Arte

«Neptune Frost», il musical fantascientifico che parla di migrazione e diritti

Saul Williams fonde in una giostra punk idee e tematiche allacciate da sempre al suo pianeta sonoro

di Filippo Brunamonti

Neptune Frost © Chris Schwagga

3' di lettura

«Molto tempo fa vivevamo sulla cima di una montagna. Mia madre e mio padre erano stelle binarie». Natura, densità, il visibile e l'invisibile. Una consapevolezza che nemmeno il dubbio può scomporre. L'artista multidisciplinare Saul Williams, slam poet diventato musicista, lascia che siano il dinamismo e la visione afro-futurista del cinema a spremere tutto l'odore resinoso di questa sua giostra punk chiamata Neptune Frost, un musical fantascientifico che fonde idee e tematiche allacciate da sempre al pianeta sonoro di Williams, in particolare al suo album MartyrLoserKing (2016).

Co-diretto insieme alla moglie, l'attrice, drammaturga e regista ruandese Anisia Uzeyman, Neptune Frost si apre, secco e selvaggio, tra le colline del Burundi, dove un collettivo di hacker emerge da una comunità di minatori di coltan, risultato della storia d'amore tra un minatore e un intersessuale fuggito di casa.

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Le voragini dell'essere

Ambientato tra le voragini dell'essere - passato e presente, vita onirica e veglia, mondo colonizzato e mondo libero, maschio e femmina, memoria e prescienza - Neptune Frost è una scossa alla corteccia cerebrale e un appello a rivendicare la tecnologia per fini progressisti.

Dopo il passaggio alla Quinzaine des Réalisateurs, abbiamo parlato di militanza, meraviglia virtuale e suoni afro-sonici con Saul Williams, in occasione della première nord-americana al Toronto Film Festival.

«I miei viaggi interiori partono tutti dalla musica. E questo film lo abbiamo concepito, da subito, prima come graphic novel poi musical» racconta Williams. Doveva essere una pièce teatrale con ballerini, coreografi, poeti e cantanti; nel 2014, produttori come Ezra Miller hanno spinto Williams e Uzeyman a creare qualcosa di più classico e generazionale: «Gran parte del processo di scrittura è avvenuto attraverso una comunicazione serrata con il cast in Ruanda, quindi rifugiati dal Burundi come Trésor Niyongabo che interpreta Psychology e Bertrand “Kaya Free” Ninteretse nel ruolo di Matalusa. Si sono aperti dicendoci in che stato versasse il Burundi prima di scappare, dalla chiusura di radio e televisione fino al blocco del web.»

La musica

«Non solo, la musica per Neptune Frost è esplosa, direi, proprio quando Anisia ed io recitavamo entrambi in una scena di un film ambientata in sinagoga, durante il periodo delle Primavere arabe nel 2011. Intanto emergevano con insistenza WikiLeaks, il collettivo Anonymous, l'estrazione di minerali in Congo e gli evangelici americani che spingevano i leader africani a imporre leggi anti-LGBTQ. Il contesto politico era preoccupante. Nella nostra opera, senza voler sembrare dei predicatori, usiamo la finzione per parlare di migrazione e diritti».

L'intento di Williams, al suo esordio alla regia, era «trovare un modo di parlare di tutto, senza necessariamente fare politica, perché ci sono parecchie forze cosmiche e diversi glitch nell'universo per pensare di mantenere il controllo sugli accadimenti».

La visione distopica è stata in parte ispirata da un viaggio in un mercato a Dakar, dove Williams stava girando Tey, del regista vincitore dell'Orso d'argento di Berlino Alain Gomis (Félicité, 2010).

«Ricordo di essere rimasto ipnotizzato dalla vista di giovani senegalesi muniti di iPhone e cuffie Beats che suonano sui tradizionali tamburi sabar una musica che somiglia a un misterioso dialogo tra la tecnologia moderna e la tecnologia antica. Il Ruanda è il setting perfetto per accendere i riflettori sull'industria in crescita del paese». Nel 2016 Williams e Uzeyman hanno lanciato una campagna Kickstarter che ha raccolto 196.000 dollari, con contributi di artisti come Kara Walker e il creatore di Hamilton Lin-Manuel Miranda, uno sforzo per eludere i “custodi di Hollywood”, commenta la rivista Variety, che volevano collaborare con Williams per il progetto Neptune Frost, prima di ottenere oltre 1 milione in finanziamenti aggiuntivi.

Drumming

«Non credo che istituzioni di cinema e musica tradizionali possano comprendere la potenza del drumming, i codici antichi di comunicazione e il modo in cui tamburi e batterie sappiano creare intersezioni con programmi e software moderni. Ruanda e Burundi hanno una relazione con la fisicalità dei tamburi che parla proprio di quello che mi sta più a cuore: l'interconnessione tra il vecchio e il nuovo. Un'interazione verso cui guardare se si vuole restare saggi e aperti. Un'interazione che, forse, nel tempo, potrebbe valicare i confini del mondo. E dell'arte».

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