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Italia, siccità e alluvioni: Legambiente lancia l’allarme

Tra le regioni più colpite: Sicilia e Lombardia con 146 eventi ed Emilia Romagna con 120. Tra le città spiccano Roma, con 65 eventi, Milano 32, Agrigento 24, Bari 24, Genova 20, Palermo 17, Napoli 17, Ancona 14, Bologna 11, Modena 10, Torino 10

di Andrea Carli

Alluvione, Gava: in Romagna vogliamo che si ricostruisca a breve

4' di lettura

Dalla siccità alle alluvioni, dalle grandinate agli allagamenti. L’acqua è al centro della crisi climatica (e non solo in Italia). Dal 2010 al 31 agosto 2023 nella Penisola su 1.855 eventi meteorologici estremi, il 67% ha visto per protagonista la risorsa idrica con 667 allagamenti, 163 esondazioni fluviali, 133 danni alle infrastrutture da piogge intense, 120 danni da grandinate, 85 frane da piogge intense, 83 danni da siccità prolungata. Tra le regioni più colpite: Sicilia e Lombardia con 146 eventi ed Emilia Romagna con 120. Tra le città spiccano Roma, con 65 eventi, Milano 32, Agrigento 24, Bari 24, Genova 20, Palermo 17, Napoli 17, Ancona 14, Bologna 11, Modena 10, Torino 10.

Dove siamo

A delineare il quadro è Legambiente . E lo fa in occasione del V Forum Acqua dal titolo “La transizione ecologica dell’acqua”, organizzato oggi, 4 ottobre a Roma. Un’indagine che fa il punto sulla risorsa idrica tra ritardi e problemi da affrontare, in primis crisi climatica, fragilità del territorio e maladepurazione, indicando quella che per lei è la strada da seguire da qui ai prossimi anni in termini di gestione dell’acqua. Alla presentazione sono intervenuti i commissari straordinari Dell’Acqua e Legnini. Il commissario Figliuolo ha inviato un messaggio che è stato letto nel corso dell’incontro.

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Il nodo della qualità delle acque

L’Italia, osserva Legambiente, si trova a fare i conti sempre di più con gli effetti della crisi climatica, i danni per eccesso o mancanza d’acqua; ma anche con la fragilità di un territorio in gran parte a rischio frane e alluvioni e dove spesso la qualità dell’acque non è delle migliori come ricorda il problema cronico della maladepurazione, che è costato sino ad ora all’Italia oltre 142 milioni di euro in sanzioni pecuniarie, o l’inquinamento chimico di fiumi e falde. Secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, occorre cambiare approccio di gestione dell’acqua passando da una gestione lineare a una circolare e ad un approccio sempre più integrato che, oltre alla maggiore efficienza delle infrastrutture idriche e della gestione degli usi idropotabili, intervenga sui diversi utilizzi della risorsa e sulla razionalizzazione dell’intero ciclo di vita dell’acqua, anche nella sua impronta “invisibile”».

Gli investimenti nel settore idrico hanno raggiunto i 4 miliardi annui

«Dal 2012 ad oggi – ha ricordato il presidente di Utilitalia (che ha collaborato nella organizzazione del Forum Acqua) Filippo Brandolini – gli investimenti nel settore idrico sono aumentati del 227%, raggiungendo i 4 miliardi annui e i 56 euro per abitante. Ma il gap con la media europea di 100 euro annui per abitante resta ampio, soprattutto nei territori nei quali non operano soggetti industriali». Di conseguenza,«ci siamo fatti promotori di quattro proposte di riforma del settore che prevedono il subentro delle Regioni nei territori nei quali persistono le gestioni in economia, l’introduzione di parametri di verifica per responsabilizzare i gestori, le aggregazioni fra aziende e l’allargamento del perimetro del Servizio Idrico Integrato nell’ottica di un approccio integrato fra i diversi usi. In questo modo siamo convinti di poter raggiungere l’obiettivo 100, arrivando a un centinaio di gestori di media/grande dimensione e a un livello di investimenti di 100 euro l’anno per abitante».

Legambiente: «Serve un strategia integrata»

Legambiente sottolinea che quello che serve al Paese è una strategia integrata per la transizione ecologica della risorsa idrica che metta al centro conoscenza, qualità e integrazione, rendendo sempre più sostenibile l’impronta idrica dell’Italia sulla Terra e per assicurare un corretto adattamento alla crisi climatica. Solo così l’Italia potrà superare quei ritardi che ha accumulato in questo settore anche a causa di un approccio sbagliato della gestione della risorsa idrica, che considera i diversi usi separati l’uno dall’altro, invece che farli dialogare tra di loro, e che ha puntato solo sulla quantità senza considerare la qualità della risorsa.

Le tre sfide

Più nel dettaglio, sul fronte siccità, bisogna puntare su un approccio integrato e su una forte diversificazione delle azioni, ricorrendo ove possibile a soluzioni basate sulla natura. Ricostituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, attualmente poco valorizzate, per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere il sistema delle disponibilità, dei consumi reali, della domanda potenziale e definire degli aggiornati bilanci idrici.  Occorre introdurre una strategia nazionale integrata e a livello di bacini idrografici, allargando e ampliando il ventaglio delle soluzioni tecniche praticabili attraverso la realizzazione di nuove e moderne pratiche e misure per ridurre la domanda di acqua ed evitarne gli sprechi. Bisogna garantire la piena attuazione degli obblighi di rilascio del Deflusso ecologico nei corpi idrici, evitando il consueto ricorso da parte delle regioni al meccanismo della deroga. Avviare un programma nazionale di riqualificazione e ripristino della connettività dei corsi d’acqua, come misura di adattamento al cambiamento climatico, in coerenza con gli obblighi della Direttiva Quadro Acque e con gli impegni della Strategia Europea per la Biodiversità e in sinergia con la Direttiva Alluvioni.  

Sul fronte dissesto idrogeologico, sempre secondo Legambiente occorre dare un ruolo centrale alle autorità di distretto, in stretta sinergia con il Mase (il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica), che devono essere messe nelle condizioni di poter avere personale, risorse economiche e “autorità” decisionale sovraordinata rispetto agli altri enti e amministrazioni locali (comuni, regioni, consorzi, gestori del SII ad esempio) per poter garantire quegli aspetti di visone complessiva di gestione del territorio e della risorsa idrica.

Sul fronte maladepurazione, infine, vanno completati i lavori della rete impiantisca e prevedere più risorse, visto che i fondi specifici previsti dal Pnrr pari ai 600 milioni non sono sufficienti, come sottolineato anche dagli operatori di settore e dalla stessa Commissione Europea. È ora - conclude l’associazione ambientalista - di accelerare il passo con interventi concreti e politiche climatiche lungimiranti. Sull’Italia pesano ancora quattro procedure di infrazione per la mancata conformità alla Direttiva Acque Reflue (91/271/CEE).


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