Europa

Nell’era post Covid Recovery Fund e bilancio 2021-2027 doppia leva per la crescita

Coesione sociale e politica economica non sono separabili: la ripresa dell’economia in Europa è più rapida di quanto previsto ma restano i timori che resteranno a lungo le cicatrici della crisi

di Antonio Pollio Salimbeni

(RafMaster - stock.adobe.com)

5' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Coesione sociale e politica economica nell’era post Covid non sono separabili e la ragione è ampiamente condivisa: se è vero che la ripresa dell’economia in Europa – Italia compresa – è più rapida, più intensa e più diffusa di quanto si ritenesse all’inizio dell’estate, è altrettanto diffuso il timore che le cicatrici della crisi resteranno a lungo. In qualche caso, alcune ferite impiegheranno molto tempo prima di rimarginarsi (per esempio l’estensione del lavoro precario che significa redditi precari e bassi). In Europa, indica l’Ocse, la ripresa “resta molto ineguale tra i diversi Paesi, settori e gruppi demografici sia in termini di livello di prodotto sia in termini di occupazione”. Nel continente il tasso di occupazione è stato largamente preservato, ma prodotto e ore lavorate non sono tornati ancora ai livelli pre crisi. Nell’Eurozona il pil tornerà ai livelli di fine 2019 entro quest’anno. Secondo la Bce prima della fine dell’anno. In Italia, secondo le stime Ocse di settembre, rispetto ad altre grandi economie “la ripresa continuerà a ritardare con un recupero dei livelli di fine 2019 solo nel primo semestre 2022”. Tuttavia le attese sui tempi di recupero stanno migliorando.

Per l'economia scatta il rimbalzo

Ci si trova in pieno passaggio dal rimbalzo dopo lo choc all’avvio di una fase di crescita più solida e l’incertezza – a parte quella derivante dalla gestione del Covid – riguarda quanto sarà solida e quanto tempo durerà. Se sarà messa in discussione a breve dalle strozzature negli approvvigionamenti di prodotti intermedi e materie prime, non solo “terre rare”, e più avanti dal ritiro delle misure non convenzionali di politica monetaria per contrastare un aumento dei prezzi più forte e duraturo di quanto atteso attualmente, se sarà il caso, e dall’inizio della riduzione del debito pubblico. È questo il contesto, confortante per molti versi e incerto per altri, in cui in Europa si sta mettendo in pratica il piano anticrisi, Next Generation EU, con le varie emissioni di bond comuni.

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Si tratta di 750 miliardi di euro (800 miliardi ai valori attuali) che devono essere combinati con le risorse del bilancio dell’Unione europea 2021-2027, 1.074 miliardi di euro per sette anni di cui circa 450 da usare nel periodo 2021-2023. Il primo è una leva di politica economica che va al di là dell’emergenza: novità assoluta per l’Unione europea che si indebita sul mercato per redistribuire risorse agli Stati in parte come trasferimenti in parte prestiti che gli Stati dovranno restituire. Il secondo è il classico strumento di redistribuzione finanziato prevalentemente dai contributi degli Stati. Next Generation EU ha una esplicita missione “trasformatrice”: obiettivo, finanziare la resilienza di economie in piena fase di transizione forzata a un modello di produzione e consumo ecologico e alla digitalizzazione delle società (dall’attività economica al funzionamento delle pubbliche amministrazioni). Lo stesso bilancio Ue 2021-2027 è fortemente orientato agli stessi obiettivi.

La posta in gioco

Per una corretta valutazione delle poste in gioco, dal 2021 al 2027, la Ue mette in campo 1.824 miliardi fra Next Generation EU e bilancio di cui complessivamente 143,4 miliardi sono dedicati a mercato unico, innovazione e agenda digitale; 1.099,7 miliardi per coesione e resilienza economie (693 miliardi ripresa e resilienza, 290,6 miliardi sviluppo regionale e coesione, 115,8 miliardi investimenti per le persone, coesione sociale e valori); risorse naturali e ambiente 373,9 (350,4 miliardi per l’agricoltura, 22,8 miliardi per ambiente e clima); 13,2 miliardi in sicurezza e difesa; migrazione e frontiere 22,7 miliardi; vicinato e resto del mondo 98,4 miliardi; pubblica amministrazione europea 73,1 miliardi. Il sostegno alla crescita, al miglioramento della competitività continentale (economia verde e digitale) e alla resilienza dato da Next Generation EU si interseca all’uso del bilancio Ue che ha fra i suoi scopi principali il sostegno alla tenuta sociale del continente.

Rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale attraverso i fondi europei per ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite (articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea) diventa parte integrante di un’azione comune di politica economica. È una impostazione obbligata per la Ue: l’operazione Next Generation EU nasce per evitare che una crisi simmetrica importata dall’esterno accresca le divergenze tra le economie del continente minando le basi del mercato unico e le stesse prospettive di crescita delle economie più forti (Germania in primo luogo). Questo rischio non è stato fugato, anzi si teme che le divergenze tra le economie perdurino. È per questo che le regole di bilancio (patto di stabilità) resteranno congelate anche nel 2022 dopo essere state sospese nella primavera 2020. E che è all’ordine del giorno la loro riforma almeno per dare maggiore spazio agli investimenti pubblici nella transizione verde ed ecologica.

Come utilizzare i fondi Ue

L’uso dei fondi Ue, nelle loro varie articolazioni, sarà più che mai la cartina di tornasole della capacità degli Stati di mettere in pratica appieno un’azione di politica economica che non si limiti a contenere i danni dalle divergenze economiche vecchie e nuove ma costituisca un volano per una crescita sostenuta (e sostenibile) nel tempo. Nella comunicazione di settembre su “capacità e libertà di azione della Ue”, la Commissione von der Leyen ha indicato: “L'economia sociale di mercato europea è fondamentale per il suo modello democratico, che protegge le persone dai rischi sociali e dalle loro conseguenze e se il mercato unico fornisce una solida base per la ripresa e la resilienza dell'industria e per facilitare le transizioni verdi e digitali, per essere accettate, queste transizioni devono essere eque e accompagnate da una più forte convergenza economica e sociale”. Non c’è solo una impellente necessità di dirottare le risorse pubbliche (nazionali ed europee) verso l’economia verde e digitale, leva per mobilitare capitali privati, occorre costruire una sorta di Welfare di sostegno alla doppia transizione dato che si tratta di spostare milioni di posti di lavoro da un settore all’altro, da un modello produttivo a un altro, oltrechè di sostenere i costi sociali del progressivo abbandono dei combustibili fossili. Il caro energia di questo periodo è solo un’avvisaglia delle difficoltà future. E nessuno intende rischiare movimenti endemici di nuovi “Gilet Jaunes”.

Come ha affermato la capo economista dell’Ocse Laurence Boone, “molte economie avevano un’alta disoccupazione prima della pandemia specialmente in Europa per cui non è sufficiente tornare semplicemente dove eravamo allora ma con meno debito”.Evidente la preoccupazione che l’accentuarsi delle disuguaglianze minerà sempre più la coesione e la forza economica dell’Unione europea. Di qui l’importanza della leva finanziaria comune della Ue, al modo in cui gli Stati la useranno, un processo che va seguito passo dopo passo.

La verifica degli impegni assunti

D’altra parte, si avvicina (fine 2021-inizio 2020) il primo appuntamento di verifica degli impegni di investimento e di riforma assunti dai vari governi con la Ue per ottenere la prima “tranche” di risorse dopo il prefinanziamento. D’altra parte, non c’è solo una impellente necessità di dirottare le risorse pubbliche (nazionali ed europee) alla doppia transizione ecologica e digitale, leva per mobilitare capitali privati, occorre costruire una sorta di Welfare di sostegno alla doppia transizione dato che si tratta di spostare milioni di posti di lavoro da un settore all’altro, da un modello produttivo a un altro, oltrechè di sostenere i costi sociali del progressivo abbandono dei combustibili fossili. Il caro energia di questo periodo è solo un’avvisagli a delle difficoltà future. E nessuno intende rischiare movimenti endemici di nuovi “Gilets Jaunes”. - ApCoesione sociale e politica economica nell’era post Covid non sono separabili e la ragione è ampiamente condivisa: se è vero che la ripresa dell’economia in Europa – Italia compresa – è più rapida, più intensa e più diffusa di quanto si ritenesse all’inizio dell’estate, è altrettanto diffuso il timore che le cicatrici della crisi resteranno a lungo.


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