Niger, Francia ritira truppe e ambasciatore. I golpisti: momento storico
Il presidente francese annuncia l’uscita di scena dei 1.500 militari dispiegati da Parigi. La giunta aveva fissato un ultimatum a inizio mese
di Alberto Magnani
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Il presidente francese Emmanuel Macron ha confermato il 24 settembre che Parigi ritirerà le sue truppe e l’ambasciatore dal Niger, il Paese saheliano reduce dal golpe che ha spodestato l’ex leader eletto Mohamed Bazoum a fine luglio 2023.
La giunta salita al potere con il colpo di Stato esulta e parla di un «momento storico», una «nuova tappa» verso la sovranità di Niamey rispetto alle ingerenze contestate agli occidentali. La Francia dispiega attualmente 1.500 militari nel Paese, ritenuto fino a qualche mese fa una delle ultime ancora di stabilità in una regione protagonista di quattro golpe solo fra 2020 e 2022 in Mali e Burkina Faso. «Le forze imperialiste colonialiste non sono più le benvenute» hanno dichiarato i golpisti in una nota.
Il pressing dei golpisti. Via anche l’ambasciatore
Il ritiro dovrebbe completarsi entro l’anno, accodandosi all’uscita di scena dei militari francesi vissuta proprio in Mali e Burkina Faso. Lo strappo annunciato da Macron rappresenta un’inversione di rotta rispetto alla linea mantenuta inizialmente da Parigi, decisa a mantenere il suo presidio su Niamey e respingere l’ultimatum dei golpisti per una smobilitazione del suo contingente entro l’inizio di settembre 2023.
L’Eliseo si è sempre rifiutato di riconoscere l’autorità del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria, come si è auto-ribattezzata la giunta militare, chiedendo il ripristino di Bazoum e ignorando le pressioni dei militari. Il dietrofront è arrivato dopo che i golpisti hanno chiuso lo spazio aereo ai voli commerciali francesi, il suggello di una clima di ostilità contro «individui e istituzioni» che «minacciano i piani e gli interessi» del Niger.
L’esodo delle truppe si accompagna al rimpatrio dell’ambasciatore Sylvain Itté e di «diversi diplomatici» operativi nel Paese, ha sottolineato Macron, ammettendo che non ci sono più i margini per «collaborare» contro le violenze terroristiche della regione. A farne le spese, per ora, sembrano essere anche le attività economiche sotto la sfera di influenza di Parigi. L’agenzia Associated Press riferisce che anche il gruppo francese del nucleare Orano ha interrotto le sue attività di lavorazione dell’uranio nei siti nigerini, ostruite dalle sanzioni inflitte finora ai golpisti. L’Ecowas, la comunità delle economie dell’Africa occidentale, ha approvato un pacchetto di ritorsioni che include il taglio delle forniture elettriche dalla Nigeria, origine del 70% della corrente consumata a Niamey. L’altra minaccia è quella di un intervento militare, rimasto nell’aria fin dall’inizio del conflitto.
La girandola di golpe nel Sahel
La smobilitazione militare e diplomatica della Francia apre nuove interrogativi sulla regione saheliana, diventata il cuore di un circolo vizioso fra violenze jihadistiche e l’ascesa di giunte militari ostili agli ex coloni francesi. Il processo del Niger ricalca quello già visto a Bamako e Ouagadougou, le capitali di Mali e Burkina Faso, dove i militari si sono insediati con rivendicazioni simili e hanno premuto - con successo - per l’estromissione delle missioni occidentali sul territorio.
Il crollo del Niger priva i governi Ue e gli Usa di un interlocutore ritenuto affidabile, l’ormai ex presidente Bazoum, vanificando gli investimenti miliardari in operazioni di peacekeeping attuati su scala nazionale ed europea. La regione subsahariana sta assistendo a quello che l’Ecowas ha ribattezzato come un nuovo «contagio autocratico», sotto forma di colpi di Stato usciti dai confini dell’emergenza saheliana. L’ultimo, l’ottavo in Africa dal 2020, si è consumato in Gabon a fine agosto 2023, con la destituzione del presidente Ali Bongo. Nel suo caso hanno inciso più le fragilità economiche dell’instabilità terroristica, crisi che non sembra essersi ancora propagata nel Paese. Ma il nesso in comune era la vicinanza della sua dinastia famigliare alla ex colonia che sta perdendo la sua sfera di influenza nel Continente, la Francia.
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