Nel successo del Falcon la filosofia spaziale di Elon Musk
di Leopoldo Benacchio
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Il lancio del razzo vettore Falcon Heavy di SpaceX, il 6 febbraio scorso, è stato un grande successo, che ha convalidato al 100% la filosofia spaziale di Elon Musk, e procurato un bel mal di testa ai diretti concorrenti, Boeing e United Space Alliance e forse creato imbarazzo anche a Nasa, un po’ impantanata nei suoi programmi in ritardo. Il lancio è avvenuto dalla leggendaria pista 39 A, affittata da Space X per i prossimi anni, da cui partivano i potentissimi razzi Saturno per la Luna, negli anni delle missioni Apollo. Falcon Heavy è oggi il razzo più potente che abbiamo, anche se molto inferiore al Saturn. Il lancio, mandato in diretta sulla rete con tecniche di comunicazione decisamente innovative per lo spazio, molto coinvolgenti per il pubblico, non era affatto tranquillo, lo stesso Elon Musk si era fatto sfuggire che c’era un 50-50% di probabilità fra pieno successo e un finale molto diverso.
È finita bene, lancio perfetto effettuato grazie alla potenza dei 27 motori che hanno spinto, anche troppo, un carico originalissimo: la Tesla Roadster personale di Musk su cui era stato montato un manichino-astronauta, accompagnato dalle canzoni di David Bowie, una trovata che molti hanno criticato ma che ha entusiasmato i giovani per una sera, come ai tempi della corsa alla Luna. E anche questo lo dobbiamo a SpaceX.
Chi ha potuto seguire in tempo reale la sequenza di lancio nei primi due minuti ha senz’altro provato quando i due booster principali, il primo stadio, sono tornati sulla piazzola di lancio con un perfetto atterraggio, come in un film di fantascienza. Due piccoli incidenti, un errore di rotta ha portato il terzo booster lontano dalla piattaforma che lo attendeva in mezzo all’oceano, e l’eccessiva spinta impressa alla Tesla, che andrà oltre l’orbita prevista.
I due concetti di base della filosofia di Musk quindi sono confermati: componibilità e riusabilità. Falcon Heavy è infatti formato da tre Falcon 9, dove questo è il numero di motori tutti uguali che spinge quel razzo vettore oramai normalmente usato per lanciare satelliti o per le operazioni di rifornimento della stazione Spaziale internazionale, Iss. Certamente mettere insieme tre Falcon 9 per realizzare il modello Heavy con 27 motori non è stata una passeggiata, considerato che Musk ha ammesso un ritardo di ben 5 anni rispetto alle prime previsioni, forse artatamente ottimistiche ad uso degli investitori.
I dati confermano la supremazia, notevole, di Falcon Heavy, capace di portare in orbita attorno alla Terra 64 tonnellate di carico per 90 milioni di dollari, contro le 32 del più diretto concorrente, Atlas IV di United Space Alliance, il cui lancio costa da 300 a 500 milioni di dollari. Costi per chilo inferiori fino a 10 volte volendo. Nasa, non è certo un diretto concorrente, anzi è quasi un benefattore dato che, ha ricevuto l'incarico a suo tempo dal presidente Obama di passare a varie imprese private tecnologia, conoscenza e anche contratti, che nel caso di SpaceX sono cospicui, attualmente i due sono legati per molti anni con un costo di 1.9 miliardi per rifornimento della Iss.
Per fare un confronto subito dopo viene Boeing e, fanalino di coda, Blue Origin di Jeff Bezos che ha preso pochi milioni, una trentina, per i sistemi di sicurezza per astronauti, dopo che si è, almeno per il momento, ritirata dalla parte vettori spaziali o voli suborbitali, dove langue da 10 anni anche Virgin Galactic, che a ogni inizio d’anno promette che quello sarà l’anno buono per andare con loro fino a 100 chilometri sopra il suolo terrestre, per poi ridiscendere a rotta di collo.
Il confronto, specie sui tempi e modi, fra la relativamente piccola impresa di Musk e il gigante buono, la Nasa che ci ha regalato la Luna, lo spazio e tutto il sistema solare è inevitabile. Quando nel 2011 è partito l’attuale programma Sls, Space launch system, di Nasa per il nuovo razzo vettore, peraltro basato su un vecchio motore dei tempi degli Shuttle, SpaceX era poco più di una startup. Oggi come oggi ha completato 18 missioni, recuperato 14 volte i primi stadi dei propri vettori e 5 di questi li ha rimandati nello spazio. Un bel curriculum che, messo accanto al successo del Falcon Heavy, fa un po’ sfigurare l’Agenzia, ferma da anni allo sviluppo del proprio sistema di lancio.
Per SpaceX si annuncia una serie di ottimi affari. Per il nuovo vettore ci si aspetta per il 2018 il lancio di un satellite arabo per telecomunicazioni e di un paio di US Air Force. Musk peraltro non nasconde di vedere all’orizzonte, forse neanche tanto lontano, le prossime costellazioni per telefonia, tipo Immarsat o Viasat, o per la distribuzione a larga scala di Internet dallo spazio.
Presto Falcon Heavy sarà superato da vettori che Cina, Russia e India stanno sviluppando, ma nei piani di SpaceX c’è un Falcon Super Heavy da 45 motori costruito mettendo insieme cinque Falcon 9, che potrebbe forse essere addirittura utilizzato da Nasa per le missioni alla Luna. D'altronde solo SpaceX con la sua capsula Dragon e Boeing, con la sua Starliner, ancora indietro nella costruzione, sono autorizzati da Nasa per un futuro trasporto di astronauti. Nel cuore del visionario Musk c’è anche l’ultimo gradino, che inizierà a sperimentare nel 2019, il razzo Fucking Great Beast, che traduciamo bonariamente in Bestia esageratamente grande. Più alto e potente del Saturn V porterà 100 astronauti alla volta per colonizzare Marte, il vero ultimo fine del pensiero di Elon Musk. Chissà se per il nome si è ispirato all'Apocalisse di Giovanni e alla sua enigmatica, ma potentissima, Bestia.
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