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Niente gerarchie e stop al cemento: i tre moduli The Line firmati Fuksas

Materiali sottili come cartilagine e 30% di verde. A settembre l’avvio dell’ultima fase progettuale, in parallelo lo studio lavora attorno alla città verticale

di Alexis Paparo

Rendering inediti The Line firmati Studio Fuksas. in alto, la vista di due “pocket park” sviluppati in altezza

4' di lettura

In due metri e mezzo di schizzi su carta lucida prendono forma il passato e il futuro dei tre moduli firmati Fuksas per The Line, la città verticale parte del composito progetto Neom, alta 500 metri e lunga 170 chilometri, che sta nascendo in Arabia Saudita per collegare da Est a Ovest il Mar Rosso con le montagne e le valli superiori dell’Hejaz. Lo studio è l’unico italiano incaricato di progettare una parte della città e al Sole 24 Ore del Lunedì, Massimiliano e Doriana Fuksas raccontano la filosofia che vi sta dietro, condividendo inediti dettagli della progettazione. «Questo progetto è casa nostra», spiegano gli architetti in una stanza della loro sede romana, un labirinto di sale che si rincorrono attorno a una corte tranquilla e si allungano per i quattro piani di un palazzo rinascimentale la cui configurazione attuale risale alla seconda metà dell’Ottocento, animato da decine di giovani progettisti, dove convivono stampa 3D e soffitti a cassettoni, pareti trattate a grassello e dipinti e schizzi autografi di Massimiliano Fuksas.

La filosofia progettuale

«Nella nostra carriera abbiamo costruito tantissimo. A un certo punto, prima del Covid, mi sentivo quasi annoiato dai progetti che vedevo, appiattiti su un modernismo sterile, che mancava di ambizioni ed emozioni», esordisce Massimiliano Fuksas. «Ricordo che qualcuno mi chiese: “Tu che cosa vorresti fare?”. Io risposi “una città”. Penso che oggi si debbano ridisegnare le città, rimaste identiche mentre è cambiato il mondo». Gli fa eco Doriana Fuksas: «Una delle cose che ci ha più affascinato è la possibilità di costruire senza consumare suolo. Non è la prima volta che si progettano città lineari, ma non sono mai state realizzate prima perché mancavano le tecnologie per renderle luoghi ideali. E si tratta di tecnologie che, proprio grazie a questo progetto, saranno rese scalabili e più accessibili per rispondere a problemi urbanistici complessi come la siccità, le ondate di calore, il riuso degli scarti».

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I dettagli dei moduli

«Questo progetto è la somma di tante cose a cui abbiamo pensato negli anni: la meccanica quantistica e lo studio degli algoritmi di automazione cellulare; la fascinazione per i frattali, che si concretizza nella Nuvola, e la leggerezza compositiva che si trova nel progetto della Fiera di Milano e nell’aeroporto di Shenzhen. La progettazione del vuoto come spazio pubblico, da vivere. Il modulo che ospiterà gli spazi culturali è come una Nuvola – un’idea del 1989 – allungata all’infinito», continuano gli architetti.

Il concetto di mixed-use (residenziale, culturale e servizi) viene elevato da una progettazione permeabile, che compenetra elementi diversi e li distribuisce secondo un’ottica non standardizzata nello spazio. «Nelle prime decine di metri non ci sarà nulla, la luce arriverà dall’alto e dai lati, dalle pareti di vetro fotovoltaico che racchiudono la città, specchiate solo dall’esterno. I servizi e gli spazi culturali saranno diffusi, così come il verde. Il progetto non ha gerarchie, non è detto che in alto ci saranno le condizioni di vivibilità migliori», spiega Massimiliano Fuksas.

I metri quadri di verde, diversificato per quote, sanno 5,3 milioni, il 30% del totale costruito, una percentuale legata a richieste della committenza. I costi di realizzazione dei moduli, progettati per ospitare 250mila persone, saranno di circa 2.865 euro al mq per le residenze, 1.836 euro al mq per gli spazi commerciali e 2.938 euro al mq per le aree culturali.

Riguardo ai materiali, i progettisti hanno una certezza: niente cemento. «Vogliamo lavorare con materiali nuovi, performanti, ma sottili come una sorta di cartilagine, magari derivanti dalla ricerca di materiali naturali, prestazionali e il più possibile sottili, spaziali. A Neom è attiva una ricerca da questo punto di vista, anche rielaborando e ingegnerizzando materie prime locali».

Tante le tecnologie che puntano a rendere i moduli e la città a impatto zero: il materiale di scarto verrà trasferito all’interno di una collection station e poi trasportato all’esterno attraverso la rete ferroviaria sotterranea. Ciò che potrà essere riciclato verrà trasferito in un hub (uno ogni tre moduli), per essere trattato e re-immesso in circolo. Le acque reflue verranno stoccate in serbatoi e, tramite digestione anaerobica, trasformati in biocarburante. L’acqua circolerà attraverso zone umide verticali che hanno varie funzioni: assorbimento di inquinanti atmosferici, raffrescamento e ventilazione passivi, fitodepurazione. Tutto si autoalimenterà: l’energia eolica e solare, attraverso cui ottenere idrogeno verde, sarà prodotta tutto l’anno. Su richiesta, si potrà utilizzare il sistema Seawater air conditioning (Swac), che si basa sullo sfruttamento delle acque fredde oceaniche per climatizzare gli edifici. Il design è in grado di raggiungere le certificazioni Leed for cities and communities Platinum; Leed zero energy e Well communities Platinum.

Tempistiche e progetti paralleli

A settembre si entrerà nella terza e ultima fase di definizione progettuale. «In parallelo – spiega l’architetto – stiamo lavorando, insieme ad altri studi, a un progetto che si svilupperà intorno a The Line. Strutture leggere, che ospiteranno spazi di accoglienza, ristorativi o destinati alle strutture ricettive, piccoli resort integrati nella natura come architetture leggere ben inserite nel paesaggio».

Le controversie

The Line fa parte del progetto Neom, uno dei più discussi e avveniristici del momento. Il direttore esecutivo di The Line, Giles Pendleton, ha recentemente dichiarato ad Al Arabiya che la città è a un quinto del suo completamento e il primo quartiere, l’Hidden Marina, dovrebbe essere operativo entro il 2030. Di pari passo, si continua a discutere sulla sostenibilità ambientale e sociale del progetto, dall’impatto su un territorio vergine alle controversie legate allo sgombero dei residenti storici dell’area, la tribù Huwaitat. Dal canto loro, gli sviluppatori presentano The Line come un nuovo punto di arrivo in termini di prosperità, vivibilità, conservazione ambientale. Il 2030 è vicino è non resta che continuare a tenere alta l’attenzione.

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