiamo il girone al primo posto e ci qualifichiamo per la final four di Nations League.

Diciamo la verità: è quasi un miracolo. Lo era già stato conquistare l’Europeo, nella notte magica di Londra, e lo è anche questa rinascita così repentina degli azzurri. L’essere ripartiti, con ragazzi ruspanti come Raspadori e Dimarco, riuscendo a precedere squadre come l’Inghilterra e la Germania, non è cosa da poco, anzi. D’accordo, venerdì 23 settembre a San Siro i leoni di Re Carlo III sono sembrati piuttosto spelacchiati. Forse anche non del tutto motivati. Però l’Italia con una squadra rinvigorita dalla sua meglio gioventù, li ha dominati concedendo agli ospiti solo un paio di conclusioni ben neutralizzate da Donnarumma, per una volta poco beccato dal pubblico di San Siro. Una bella Italia, insomma. Rieducata e ripulita dalle pigrizie dei vecchi santoni con la pancia piena.

Mancini ha avuto il merito di non guardare in faccia nessuno premiando la passione di un gruppo in crescita, orgoglioso di indossare la maglia azzurra. Giacomo Raspadori, 22 anni, autore con un gioiellino balistico del gol della vittoria, è solo la perla più lucente. Poi ci sono Scamacca, Dimarco, Cristante e il vecchio Bonucci, tornato ai suoi livelli abituali.

Il giallo di Ciro Immobile

Resta un problema: segniamo col contagocce. E anche se privi di Immobile, Tonali, Verratti e tanti altri, il problema per il momento resta. A questo proposito va segnalato un divertente «giallo» che ha avuto come protagonista Ciro Immobile. Il centravanti della Lazio, afflitto da un problemino muscolare che sembrava risolto, prima di partire per Budapest è stato però fermato alla Malpensa con il beneplacito di un comunicato della Federazione che ha certificato «dopo ulteriori accertamenti» l’indisponibilità dell’attaccante.

Un teatrino surreale che nasconde un probabile intervento del presidente della Lazio, Lotito, preoccupato per l’incolumità del suo centravanti. Mancini, irritato, ha mandato giù il rospo ben conoscendo lo scarso spirito tricolore dei club. È un vecchio vizio, questo remare contro delle società. Però poi non lamentiamoci se la Nazionale deve fare le nozze coi fichi secchi. Che dire? Piuttosto di rimpiangere Immobile, che in Nazionale segna con la frequenza della pioggia nel deserto del Gobi, tanto vale tenerci Raspadori, giovane talento ben contento di giocare in nazionale. Con una riserva: quella di non paragonarlo a Baggio o a Insigne. Il suo radente tiro a giro è stato un gioiellino, va bene, ma non voliamo troppo con la fantasia.

Ciclismo: Remco Evenepoel nuovo campione del mondo.

In Australia, al mondiale dei professionisti, il belga Remco Evenepoel, è diventato campione del mondo al termine di una fuga di oltre 70 chilometri. Il belga, 22 anni, già primo alla Vuelta e alla Liegi-Bastogne-Liegi, si è concesso un giro e mezzo di passerella dopo essersi liberato degli ultimi compagni di fuga a 26 chilometri dal traguardo. È la quindicesima vittoria del belga nel 2022. Sul podio anche il francese Christophe Laporte (secondo) e l’australiano Michael Matthews (terzo). L’Italia si consola con Matteo Trentin (quinto) e Alberto Bettiol (ottavo). Da segnalare Lorenzo Rota (13esimo) ripreso dal gruppo poco prima della volata per l’argento. Una ingenuità provocata dall’inesperienza.

Purtroppo, mentre i belgi continuano a sfornare campioni (Wan Aert in primis), gli azzurri annaspano. La nazionale di Daniele Bennati (al debutto come cittì) non ha deluso, però siamo ormai ai margini. In un ciclismo dominato da una giovane generazione di fenomeni, (Evenepoel, Wingegaard, Pogacar) l’Italia corre senza stelle. Neanche nascenti. Lorenzo Rota, primo italiano nel ranking Internazionale (38esimo posto), è solo un buon corridore. Non vinciamo un mondiale dal lontano 2008. Forse sarebbe il caso che i dirigenti del ciclismo italiano, al posto di pasticciare con consulenze di improbabili sponsor, facciano qualche riflessione più produttiva.

Il grande addio di Federer

Che meraviglia, invece, l’addio a Londra di Roger Federer, modello di classe dentro e fuori dal campo. Un maestro che, come tutti i campioni, ha reso molto semplice quello che invece è molto complicato. Straordinario, dopo il doppio di venerdì notte con Nadal, anche il modo con cui i due amici-rivali si sono congedati. Quel tenersi la mano che dice più di mille parole. Un gesto di complice fraternità e di affettuosa commozione che non ha eguali, soprattutto in uno sport di così feroce agonismo come il tennis. Non è facile per tanti anni essere primi. Farlo con il sorriso leale di Federer è invece riuscito a pochissimi.

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