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Nell’universo dei Parisi tra ceramiche, vetri e una complice bellezza

La mostra è allestita alla Pinacoteca di Como dal 22 dicembre al 28 maggio 2023

di Stefano Salis

2' di lettura

Gira per tutti la ruota, come si sa da sempre, per saggezza ed esperienza popolare. E la Ruota che fecero girare a Como, Domenico e Luisa (Aiani) Parisi, per decenni, dal 1948 al 1995, come ha scritto Flaminio Gualdoni, era «un luogo dell’esperienza intelligente e diffusa, come pochissimi altri in Italia». Negozio d’arte e design è dir poco: cenacolo di incontri, piuttosto, fucina di strenua intelligenza, dove la complice corsa alla bellezza di Ico e Luisa poteva proporre concreti sogni materici, in una di quelle realtà provinciali che hanno fatto la fortuna d’Italia, si dice, in molti campi e che, con i Parisi a Como, trovano un solido appiglio alla teoria e alla narrazione. Qualche anno fa uscirono le lettere che Gio Ponti scriveva ai Parisi: segno di un rispetto e di una devozione che all’artista (vogliamo dirlo?) siciliano trapiantato a Como e alla moglie, il padre del nostro design destinava con gusto infallibile. Di Ico Parisi è un devoto oggi (e un cacciatore di pezzi scelti) un intenditore eclettico come Giampiero Mughini: e c’è da fidarsi, anche in questo caso.

E perciò la mostra alla Pinacoteca di Como (dal 22 dicembre al 28 maggio 2023), intitolata giustamente «Universo Parisi. I vetri e le ceramiche di Ico e Luisa» (cura di Roberta Lietti, progetto espositivo di Cristiana Lopes e Giacomo Brenna) è di quelle da non perdere. Per molti sarà la scoperta (parzialissima) di questa figura gigantesca che è stata Ico Parisi, per altri la conferma della sua eccentricità mai doma. Qui sono oltre cento i pezzi che ripercorrono la ricerca dei Parisi sulle arti cosiddette minori (quanto ci pesa doverlo ogni volta sottolineare), come espressione di scelte del tutto moderne e funzionali dell’oggettistica e dei cosiddetti complementi d’arredo. In pratica, piccoli pezzi d’arte sotto mentite spoglie. Del resto, come spiega la curatrice nel suo saggio, il design di Parisi «fatto di mobili moderni ed esclusivi, così innovativi che necessitano d’esser compresi» presupponeva l’intervento di Luisa che era quello di rendere «questi arredi più “domestici”, più familiari a un pubblico non ancora abituato a tale novità, integrandoli e completandoli con una selezione eterogenea di complementi tra i più disparati che trasmettano immediatamente l’idea di casa. Dai quadri ai soprammobili, dai bicchieri in cristallo di Boemia alle piccole sculture africane, dai pizzi canturini alle porcellane di Capodimonte che Luisa propone nei primi anni d’attività, si arriva negli anni 50, alle ciotole e alle sculturine in terracotta riflessata che Fausto Melotti porta a Como per gli arredamenti firmati Parisi». A Melotti si aggiungerà Lucio Fontana, con piatti e piccoli vasi in terracotta, e poi passeranno di qui Munari e molti altri. La selezione in mostra di vasi, ceramiche, sculture soprammobile denominate «vetri crudeli», di oggetti curiosi e pop, ma non senza profondità, come il vaso «Bocca», le sfere «Occhi», la scultura vaso e la ciotola «Impronta» (in positivo e in negativo è il disegno di una mano) confermano la geniale attitudine a stupire e a percorrere, per vie diverse e inedite, i sentieri della modernità, senza timore di perdere la bussola. Anzi, inventando nuovi sentieri a beneficio di chi, poi, li vorrà seguire.

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