Polo della maglieria

Nel distretto di Prato il futuro è il cashmere riciclato

Le aziende in prima fila

di Silvia Pieraccini

La collezione Endless dell'azienda pratese Lineapiù, che ha ottenuto la certificazione Grs, è disponibile in 35 sfumature di colori

2' di lettura

L’ultimo a investire sul cashmere riciclato è stato Alessandro Bastagli con la sua Lineapiù, azienda leader nei filati fantasia per maglieria, che due mesi fa ha lanciato una collezione battezzata Endless, certificata Grs (Global Recycle Standard, uno dei più importanti a livello internazionale nel settore) e proveniente da filiera responsabile. I filati in cashmere riciclato sono proposti in 35 sfumature di colori.

«Endless-Lineapiù Cachemire (questa la dicitura scelta, ndr) – spiega Bastagli - è la filosofia produttiva della circolarità, pensata per preservare il pianeta e ridurre l’impronta ambientale dei processi tessili». Prima di lui, e da tempo, nel distretto tessile di Prato il terreno è stato battuto da una decina di imprese che hanno attinto a una lunga tradizione : è da metà Ottocento che l’area è specializzata nel riciclo di fibre tessili e alimenta una filiera di lavorazioni e figure introvabili altrove. L’applicazione al cashmere, anziché alla lana com’è tradizione, è ora spinta dal mercato che chiede fibre nobili.

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Di fatto, e senza clamore, a Prato è nato un polo del cashmere riciclato: Confindustria stima una produzione di 1.000 tonnellate all’anno di filati per maglieria e, in piccola parte, per tessuti. La prospettiva è di un ulteriore sviluppo, ora che la moda guarda con crescente interesse alle produzioni ecosostenibili e che la qualità del rigenerato ha poco da invidiare alla fibra vergine. Tra i precursori del rigenerato c’è Filpucci, storica azienda di filati fantasia. «Siamo stati i primi a Prato a fare cashmere riciclato dodici anni fa – spiega il titolare Federico Gualtieri – e siamo stati i primi a valorizzarlo. Oggi ne produciamo 90mila chili all’anno e vediamo crescere la domanda: il gruppo H&M quest’anno ha utilizzato solo filati in cashmere rigenerato per il proprio marchio Arket, acquistandone 24mila chili». Oggi più del 15% dei filati per maglieria prodotti dall’azienda pratese è rigenerato. «Stiamo facendo una battaglia a livello europeo – aggiunge Gualtieri - per far capire che riciclare un capo tessile non aggiunge inquinamento, anzi evita che debba essere smaltito nell’inceneritore». Il rispetto dell’ambiente è amplificato dal risparmio di fibra vergine e di acqua, energia e tinture, e certificato da enti come appunto Grs.

Il cashmere rigenerato (di solito presente al 70-95%, mai puro per l’impossibilità di garantire l’origine) ha dalla sua anche il prezzo, solitamente più basso del 30-50% rispetto a quello fatto con fibra vergine. I clienti sono marchi internazionali come Stella McCartney, Patagonia, Zegna, Pangaia, e non solo. Tra i produttori pratesi di cashmere riciclato c’è lo storico Gruppo Pecci, attraverso l’azienda Filati Naturali che ne produce circa 40mila chili all’anno riutilizzando maglie usate o sottoprodotti di filatura trattati dagli specialisti della filiera. «È anche grazie al cashmere riciclato se nel 2020 Filati Naturali ha aumentato il fatturato del 7%, arrivando a 7 milioni», spiega l’ad Pierluigi Marrani.

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