Nel diritto di critica il giudizio di valore sugli insegnanti basato su elementi di fatto
Annullata la condanna per diffamazione per una lettera dei genitori alla dirigente al ministero. Possibile anche l’attacco aspro se sono in gioco valori come l’istruzione e la salute
di Patrizia Maciocchi
2' di lettura
Rientra nel diritto di critica dei genitori attribuire gli errori della professoressa non alla disattenzione ma alla volontà di nuocere allo studente e accusarla di aver sempre dimostrato un atteggiamento vessatorio, se le affermazioni sono supportare da «sufficienti riscontri fattuali». La diffamazione va esclusa, anche se le accuse sono contenute in una lettera inviata alla dirigente scolastica e al ministero dell’Istruzione, quando i toni aspri e anche esagerati sono giustificati dagli alti valori in gioco come il diritto all’istruzione e alla salute. Questi i principi affermati dalla Cassazione che annullano la condanna per diffamazione incassata dai genitori in primo e secondo grado.
La condanna per diffamazione
Nel mirino dei giudici era finita una missiva nella quale i genitori di un ragazzo dislessico attribuivano la mancata applicazione di un programma didattico personalizzato - come prevede la normativa sui disturbi specifici di apprendimento e come disposto da un’ordinanza cautelare del Tar - non alla disattenzione o alla negligenza della prof, ma alla sua «manifesta volontà» di danneggiare il loro figlio. Un’affermazione rafforzata dalla certezza che la docente avesse sempre avuto, a differenza dei colleghi, nei confronti dello studente un comportamento fortemente vessatorio. Tanto era bastato, sia al giudice di pace sia alla Corte d’Appello, per far scattare una condanna per diffamazione, basata essenzialmente su due considerazioni: la lettera non era personale ma inviata ad indirizzi istituzionali, con il rischio che potesse essere letta da più persone e il limite della continenza era stato superato nei toni e per il tipo di accuse. La Cassazione non è d’accordo e valorizza altri elementi.
Sì ai giudizi di valore se fondati
Quanto alla Pec, era indirizzata alle istituzioni competenti come di dovere, rispetto alle contestazioni mosse alla professoressa, erano certamente dure nei toni e nella sostanza, ma non si trattava di offese del tutto gratuite. La scuola non aveva mai redatto il piano ad hoc per il ragazzo. All’attenzione dei giudici era stato poi portato un compito di inglese che la professoressa non aveva fatto fare al ragazzo, malgrado fosse previsto per lui non l’esonero dal compito, circostanza che lo avrebbe emarginato, ma la sola dispensa dalla valutazione. Per la Suprema corte, dunque, i genitori possono dare anche giudizi di valore sugli insegnanti senza cadere nella diffamazione, purché ci sia «un sufficiente riscontro fattuale». Le asprezze e le esagerazioni sono sdoganate, quando sono proporzionate ai valori in gioco, come l’imparzialità e la trasparenza della pubblica amministrazione, il diritto allo studio e alla salute. Valori che i genitori consideravano messi a rischio dall’insegnante.
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