Nel 2020 il sistema culturale e creativo vale 84,6 miliardi
Secondo l'ultimo rapporto Unioncamere-Symbola, la crisi sanitaria ha messo a dura prova il settore culturale italiano, si salva e cresce solo l'industria del gaming
di Roberta Capozucca
I punti chiave
3' di lettura
Nonostante i dati positivi emersi sul lungo periodo e le azioni di sostegno intraprese dal governo, il sistema culturale e creativo italiano mostra i segni di un anno fatto di grandi difficoltà, segnando un -8,1% sulla ricchezza dell'intera filiera, contro il 7,2% nazionale, e un -3,5% sui livelli di occupazione . É quanto emerge dall'XI rapporto “Io sono cultura 2021”, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere, insieme a Regione Marche e Credito Sportivo e presentato dal ministro della Cultura Dario Franceschini, dal presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci, dal Presidente Unioncamere Andrea Prete e dal direttore della Fondazione Symbola Domenico Sturabotti.
Secondo il report, nonostante il difficile anno trascorso, la filiera culturale e creativa si conferma centrale all'interno delle specializzazioni produttive nazionali, grazie a 84,6 miliardi di euro di valore aggiunto prodotti e poco meno di 1,5 milioni di persone occupate; valori che, rispettivamente, incidono per il 5,7% e il 5,9% di quanto complessivamente espresso dall'intera economia italiana. Fra le attività più colpite, ci sono le performing arts che registrano un -26,3% di ricchezza prodotta e segnano un -11,9% in termini occupazionali. Fortemente colpito anche il comparto del patrimonio storico e artistico con una contrazione del 19% in termini di ricchezza prodotta e dell'11,2% in meno sul fronte dell'occupazione. Mostrano segnali di tenuta generale, anzi crescono, le attività che si occupano di videogiochi e software. Pur registrando una leggera riduzione degli occupati (-0,9%), il lockdown e l'home entertainment ha sostenuto la produzione di ricchezza portandola a un +4,2%.
Le differenze tra nord e sud
Sia in termini di valore aggiunto sia di occupazione aumenta la distanza tra Nord e Sud con quest'ultimo capace di assorbire appena il 15,5% del valore aggiunto nazionale della filiera e il 19,5% relativamente all'occupazione. Il differenziale tra le due aree del Paese, peraltro, appare ulteriormente peggiorato alla luce dei risultati del 2020 e dei riflessi pandemici. Sia il valore aggiunto (-8,4%) sia l'occupazione (-3,8%) della filiera, infatti, hanno registrato una dinamica peggiore di quella media nazionale. Tra le regioni che hanno maggiormente risentito della crisi troviamo la Toscana, il cui valore aggiunto generato ha subito una contrazione a doppia cifra (-10,4%). Particolarmente accentuate sono state anche le contrazioni registrate in Basilicata (-9,9%) e nel Molise (-9,7%). In termini occupazionali, invece, le dinamiche peggiori sono da associare alla Sicilia (-4,3%) e alla Sardegna (-4,2%), seguite dalla Valle d'Aosta (-4,1%).
Al contrario, la grande area metropolitana di Milano è al primo posto nelle graduatorie per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 9,7 e il 9,8%. Roma è seconda per valore aggiunto con un 8,7% mentre Torino si colloca terza (8,4%). Seguono, per valore aggiunto Arezzo (7,6%), Trieste (7,1%), Firenze (6,7%), Bologna (6,2%) e Padova (6,1%). In termini di occupazione, come suddetto, la leadership per incidenza dei posti di lavoro sul totale dell'economia è da attribuire a Milano, mentre le dinamiche peggiori sono da associare alla Sicilia (-4,3%) e alla Sardegna (-4,2%), seguite dalla Valle d'Aosta (-4,1%). Nella quantificazione dei valori della filiera bisogna tenere a mente anche la relazione tra cultura e manifattura, realtà distrettuali ad alta concentrazione di competenze artigianali, che valorizzano le competenze creative del made in Italy. Fra queste eccellenze distrettuali, fortemente orientate ai mercati esteri, si possono citare Monza-Brianza, Arezzo, Alessandria, Modena, Reggio Emilia, Pesaro-Urbino.
Il commento
L'Italia deve essere protagonista – dichiara Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – del nuovo “Bauhaus” voluto dalla Commissione europea per rinsaldare i legami tra cultura, creatività, produzione, scienza, tecnologia e affrontare la transizione verde. Cultura, creatività e bellezza sono la chiave di volta di molti settori produttivi e consolidano la missione del nostro paese orientata alla qualità e all'innovazione: un soft power che attraversa prodotti e territori e rappresenta un prezioso biglietto da visita. Un'infrastruttura necessaria per affrontare le sfide che abbiamo davanti. Se l'Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura, sulla bellezza e sulla coesione, favorisce un'economia più a misura d'uomo e, anche per questo, più competitiva e più capace di futuro come affermiamo nel Manifesto di Assisi”.
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