Nel 2050 in Italia saranno 5,4 milioni gli over 65 con gravi limitazioni
Le stime sono prudenziali. Ottantenni al raddoppio. Previsti fino a 78mila ultracentenari
di Michela Finizio
I punti chiave
2' di lettura
Nel 2050 saranno 5,4 milioni gli anziani non autosufficienti e nel 2030 - tra appena sette anni - 4,4 milioni. È questa la stima della platea dei potenziali interessati dalle misure più incisive della legge delega per la riforma dei servizi agli anziani, che andrà attuata entro gennaio 2024.
Il trend demografico
La proiezione demografica è prudenziale e si ottiene ipotizzando che resti stabile l’incidenza della non autosufficienza tra gli anziani con età superiore o uguale a 65 anni. Questa incidenza, secondo l’ultimo Osservatorio Long term care del Cergas Sda Bocconi (la quinta edizione, in collaborazione con Essity Italia, è stata pubblicata a febbraio), è pari al 28,4%: una percentuale che, in base ai dati Istat 2020, porta l’attuale platea di anziani non autosufficienti a 3.935.982 individui. Tra questi sono inclusi tutti gli anziani con gravi limitazioni funzionali secondo la classificazione 2021 proposta da Istat nell’indagine europea Ehis, che ha incluso per la prima volta le limitazioni cognitive, oltre a quelle motorie e sensoriali.
Proiettando sulle previsioni demografiche per i prossimi anni l’attuale incidenza della non autosufficienza, pari a circa tre individui ogni dieci anziani, si ottiene così la stima al 2050. Va detto però, che in base ai trend di progressivo invecchiamento della popolazione, nei prossimi anni la stessa incidenza potrebbe aumentare: gli anziani con 65 anni e oltre, che oggi rappresentano il 24% della popolazione residente, nel 2050 saranno il 34,9%, secondo lo scenario mediano elaborato da Istat. Tra questi, a quasi raddoppiare saranno gli ultraottantenni (oggi il 7,6% della popolazione, nel 2050 il 14,1%); con un allargamento consistente, in particolare, della fascia di ultracentenari, da circa 19mila nel 2022 a 77.900 nel 2050. E la non autosufficienza è direttamente proporzionale, purtroppo, all’invecchiamento.
Della platea di persone non autosufficienti, si legge nell’Osservatorio Long term care, solo il 6,3% ha trovato risposta in una struttura residenziale, lo 0,6% in centri semi-residenziali, il 21,5% tramite l’assistenza domiciliare integrata la cui intensità media si è assestata su 15 ore annue per assistito.
I risultati del welfare pubblico in termini di servizi reali sono quindi molto limitati. Considerando che l’offerta di servizi privati residenziali è residuale e pari a un decimo di quella pubblica, le famiglie si trovano spesso sole nel gestire il caregiving o devono fare ricorso a lavoratori domestici (sono 1,12 milioni le badanti attive oggi in Italia, tra quelle assunte in regola e non, secondo le ultime stime, con una crescita dell’11% rispetto a prima della pandemia di Covid).
L’azione di Governo
Con queste previsioni demografiche il Governo intende fare i conti, ma per invertire la rotta ci vorranno anni. «Dalla prossima legge di Bilancio bisogna porsi con concretezza il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate», ha chiarito la presidente del Consiglio Giorgia Meloni la settimana scorsa a margine del Consiglio dei ministri che approvato il Documento di economia e finanza. Lo scenario demografico, dunque, guiderà le scelte di Governo nei prossimi mesi durante i quali si dovrà procedere con l’attuazione della legge delega per gli anziani e con la parallela messa a punto delle misure annunciate per sostenere la natalità.
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