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Neil Young ha lasciato davvero Spotify in polemica con il podcast no vax

La piattaforma rimuove la discografia della rockstar che si è schierata contro «The Joe Rogan Experience». L’artista perderà il 60% dei suoi ricavi da streaming

di Francesco Prisco

Neil Young lascia Spotify dopo l'ultimatum sul podcast no-vax

3' di lettura

La sua musica, la sua carriera, la sua vita sono state Il sogno di un hippie, proprio come si intitolava la sua autobiografia uscita qualche anno fa. La cosa che forse ignorate è che, per un hippie vero, non c’è grossa differenza tra le parole e i fatti, il marketing sta a zero: quello che pensi poi fai. E così Neil Young toglie le sue canzoni da Spotify in polemica con un podcast no vax che la piattaforma di streaming leader del mercato globale si è rifiutata di rimuovere. Il suo profilo di artista è pieno di icone «pallide», quelle che indicano brani non più ascoltabili, la sua immensa discografia si riduce a qualche presenziata in compilation.

L’attacco a «The Joe Rogan Experience»

È sparito persino Barn, suo 41esimo album in studio uscito a dicembre 2021. Lo aveva detto e lo ha fatto: old Neil Young, nei giorni scorsi, aveva indirizzato alla ex startup fondata da Daniel Ek una lunga lettera nella quale la accusava di diffondere fake news sui vaccini. Nel mirino del songwriter canadese il podcast The Joe Rogan Experience del commentatore tv e comico Joe Rogan che ospitava posizioni no vax. «O Rogan o Young, non entrambi», vi si leggeva. «Faccio questo perché Spotify sta diffondendo false informazioni sui vaccini causando potenzialmente la morte di coloro che credono a quella disinformazione».

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Neil Young nella foto scattatagli dopo la somministrazione del vaccino

Spotify si dice «dispiaciuta»

Gli utenti di Spotify sono giovani, «impressionabili e facili da far pendere dalla parte sbagliata della verità», ha detto. «Questi giovani credono che Spotify non presenterebbe mai informazioni grossolanamente infondate», ha rimarcato, «purtroppo si sbagliano. Sapevo di dover provare a farlo notare». Young ha ringraziato la sua casa discografica, la Warner Music , dal momento che Spotify è responsabile dello streaming del 60% della sua musica in tutto il mondo e la scelta di abbandonare la piattaforma è stata «un’enorme perdita per la mia casa discografica». Spotify si è detta dispiaciuta in una nota ufficiale: «Vogliamo che tutti i contenuti musicali e audio del mondo siano disponibili per gli utenti. Da ciò deriva una grande responsabilità nel bilanciare sia la sicurezza per gli ascoltatori che la libertà per i creatori. Abbiamo messo in atto norme dettagliate sui contenuti e abbiamo rimosso oltre 20mila episodi di podcast relativi al Covid dall’inizio della pandemia. Ci rammarichiamo per la decisione di Neil di rimuovere la sua musica da Spotify, ma speriamo di dargli di nuovo il benvenuto presto».

Il prezzo della coerenza

Neil Young, che pure un anno fa ha venduto il 50% dei diritti del suo songbook al fondo Hipgnosis, non è stato l’unico a prendere posizione sul tema, dall’altra parte dell’Atlantico. Lo scorso mese, già 270 tra dottori, scienziati e addetti del settore sanitario degli Usa avevano sottoscritto una lettera aperta affinché ci fosse più controllo sulle false informazioni intorno alla pandemia di Covid 19. La differenza, tra lui e la gran parte dei personaggi (interi e mezzi) dello shobiz contemporaneo, sta nella capacità di andare fino in fondo con le proprie posizioni. «È così difficile per me ora», cantava nel 1969, «ma ce la farò in qualche modo, anche se so che non sarò mai più lo stesso. Tu cambierai mai i tuoi comportamenti?» La coerenza ha sempre un prezzo. Lui non si è mai tirato indietro quando si trattava di pagarlo. Quando questi colossi della cultura contemporanea usciranno di scena, non saremo orfani soltanto della loro arte.

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