Nel Kent, tra treni e camion bloccati, Boris fa le prove generali di Hard Brexit
La Gran Bretagna è stata isolata dall’Europa dopo la nuova emergenza sanitaria. Una “punizione” che fa il gioco dei falchi dell’uscita senza accordo: il paese già vive un No Deal.
di Simone Filippetti
3' di lettura
«Nebbia sulla Manica, il continente è isolato». Pescava a pieni mani nello snobismo e nello humour, tratti tipicamente anglosassoni, un titolo del Times negli Anni 30 irriverente verso l’Europa. Quasi un secolo dopo, la nebbia è sparita dal clima britannico, colpa del surriscaldamento globale; al suo posto, però, c’è il Covid e il continente è ancor più isolato. La Gran Bretagna è oggi tornata quello che è sempre stata per almeno duemila anni: un’isola, separata e irraggiungibile dall’Europa. E il titolo del Times funziona ancora. A dire il vero la mattina del 21 dicembre, a pochi giorni dal Natale più angoscioso di sempre tra Brexit e virus, una nebbiolina piovigginosa gravava su Ashford, a 20 chilometri dalla costa di Dover. La stazione ferroviaria, spropositata per una piccola cittadina di provincia del Kent, ha il pomposo nome di Ashford International perché qui ferma l’Eurostar Londra-Parigi. Quando fu costruito l’Eurotunnel, Ashford fu premiata con una fermata della Tav, una stazione super moderna (e un grosso outlet accanto): la classica cattedrale nel deserto. Gli unici pendolini che circolano, quasi completamente vuoti, finiscono la loro corsa proprio qui; o poco più avanti, a Margate, sulla costa. Più oltre non si va: l’Europa è off-limits.
Autostrada deserta
Il tassista nepalese racconta che ancora venerdì sera il traffico merci verso la Francia era tutto intasato di veicoli. Mentre percorre il cavalcavia che scavalla la M20, l’autostrada che collega Londra e Dover, appare un panorama spettrale: non c’è traffico, tutti scomparsi. Il motivo lo si scopre poco più avanti: le rampe di immissione sono chiuse, poliziotti in motocicletta bloccano chiunque tenti di entrare. Domenica sera, dopo l’annuncio shock della Francia di chiudere i porti, il Governo ha diramato la raccomandazione ai “lorries”, i veicoli merci, di non avvicinarsi ai porti marittimi della Manica. E ha fatto chiudere la M20: i poliziotti ammettono solo i freight, i noli, ma a patto che vadano a mettersi in fila lungo la costa. In attesa che, forse, i traghetti ripartano.
Prove di Brexit al buio
Nel Kent vanno in onda le prove generali di Hard Brexit: il paese sta avendo un assaggio di quello che lo attende in caso di uscita senza un accordo. E il sapore è tutt’altro che paragonabile al delizioso Christmas Pudding che le famiglie inglesi mettono sulla tavola a Natale. Con la Brexit, la dimenticabile Ashford è diventata il fulcro del Paese: qui, nell’immediato retroterra dei porti di Dover e Folkestone, il governo ha deciso di costruire un gigantesco interporto per i Tir che sbarcheranno dall’Europa. Nell’immenso cantiere, i lavori fervono, nonostante la pioggia e il fango: «Il parcheggio sarà pronto non prima della fine dell’anno» sogghigna una guardia, anch’essa sfoggiando humour britannico, visto che il 2020 finisce tra 8 giorni. Lì dovranno fermarsi i camion per espletare tutte le formalità della futura dogana. Quello che nessuno dice è che ogni giorno normalmente da Dover sbarcano 6-7 mila veicoli e con la Brexit ci vorranno 15 minuti a veicolo: le merci rischiano di stare ferme ad Ashford per giorni. Il mega parcheggio tir ha anche sollevato le polemiche degli ambientalisti: un’immensa colata di asfalto ricoprirà il Kent, soprannominato il “giardino” dell'Inghilterra. Ma con il Paese bloccato, l’ecologia passa in secondo piano.
Camionisti bloccati
In attesa dell’inaugurazione, i tir continuano a sostare nel vecchio Truck Stop, un derelitto parcheggio poco distante dal nuovo: la signora alla guardiola dice che c’è poco movimento. Due camionisti, padre e figlio, stanno partendo: sono ungheresi. In un inglese stentatissimo spiegano che sono costretti a tornare indietro a Maidstone e da lì aspetteranno in autostrada che finisca il blocco: in teoria di sole 48 ore, ma l’incertezza è totale. “Operation Stack”, il piano speciale messo in piedi d’urgenza dal Governo, vuole evitare la congestione del traffico merci; il Paese è da ieri a rischio collasso: il tunnel sotto la Manica è chiuso. La stazione di St.Pancras a Londra, da dove partono gli Eurostar, è deserta: sui tabelloni elettronici la scritta “Canceled” compare su tutti i treni internazionali. Sainsbury’s, una delle più grosse catene di supermercati, ha gettato gli inglesi nel panico: gli scaffali rischiano di essere vuoti. Proprio mentre il Governo è in stallo sui negoziati con la Ue. Si scrive Covid, ma si legge Brexit.
Un blocco che fa il gioco dei Brexiter
La bomba sganciata da Emmanuel Macron sulla Gran Bretagna rischia però di fare il gioco dei Brexiter duri e puri: con il Regno Unito piombato nell’isolamento, i falchi del No Deal incombono. Di fatto, è come se il Paese fosse già uscito senza un accordo. I tabloid domenica sera titolavano “La Ue mette in quarantena la Gran Bretagna”. Una punizione, insomma. Una hard Brexit ora si diluirebbe nel marasma generale del Covid. E Boris si presenterebbe da vincitore di fronte ai suoi elettori: non si è piegato ai diktat di Bruxelles. Un successo politico il cui costo economico potrebbe essere fatale.
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