Netanyahu ci riprova, a lui l’incarico di formare un governo
Il premier uscente ha ricevuto per primo l’incarico di trovare la strada per sbloccare l’impasse politica che dura dal dicembre scorso. La via d’uscita più probabile è un governo di unità nazionale
di Roberto Bongiorni
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E ora Bibi “il mago” dovrà tirar fuori dal cilindro qualcosa di davvero speciale. Perché la magia chiesta al premier più longevo della storia di Israele è creare una maggioranza che, per ora, appare quasi impossibile.
Otto giorni dopo il voto ( le seconde elezioni in cinque mesi) il presidente della Repubblica, Reuven Rivlin , ha deciso di conferire all'inossidabile Leader del partito conservatore Likud l'incarico di provare a mettere insieme almeno una parte dei riottosi partiti politici israeliani e raggranellare gli anelati 61 seggi necessari ad avere la maggioranza per formare così un Governo.
In teoria il partito conservatore Likud era arrivato secondo , con 32 seggi, dietro al partito di centro Blu Bianco, guidato dal generale Benny Gantz, primo con 33 seggi. Ma in Israele il partito che arriva prima conta fino a un certo punto, meno rispetto al leader politico che, pour arrivando secondo o terzo, riesce tuttavia a raccogliere una potenziale maggioranza di Governo.
Il presidente Rivlin ha così guardato i numeri: Netanyahu aveva il sostegno di 55 onorevoli. Ovvero il suo blocco di destra, formato dal suo Likud e i partiti di Yamina, Shas, United Torah Judaism (gli ultimi due formazioni di ebrei ultra ortodossi). I potenziali sostenitori del generale Benny Gantz, includendo anche il complesso sostegno di 3 partiti della lista araba, si fermavano a 5 seggi.
Ora Netanyahu avrà 28 giorni (ed eventualmente una proroga di 12 giorni ) per trovare quei sette parlamentari che gli consentirebbero di arrivare ad almeno 61 seggi e governare per il quinto mandato. Oppure potrebbe virare verso un Governo di Unità nazionale come vorrebbe il presidente della Repubblica, e come ha reso noto di volere lo stesso Bibi. «Accetto l'incarico, occorre un governo di unità nazionale e la riconciliazione che in questo momento è essenziale» ha affermato Netanyahu, giustificando così la creazione di un Esecutivo di unità: «l'Iran, la situazione economica e il Piano di Pace di Trump che, se non ci fosse un governo, potrebbe anche non essere presentato».
Pur di restare al potere, cosa che gli faciliterebbe un salvacondotto per schivare un'incriminazione formale per tre casi di corruzione già tra poche settimane, Bibi ha anche sottolineato che è possibile una “leadership congiunta”.
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Vale a dire un accordo di rotazione con Gantz, in cui i due leader avversari metterebbero da parte le reciproche diffidenze e si alternerebbero come premier due anni ciascuno.
Benny, il militare che piace anche alla sinistra, non ne vuole sapere. Lo ha sempre detto fin dall'inizio. Nessun governo con una persona indagata, prossima all'incriminazione. Se Governo di Unità nazionale deve essere, allora sia senza Netanyahu. In caso contrario attenderà il conferimento di una mandato esplorativo dal presidente della Repubblica se Netanyahu non dovesse avere successo.
Bibi, scaltro politico, primo ministro ininterrottamente dal 2009, e primo ministro ancora prima (dal 1996 al 1999), pare disposto a tutto pur di restare a galla. Ed ora guarda, ancora una volta, al suo ex amico Avigdor Lieberman. L'uomo che lo aveva affiancato durante nove lunghi anni al governo, prima come ministro degli Esteri, e poi come ministro della Difesa, è stato anche l'artefice della recente crisi politica che ha inghiottito Netanyahu. Perché è stato proprio questo abile immigrato della Moldavia, un ultranazionalista laico nemico dei partiti religiosi, ad aver prima tolto il sostegno dei suoi seggi in novembre, privando Bibi della maggioranza e costringendolo ad andare in aprile alle urne. Poi, impuntandosi ancora sulla leva obbligatoria per tutti i giovani ebrei ultra ortodossi, Lieberman non ha offerto lo scorso maggio il sostegno al blocco di Netanyahu (che così non riusciva a raggiungere la maggioranza) . Nell'elezione del 13 settembre il partito nazionalista russofono di Lieberman, Yisrael Beiteinu, ha quasi raddoppiato i seggi, arrivando a 8.
Ancora una volta Lieberman potrebbe essere l'ago della bilancia, colui che, se Ganzt e Netanyahu non si metteranno d'accordo, emetterà la sentenza: governo o urne. Per la terza volta in un anno. L'ultima cosa che il presidente Rivlin vuole. L'ultima cosa di cui il Paese avrebbe bisogno.
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