ARREDO-DESIGN

Negozi chiusi ma i grandi progetti procedono

Attesi effetti sulle vendite retail, ma il mobile si difende con il contract

di Giovanna Mancini

Proccupazione tra le imprese, ma non si registrano per ora effetti quantificabili sulle vendite (nella foto, un impianto Lema)

3' di lettura

«Pensi che solo quest’anno abbiamo in programma l’inaugurazione di una decina di negozi, tra cui quello di Pechino in apertura a marzo. Ma al momento la macchina è in stand by». Angelo Meroni, presidente dell’azienda di arredamento Lema, non nasconde la preoccupazione per gli effetti del Coronavirus sull’attività della sua impresa. «La Cina è il nostro primo mercato estero – aggiunge Meroni – vale da sola circa 5 milioni sui 60 complessivi che facciamo di fatturato. Abbiamo aperto nove monomarca nell città principali e volevamo arrivare a 20 entro fine anno».

Come Lema, molte altre imprese lombarde guardano con attenzione a una situazione che evolve di giorno in giorno e i cui effetti sul settore non sono ancora prevedibili. La Cina è infatti il mercato estero che, negli ultimi anni, è cresciuto con maggiore rapidità per l’industria italiana dell’arredo design, che nel 2018 ha esportato (secondo i dati di FederlegnoArredo) in questo Paese prodotti per oltre 530 milioni di euro. La Lombardia, con le sue 5.200 aziende del comparto è la voce più importante, con circa 210 milioni di euro di export verso la Cina, che è il quinto mercato di sbocco per le aziende locali (dati Rapporto Fla 2018).

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A oggi è presto per dire quale sarà l’impatto sui conti delle imprese, ma un effetto è inevitabile, almeno nei primi tre o quattro mesi dell’anno, fa notare Marco Piscitelli, direttore generale del gruppo Molteni. «Per noi è un mercato estremamente importante e in costante crescita, che si gioca ogni anno il secondo o terzo posto con gli Stati Uniti, dopo l’Italia – spiega il manager – quindi un rallentamento avrà sicuramente delle ripercussioni sui ricavi. Perlomeno nel retail, visto che i negozi sono chiusi e i cinesi non escono di casa, nemmeno nelle grandi città». Il gruppo attualmente conta 14 monomarca in Cina, tra cui uno proprio a Wuhan, epicentro dell’epidemia, ovviamente chiuso.

Anche Giovanni Anzani, presidente di Poliform, esprime preoccupazione: «Abbiamo 15 monomarca nelle principali città e il programma prevede di espanderci nelle province interne: abbiamo in agenda tre o quattro aperture per quest’anno, ma gli effetti del virus rischiano di rallentare tutto – osserva Anzani –. È presto per valutare l’impatto, ma certamente se le persone non escono di casa un riflesso sui consumi sarà inevitabile. Un bel problema, perché la Cina vale molto e cresce in fretta e anche perché in quell’area paghiamo già le conseguenze delle proteste a Hong Kong, che nel 2019 hanno portato a una perdita di oltre 10 milioni per noi».

Più ottimista Giovanni Del Vecchio, amministratore delegato di Giorgetti: «Ovviamente tutti ci stiamo interrogando sulle ripercussioni del virus, ma al momento non abbiamo elementi per fare delle previsioni – spiega –. Per quanto ci riguarda, abbiamo in programma nel primo trimestre l’apertura di un nuovo negozio a Ningbo che per ora è confermata, così come abbiamo appena ricevuto la conferma di un grosso ordine da parte di un cliente».

Per fortuna, molte aziende lombarde dell’arredamento possono contare sul mercato del contract e dei grandi progetti che, avendo una prospettiva di medio-lungo termine, non è influenzato da fattori contingenti come il Coronavirus. «Abbiamo bloccato i viaggi del nostro staff, che avrebbe dovuto tenere dei corsi di formazione presso i nostri rivenditori cinesi – dice Maria Porro, responsabile marketing dell’azienda comasca – ma tutti i progetti sono confermati. Il nostro personale lavora da casa, in attesa che riaprano negozi e uffici».

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