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Nel piano lavori di Autostrade 3,3 miliardi non coperti da tariffe

La mano tesa di Autostrade per l’Italia, controllata di Atlantia, per evitare la revoca della concessione ruota tutto attorno a questa cifra

di Laura Galvagni

(Reuters)

3' di lettura

Circa 3,3 miliardi di investimenti che non verranno spesati in tariffa. La mano tesa di Autostrade per l’Italia, controllata di Atlantia, per evitare la revoca della concessione ruota tutto attorno a questa cifra.

Somma che emerge leggendo tra le righe del nuovo piano operativo di Aspi messo a punto da McKinsey e che Il Sole 24 Ore ha potuto visionare. Linee guida che fanno parzialmente luce su quanto, per ora, l’azienda ha messo sul piatto in materia di contenimento dei pedaggi e in vista di una possibile definizione di una compensazione cash oltre che di un taglio dei prezzi al casello.

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In particolare, dei 7,5 miliardi di investimenti programmati al 2023 3,3 miliardi non saranno spesati in tariffa. Di questi 1,6 miliardi sono relativi alle spese di manutenzione aggiuntiva previste dalla compagnia e 1,7 miliardi riguardano invece vecchi interventi sulla rete relativi a un accordo che risale al ’97.

Dal piano operativo completo emergono poi altri dettagli rilevanti. Esisteva un precedente progetto sottoposto al governo ma di fatto mai approvato e risalente a giugno 2018 in cui la società si impegnava a investire complessivamente tra il 2020 e il 2023 4,8 miliardi.

Rispetto a quella somma dunque Aspi ha deciso di garantire altri 2,7 miliardi. Dei 7,5 miliardi complessivi, 5,4 miliardi (600 milioni in più rispetto al precedente progetto) saranno destinati a un piano di ammodernamento della rete con focus su ponti viadotti e barriere di sicurezza. Questi impegni al 2023 rappresentano il 40% del totale degli investimenti al 2038 che, come si evince dalle slide, saranno di 14,5 miliardi. Nel quadriennio, però verranno aggiunti altri 1,6 miliardi in manutenzione, che come detto non verranno contabilizzati al casello, e 500 milioni in digitalizzazione.

E proprio una parte di questa somma è quella che in prospettiva dovrebbe contribuire sensibilmente alla svolta sul fronte della sicurezza della rete. Nel dettaglio, circa 200 milioni saranno infatti destinati al “progetto Argo”, gergo aziendale che di fatto va a identificare lo sviluppo di un sistema di asset management per la manutenzione delle autostrade. Attraverso l’utilizzo di un software gestionale verranno infatti consolidate le informazioni sulle opere, automatizzato il processo di sorveglianza (anche tramite l’uso di sensori, 9 mila quelli che dovrebbero venir installati, e droni, circa 500), e garantita la tracciabilità delle informazioni. L’intenzione è di digitalizzare sia gli asset sia i processi organizzativi.

Tutto questo all’interno di un percorso che punta, almeno questa è l’ambizione, a dare la sensazione che la compagnia vuole assicurare «un rapido cambio di passo». E per farlo ovviamente deve promuovere un “double down”, ossia un significativo aumento degli impegni come sottolineato nel piano McKinsey, su investimenti e attività di manutenzione.

In proposito va spiegato che nel 2017 e nel 2018 Aspi ha speso per la rete rispettivamente 284 e 260 milioni, già nel 2019 la somma è salita a 355 milioni e per il prossimo quadriennio sarà di 400 milioni l’anno. A questo va aggiunto che gli investimenti, che sono stati pari a 551 milioni nel 2018, registreranno un media annua di 1,5 miliardi sempre nel quadriennio.

Basterà a evitare la revoca? La tragedia del Ponte Morandi, come è naturale che sia, pesa ancora. Ieri, a riguardo il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, ha dichiarato: «La decisione del governo verrà presa sulla base di una serie parametri che riguardano il passato e che riguardano alcune garanzie organizzative per il futuro». In merito al nuovo piano Aspi ha aggiunto: «Non l’ho letto, ma vedrete che la cosa più importante, che emergerà dalla nostra decisione, è la serietà con la quale la prenderemo e la serietà delle conseguenze di quella decisione».

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