Neutralità climatica, solo un’azienda italiana su cinque raggiungerà il net-zero entro il 2050
È quanto emerge dallo studio di Accenture “Accelerating global companies toward net zero by 2050”. Europa però meglio degli Usa sul versante dei tagli alla CO2
di Daniela Russo
I punti chiave
2' di lettura
In Italia solo un’azienda su cinque riuscirà a raggiungere gli obiettivi climatici, con emissioni pari a zero, entro il 2050 se non accelererà su tecnologia e carbon intelligence. Un dato che riflette uno scenario in cui l’Europa sorpassa gli Stati Uniti in termini di consapevolezza e impegno sulle sfide della transizione ambientale affrontata dalle imprese. È quanto emerge dalle ultime rilevazioni dello studio Accenture “Accelerating global companies toward net zero by 2050”. In termini di obiettivi fissati per il raggiungimento del net-zero, le aziende europee sono infatti in testa rispetto a quelle d’oltreoceano, il 51% a fronte del 28%, su un campione di 2.000 realtà analizzate da Accenture.
Il quadro italiano
Nonostante un incremento di sette punti percentuali degli obiettivi di decarbonizzazione rispetto al 2021, si stima che solo il 7% sarà in grado di raggiungere i propri obiettivi salvo un cambio di rotta destinato ad accelerare i processi volti ad abbattere le emissioni.
«Alle attuali condizioni – commenta Sandro Orneli, Europe Sustainability Strategy Lead Accenture – circa il 20% delle imprese italiane è in grado di raggiungere gli obiettivi net-zero al 2050. Un dato che conferma il maggior impegno delle realtà europee nei confronti di queste sfide rispetto a quanto accade negli Stati Uniti. L’80%, però, è consapevole di un ritardo che incide sui risultati finali e che richiede un percorso nuovo, una trasformazione accelerata: non si tratta più di avviare un percorso di cambiamento ma di farlo a ritmi sostenuti. Per riuscirci servono tecnologie e competenze».
La neutralità climatica nel mondo
Sebbene, la sostenibilità rimanga per l'84% del campione internazionale, composto da circa 2mila imprese, una priorità anche a livello di investimenti, annoverarla tra gli obiettivi non è più una garanzia sufficiente di successo.
Servono interventi precisi, a cominciare dall'implementazione di tecnologie avanzate (cloud, intelligenza artificiale, digital twin) in grado di mettere a sistema i dati Esg: un approccio data driven e “carbon intelligent” che consenta di valutare in modo oggettivo e strategico l'impatto dell'impegno sostenibile, attribuendogli un peso specifico importante nel processo decisionale delle organizzazioni.
«La crisi energetica sta contribuendo ad avvicinare le aziende a processi di trasformazione green – aggiunge Orneli –. In Italia ci sono diverse imprese virtuose, di solito si caratterizzano per dimensioni importanti e rilevanti consumi di energia. Queste realtà si distinguono per tre elementi fondamentali: considerano la sostenibilità una priorità per le scelte di investimento, favoriscono il coinvolgimento delle persone all’interno dell’organizzazione su questi temi, rendono protagonista del cambiamento l'intero ecosistema di fornitori e clienti».
Identikit delle aziende più sensibili
Le aziende con rapporti diretti con i clienti finali, inoltre, si dimostrano più sensibili ai temi della sostenibilità. Nuovi modelli di consumo, infatti, si stanno traducendo in scelte capaci di condizionare la trasformazione delle imprese: i clienti chiedono sempre più prodotti e servizi sostenibili.
Secondo lo studio, per una svolta decisiva saranno imprescindibili azioni a livello di sistema: collaborazione pubblico/privato ma anche cross settoriale, cluster industriali e cooperazioni tra istituzioni sociopolitiche e accademiche, sono ora più che mai strategiche per validare e diffondere le innovazioni cruciali per l'accelerazione verso il net-zero.
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