L’indagine sui Porti

Nella tela africana di Bolloré spunta anche la Costa d’Avorio

di Carlo Festa

Il finanziere bretone Vincent Bolloré (Ansa)

3' di lettura

Una rete di potere costruita in circa venti anni in Africa con il beneplacito di ambienti governativi: fatta di concessioni vinte in alcuni casi senza un processo d’asta tra consorzi. L’inchiesta su «corruzione di agenti pubblici esteri» su Vincent Bolloré e sul suo gruppo rischia di scoperchiare un pentolone che fino ad oggi era ben sigillato. La rete di concessioni africane di Bolloré attraversa Paesi come il Togo, la Guinea ma anche la Costa d’Avorio, che per ora non è ancora entrata nell’inchiesta dei magistrati francesi.

L’inchiesta dei magistrati riguarda le condizioni che hanno permesso al gruppo Bolloré di ottenere nel 2010 due dei sedici terminal container che gestisce in Africa, uno a Lomè, in Togo e l’altro a Conakry, in Guinea.

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I riflettori sono puntati su Havas, la filiale di comunicazione del gruppo. I magistrati sospettano i dirigenti di avere utilizzato Havas per facilitare l’arrivo al potere dei dirigenti africani assicurando loro consulenze di comunicazione sotto-fatturate con l’obiettivo di ottenere poi le redditizie concessioni portuali.

Il filone della Guinea è uno di quelli sotto esame. Sotto i riflettori ci sono le relazioni tra Bolloré e Alpha Condé, eletto presidente nel 2010. Condé aveva rescisso l’8 marzo 2011 per decreto l’accordo di concessione del terminal container del porto di Conakry concesso per la durata di 25 anni a Getma, filiale dell’armatore francese Nct Necotrans. Qualche giorno dopo il Governo della Guinea aveva affidato la gestione del porto a Bolloré, il che aveva innescato una battaglia legale tra i due rivali transalpini.

Il gruppo Bolloré era stato condannato nel 2013 a versare 2 milioni a Nct Necostrans per chiudere il contenzioso. Nct Necotrans finirà, tuttavia, in amministrazione giudiziaria e una parte dei suoi asset saranno rilevati proprio da Bolloré nel 2017. Interpellato sulla vicenda, mesi fa, il presidente Alpha Condé non sembrava preoccupato sui sospetti che pesavano sulla concessione del porto a Bolloré. «Rispettava tutte le condizioni previste dall’asta. È un amico e io favorisco gli amici. E allora?», aveva detto a Le Monde nel 2016. Anche la concessione del porto di Lomé, ottenuta per 35 anni nel 2010, anno della rielezione del presidente del Togo, è stata contestata da un gruppo concorrente.

Ma Bolloré in Africa è stato assai attivo anche in altre zone. In Costa d’Avorio un consorzio guidato da Bolloré ha ottenuto nel 2003 una concessione per gestire il Vridi Container Terminal. La firma del contratto era stata messa nero su bianco da Marcel Gossio, direttore generale del Porto di Abidjan e stretto collaboratore del presidente Laurent Gbagbo. Da notare che in precedenza era stata annullata un’asta pubblica. L’operazione era subito finita nel mirino di diversi organismi. Jean-Louis Billo, presidente della Camera di Commercio Ivoriana, scrisse una lettera al Medef, il Movimento delle imprese di Francia, chiedendo «perché si devono accettare sotto i tropici, operazioni che sarebbero inaccettabili per l’Occidente»?

L’espansione di Bolloré in Costa d’Avorio si è estesa negli anni. Nel 2013 una concessione per il secondo container terminal del Porto di Abidjan è stata assegnata ancora a un consorzio guidato da Bolloré, ormai capace di avere una posizione monopolistica nel Paese.

Ora arriva l’inchiesta della magistratura. Altri manager del gruppo Bolloré sono ora in stato di fermo: il direttore generale Gilles Alix e il responsabile del polo internazionale di Havas, Jean Philippe Dorent. In particolare, Dorent si è occupato di una parte della campagna presidenziale della Guinea nel 2010 proprio per conto del candidato Alpha Condé, rientrato da un lungo esilio parigino durante il quale aveva stretto un legame di amicizia con l’ex-ministro del Affari esteri Bernard Kouchner e con Vincent Bolloré. Nello stesso anno, Dorent si è occupato della campagna di comunicazione del giovane presidente del Togo, Faure Gnassingbé. Il figlio di Gnassingbé Eyadema, rimasto alla guida del Paese per 37 anni, è tuttora al potere.

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