aziende al tempo del covid

Nero Giardini riapre la fabbrica, ma la luce in fondo al tunnel è lontana

Il punto di vista di Enrico Bracalente, titolare di Bag e del marchio Nero Giardini capofila di una filiera di oltre venti aziende calzaturiere nel distretto fermano-maceratese

di Ilaria Vesentini

3' di lettura

Ha riaperto le porte dello stabilimento di Monte San Pietrangeli e richiamato un 10% della forza lavoro Enrico Bracalente, titolare di Bag e del marchio Nero Giardini, capofila di una filiera di oltre venti aziende calzaturiere nel distretto fermano-maceratese, tutte ferme da inizio marzo per l'emergenza Covid-19.

«Riavviamo la progettazione perché dobbiamo completare in fretta la produzione di sandali che avevamo sospeso il 5 marzo, la maggior parte dei clienti ci ha assicurato che ritirerà la merce, l'obiettivo è tornare a pieno regime il 4 maggio», spiega l'imprenditore, 290 dipendenti diretti e oltre mille nei calzaturifici monocommittenti della filiera.

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Come avete gestito lo stop produttivo in questi due mesi?
Abbiamo fatto ricorso alla Cig Covid-19 ma anticipato noi gli stipendi ai collaboratori perché immaginavamo che l'Inps avrebbe ritardato i pagamenti, come è avvenuto. Per aziende solide e strutturare come Bag, che hanno la possibilità di finanziarsi con i classici canali creditizi ritengo più utile la Cig speciale che i prestiti garantiti che il Governo proclama. Il problema è che tante Pmi e migliaia di partite Iva che erano già in difficoltà non riceveranno alcun aiuto, avrebbero bisogno di risorse a fondo perduto, come sta facendo la Germania, che ha messo a disposizione 350 miliardi per gli imprenditori, non prestiti. Ma noi paghiamo gli errori dell'ultimo trentennio, dalla seconda Repubblica in poi, arriveremo quest'anno a superare il 155% di debito sul Pil e stimiamo la perdita del 30% dei posti di lavoro.

Di fronte a questa nuova povertà come può reagire un imprenditore del settore moda?
Mi sono confrontato anche con alcuni colleghi calzaturieri veneti e cominciamo tutti a esser molto preoccupati, non vediamo la luce in fondo al tunnel: dal punto di vista di mercato non sappiamo se e come i negozi potranno tornare alla normalità e quanto gli italiani potranno e vorranno spendere in beni che non sono di prima necessità; mentre dal punto di vista politico non capiamo come sia possibile che la risposta per uscire da questa emergenza sia proporre una nuova patrimoniale o ulteriori tassazioni che finiscono per colpire sempre e solo noi imprenditori, quel 10% produttivo del Paese che paga stipendi e contributi.

Quali misure avete adottato per la gestione dei negozi?
Il retail per noi è un partner non un bersaglio, motivo per cui in azienda l'area commerciale e l'amministrazione sono sempre rimaste attive, con una quarantina di dipendenti in smart working, per fornire risposte e supporto costante a clienti, fornitori e istituti di credito. Lavoriamo con una rete di circa 3mila retailer nel mondo, un migliaio di ragioni sociali in Italia per 1.500 negozi. Abbiamo concesso dilazioni di pagamenti, sospeso consegne, offerto supporto finanziario ma anche psicologico. Il problema è che non è in atto una guerra circoscritta ma una rivoluzione planetaria e noi esportiamo ancora troppo poco, il 25% del fatturato, per poter diversificare il rischio.

Vi siete attrezzati con l'e-commerce?
Fino ad oggi lo avevamo escluso per non entrare in concorrenza con i nostri retailer-partner ma alla luce di questa situazione lo stiamo prendendo in considerazione. Abbiamo sette persone interne dedicate a tempo pieno all'informatica e altrettante in una società esterna di software che ci supporta e questo ci permette da subito di potenziare le attività online di logistica B2B, con riassortimenti in tempo reale. Stiamo ragionando anche di e-commerce B2C per smaltire le scorte rimaste in casa e per potenziare l'internazionalizzazione. Fino a febbraio stavamo raccogliendo ottimi risultati dagli investimenti fatti sull'online B2B per allargare la nostra presenza in Europa e stavamo crescendo bene in Giappone, Corea del Sud, Canada, Usa. Ora si è tutto fermato.

Che previsione di perdita di fatturato ha per il 2020?
Stimo che il marchio Nero Giardini perderà quest'anno dal 20 al 25% del fatturato, mi auguro che questa forbice si abbassi nel secondo semestre ma tutto dipenderà dai consumi. Gli italiani torneranno a fare shopping? E come e quanto, se i negozi dovranno rispettare certe metrature e le entrate saranno contingentate? Certo è che se la nostra quota di export (25%) e di mercato interno (75%) fosse invertita sarei più ottimista.

Qual è, volendo costringersi a vederlo, un lato positivo di questa crisi?
Questa pandemia ci ha riportato con i piedi per terra, ne avevamo tutti bisogno. Ci eravamo montati la testa, convinti di essere dominatori indiscussi del pianeta terra, senza etica e rispetto dell'ambiente e del prossimo. Il Covid-19 ci sta insegnando a misurarci per quello che noi esseri umani contiamo davvero, ossia molto poco.

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