Nba rischia affari per 4 miliardi di dollari a causa del tweet pro Hong Kong
Situazione critica tra Nba e Cina che ha interrotto diversi rapporti con gli americani dopo il messaggio tweet di Daryl Morey, general manager degli Houston Rockets, che si è detto solidale nei confronti dei manifestanti di Hong Kong in piazza contro le nuove leggi in materia di estradizione
di Marco Bellinazzo
4' di lettura
Un tweet da almeno 4 miliardi di dollari. Quelli che la Nba rischia di perdere dalla Cina per un messaggio lanciato sul proprio profilo social da Daryl Morey, general manager degli Houston Rockets , mostratosi solidale nei confronti dei manifestanti di Hong Kong che dal 31 marzo 2019 protestano in piazza contro le nuove leggi in materia di estradizione. Messaggio cancellato con tanto di scuse dopo l'inevitabile putiferio, ma non abbastanza in tempo per evitare una guerra fredda tra la lega cestistica americana e tutti i propri partner cinesi, proprio mentre stanno andando in scena le consuete gare di preseason in Asia.
Rapporti interrotti tra Nba e Cba
A farne immediatamente le spese sono stati proprio i Rockets, la prima franchigia Nba a piantare la bandierina a stelle e strisce in Cina, avendo avuto tra le propria fila per 9 anni il colosso Yao Ming, oggi presidente della Cba (la federbasket cinese) che ha deciso di interrompere ogni tipo di rapporto commerciale con la franchigia texana. Una prima reazione a cui ne sono seguite altre, con esiti ben più dolorosi dal punto di vista economico. Su Alibaba , gigante cinese dell'e-commerce,
non si trovano più prodotti dei Rockets, fino a pochi giorni fa la squadra di gran lunga più popolare in tutto il Paese. La situazione si è resa ancor più rovente quando Tencent , broadcaster ufficiale della Nba in Cina, ha dapprima annunciato la possibilità di cambiare squadra agli utenti che avevano sottoscritto un abbonamento per seguire tutte le partite dei Rockets, per poi annullare del tutto la trasmissione delle gare di preseason, a seguito delle dichiarazioni di Adam Silver, commissioner della Nba: «Proteggeremo la libertà di parola dei nostri lavoratori», è quanto detto dal numero uno della lega professionistica americana in Giappone, dove si stanno svolgendo alcune partite del tour asiatico.
Rischio maxi-risarcimento per Tencent
Gli utenti di Tencent hanno chiesto in massa un risarcimento, temendo uno stop alle trasmissioni che possa proseguire anche a campionato iniziato (la prima palla a due è in programma nella notte tra il 22 e il 23 ottobre), ma al momento l'emittente online non si è sbilanciata sull'eventualità di non mandare in onda le partite di regular season. Se dovesse decidere di interrompere definitivamente ogni rapporto con la Nba, potrebbe ritrovarsi a strappare un contratto rinnovato giusto
pochi mesi fa: a luglio è stato siglato un accordo valido fino alla stagione 2024/2025, dal valore di 1,5 miliardi di dollari annui (pari a 1,37 miliardi di euro). Il precedente accordo, con scadenza nel 2020, portava nelle casse della lega 700 milioni annui, meno della metà rispetto a quanto previsto con il prolungamento. Si tratta inoltre del contratto più remunerativo tra quelli siglati fuori dai confini statunitensi. Intanto è calato il gelo anche con Cctv , la televisione di stato cinese, che manda in onda le partite della Nba sin dalla fine degli anni ‘80 e che per il momento ha interrotto le trasmissioni. Non un affare da poco, dato che nel 2018 si è stimata un'audience complessiva di circa 800 milioni di spettatori.
Danni non soltanto ai diritti televisivi
Il danno economico, però, non si limita ai diritti tv e streaming delle partite, siano esse di preseason o di campionato. Sono diversi infatti i brand cinesi che nel corso dell'ultimo decennio hanno trovato terreno fertile sul mercato americano grazie alla partnership con la Nba o con alcuni giocatori simbolo della lega, divenuti testimonial di aziende di abbigliamento sportivo made in China. Klay Thompson, guardia dei Golden State Warriors ha un accordo decennale con Anta , mentre
l'ex cestista Dwyane Wade ha siglato addirittura un contratto a vita con Li-Ning . Altri sponsor, come la Shanghai Pudong Development Bank o l'azienda tecnologica Vivo , hanno interrotto la partnership sia con la lega che con i suoi testimonial.
Tra questi, Stephen Curry, cioè il titolare del contratto più oneroso nella storia della pallacanestro (40,2 milioni di dollari da Golden State solo per la stagione 2019/20, a salire fino a 45,8 milioni per il 2022). Sul fronte lavorativo, invece, la Nba dà occupazione a circa 200 persone in Cina, assunte negli uffici di Pechino e Shanghai, 2 delle 5 sedi internazionali presenti in tutto il continente asiatico. Una di queste, tra l'altro, si trova proprio ad Hong Kong, prima sede in Asia aperta nel 1992.
Il giro d’affari Nba in Cina
L'intero giro d'affari cinese, per la Nba, supera i 4 miliardi di dollari, che al cambio corrispondono a poco meno di 3,7 miliardi di euro. Poi ci sono anche gli affari dei singoli giocatori, come Lebron James, che nel 2016 ha sottoscritto un vitalizio con la Nike (per circa 1 miliardo di dollari) e negli ultimi 3 anni ha preso parte ad almeno una dozzina di eventi in Cina come testimonial di punta del brand americano. Lo stesso James, con i Los Angeles Lakers , avrebbe dovuto presenziare a un evento benefico a Shanghai per Nba Cares , che però è stato annullato dall'organizzazione, così come un incontro tra gli studenti e i giocatori dei Brooklyn Nets , franchigia controllata dal taiwanese Joe Tsai. Sia Lakers sia Nets dovrebbero scendere in campo per 2 amichevoli (una a Shanghai, l'altra a Shenzhen), ma il clima di tensione emerso in questi giorni potrebbe far propendere per un annullamento di entrambi i match di esibizione. Le scuse ufficiali dei giocatori dei Rockets e di Morey, evidentemente,
non sono bastate per far tornare alla normalità i rapporti tra Nba e Cina. Un legame miliardario che rischia di spezzarsi, in nome della libertà di parola.
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