Nella Pa appena il 5% sono under30. E l’apprendistato resta al palo
Rilanciato nel 2021 lo strumento è ancora fermo ai box. Un po' per mancata conoscenza da parte di molte amministrazioni; un po' per una “mentalità” di certa burocrazia pubblica a guardare con diffidenza istituti considerati un po' troppo “privatistici”.
di Claudio Tucci
I punti chiave
3' di lettura
Anche l'ultimo conto annuale della Ragioneria generale dello Stato ha confermato come i giovani siano una sorta di chimera nella nostra Pubblica amministrazione. Nel 2021 gli under30 sono circa 180mila, contro gli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici. Appena poco più del 5%. Dal 2001 al 2021 l'età media nel pubblico impiego è passata da 43,5 a 49,8 anni, con un incremento di oltre 6 anni. Eppure uno degli strumenti per aprire la Pa ai giovani e alle nuove competenze c’è: è l’apprendistato. Peccato che lo strumento sia fermo al palo. Un po' per mancata conoscenza da parte di molte amministrazioni; un po' per una “mentalità” ancora forte di certa burocrazia pubblica a guardare con diffidenza istituti considerati un po' troppo “privatistici”.
Il tentativo di rilancio con il decreto Reclutamento
Lanciato nel 2021 con il decreto “Reclutamento” (dl 80), da un paio d’anni tutta la nostra Pa può stipulare, seppur in deroga al regime ordinario, contratti di apprendistato destinati a giovani e studenti universitari compresi i dottorandi di ricerca, mettendo anche a disposizione 700mila euro per il 2021 e un milione di euro a decorrere dal 2022. Si possono attivare apprendistati di secondo e di terzo livello, in relazione a specifici progetti di formazione e lavoro, e anche nelle more della disciplina dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro.
L’allarme del presidente dell’Aran
Insomma, un’ampia possibilità. Eppure, ha fatto notare nei giorni scorsi su questo giornale il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, nonostante sia stata emanata un anno fa la disciplina attuativa non risultano ancora emanati i bandi necessari ad avviare i programmi. Un peccato mortale, è il ragionamento di Naddeo, visto che il contratto di apprendistato «sarebbe l’ideale completamento del percorso intrapreso nei Ccnl, nell’ambito dei nuovi sistemi di classificazione del personale, per la costruzione delle e dei “nuovi profili professionali” e delle competenze ad essi collegate». A ciò si aggiunga la fase di transizione che sta vivendo oggi tutta la Pa, alle prese con la revisione delle modalità organizzative e la necessità di governare l’innovazione tecnologica in atto, con la conseguenza di dover assumere le competenze necessarie per i prossimi 10/15 anni. «L’apprendistato di alta formazione e ricerca poi - ha proseguito Naddeo - consentirebbe uno stretto collegamento con le università per adeguare i corsi di studi alle necessità professionali delle pubbliche amministrazioni».
Gli esperti: semplificare la normativa
«La possibilità di fare contratti di apprendistato nelle Pa esiste da molti anni - ha aggiunto Sandro Mainardi, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Bologna, e tra i principali esperti di lavoro pubblico -, ma la concreta attuazione dello strumento è rimasta imbrigliata nell’intreccio tra fonti che da sempre caratterizza la disciplina. La legge infatti rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l'attuazione dei contratti, mentre spetta ad un Decreto Interministeriale la definizione degli standard formativi e dei criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato in attuazione degli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 81 del 2015. Inoltre la durata dei contratti è rimessa alla competenza delle Regioni e delle Provincie autonome, in relazione ai diversi contenuti formativi, con il limite del triennio. È chiaro dunque che l’assenza di una regolamentazione secondaria di riferimento inibisce le iniziative progettuali delle Pa, le quali, pur potendosi muovere in deroga, dovranno in ogni caso fornire una cornice contrattuale all’impiego dei giovani, naturalmente coordinandosi con i profili di inquadramento dei nuovi Cccnl. Anche qui, i “lavori in corso” per la definizione delle “famiglie professionali” nelle aree, anche tramite contrattazione integrativa, non sembra favorire un agevole inquadramento dei giovani apprendisti delle Pa».
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