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Netflix riapre il Paris a New York e pensa a proprie sale cinematografiche

Il colosso dello streaming ha preso temporaneamente possesso del Paris Theatre di New York: è la seconda sala rilevata dopo l’Egyptian Theatre di Hollywood

di Marco Valsania

3' di lettura

Netflix si dà al cinema. Nel senso delle sale con i grandi schermi. Il colosso dello streaming ha preso, almeno temporaneamente, possesso d’uno storico “Palazzo” del cinema di Manhattan, il Paris Theatre. Anzi, l’ultimo nel suo genere nella città: il solo rimasto con sala unica da 581 poltrone e fama conquistata nei decenni di mostrare film americani e internazionali di qualità.

Aveva chiuso i battenti tra i malumori dei cinefili in estate, vittima della fine del suo contratto d’affitto e dalla fama di profitti dei proprietari, la dinastia immobiliare dei Solow. C’è chi dice volessero offrirlo a una clinica; chi ad altri business in metri quadrati sicuramente preziosissimi di real estate sulla 58esima Strada, tra la Quinta Avenue e il Plaza, a due passi dal negozio flagship di Apple. Per il momento, invece, nulla di tutto ciò: Neflix ne difenderà l’identità originale e farà presto debuttare proprio qui uno dei suoi ultimi sforzi creativi originali, il lungometraggio Marriage Story, con protagonisti Scarlett Johansson e Adam Driver.

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Non è chiaro se per Netflix quella sul Paris sia una scommessa una tantum. Finora ha spesso affittato ad hoc sale per mostrare i suoi prodotti in lizza per premi Oscar - che devono quindi per norma avere una circolazione in sale fisiche. ma ci sono segnali che indicano potrebbe trattarsi di qualcosa di più. E quel qualcosa potrebbe essere rilevare in modo permanente il noto e popolare bastione dei film di prestigio nel cuore di Manhattan. Netflix, interpellata dalla stampa specializzata quale Deadline Hollywood, tace sulle sue ambizioni future. Era tuttavia già affiorato al momento della chiusura del Paris che il leader dello streaming era tra coloro interessati ad accaparrarsi il locale.

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Il progetto, secondo alcuni analisti, avrebbe sicuramente senso. Prenderebbe a prestito una pagina da Amazon, che dopo il successo digitale ha inglobato nella propria strategia di business il cosiddetto “brick and mortar” - vale a dire i supermercati Whole Foods e librerie fisiche. Netflix, oltretutto, non ha bisogno di far soldi con i grandi schermi. Ha bisogno piuttosto di importanti vetrine, per alzare sempre più il profilo nell’elite del cinema e al cospetto di una crescente concorrenza - i nuovi servizi di streaming in arrivo da Disney, Apple, WarnerMedia (Hbo Max), Comcast NbcUniversal (Peacock).

Come accennato, potrebbe anche servirsi di locali più stabili per mostrare i film che vuole appunto far concorrere per premi e che molte tradizionali catene di cinema oggi spesso boicottano timorosi di cederle troppo spazio e potere. Richiedono, le catene di distribuzione, almeno 90 giorni in sala prima che un lungometraggio finisca su altre piattaforme, contro il mese che invece offre Netflix. La quale ha una galleria di film ambiziosi in continua crescita, che vanno, per citare i più recenti, da Roma a The Irishman (di Martin Scorsese, che aprirà a inizio novembre), da The Two Popes ad altri sette debutti previsti in autunno.

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Né Netflix è nuova a una simile avventura in sala: ha già rilevato di fatto lo scorso aprile un prestigioso locale a Hollywood, the Egyptian Theatre, grazie a un accordo con la non-profit American Cinemateque. L’intesa è ancora in fase di definizione ma l'operazione per l’Egyptian, dove avvenne la prima premiere di Hollywood nel 1922 (Robin Hood, con Douglas Fairbanks) dovrebbe prevedere un investimento da decine di milioni di dollari da parte di Netflix. Mostrerà film della società ogni mercoledì e avrà tutte le sue prime visioni. Aveva inoltre considerato in passato l’acquisizione della catena Landmark Theaters.

Con il Paris a Manhattan avrebbe in futuro una seconda sala di alto livello, sulla costa orientale da affiancare all’Egyptian su quella occidentale. Aprì i battenti nel 1948 e a tagliare il nastro dell’inaugurazione fu nientemeno che Marlene Dietrich.

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