Niger, nasce Consiglio di resistenza per ritorno di Bazoum. Ecowas si riunisce giovedì
Scaduta la settimana di tempo fissata dall’Ecowas per il ripristino dell’ordine costituzionale e del presidente Bazoum. Per ora non scatta l’intervento militare
di Alberto Magnani
I punti chiave
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Ancora fibrillazioni in Niger, il paese saheliano reduce dal golpe dello scorso 26 luglio. L’ultimo sviluppo è la nascita di un «Consiglio di resistenza per la Repubblica (Crr)», un organismo che cercherà di riportare al potere «con tutti i mezzi necessari» Mohamed Bazoum: il presidente deposto con un blitz nato dai vertici della sua guardia privata, guidato dal generale e attuale successore Tchiani.
L’annuncio è arrivato da un ministro dell’amministrazione scalzata dai golpisti, Rhissa Ag Boula, mentre proseguono i tentativi di risoluzione diplomatica del conflitto. I membri dell’Ecowas, l’organizzazione dei Paesi dell’Africa occidentale, si incontreranno giovedì 10 agosto nella capitale della Nigeria, Abuja, per un confronto sull’escalation a Niamey.
L’ultimatum fallito dell’Ecowas e l’invio di truppe nigerine
Lo scorso 6 agosto è scaduto l’ultimatum fissato proprio dall’Ecowas per il ripristino dell’ordine costituzionale. Il blocco di Paesi dell’Africa occidentale aveva minacciato di fare ricorso alla forza in caso di mancato re-insediamento dello stesso Bazoum, paventando un attacco alla giunta guidata dal generale Tchiani. Il blitz non si è poi poi materializzato, complice la frenata di una potenza locale come la Nigeria.
Il neo-presidentedi Abuja Bola Tinubu aveva chiesto al Senato consenso a un intervento militare su traino dell’esercito nigeriano, forte di un bacino di oltre 200mila uomini, ottenendo il rifiuto della Camera Alta e l’invito a insistere su una risoluzione diplomatica. La linea è simile a quella ribadita dai governi occidentali, inclusa l’Italia, sfavorevoli a un intervento militare che pregiudicherebbe gli equilibri del Paese.
La tensione resta, comunque, ai massimi. Il 7 agosto le autorità militari del Niger hanno inviato ulteriori truppe nelle zone di confine con la Nigeria e il Benin, ha riferito il canale televisivo Al Arabiya, citato dalla Tass. I rinforzi sono stati inviati in seguito a una decisione del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (l’autorità centrale dopo il colpo di Stato), ha dichiarato il canale. I ribelli che hanno preso il potere in Niger hanno imposto il divieto di volo nello spazio aereo nazionale.
Nel pomeriggio di domenica migliaia di sostenitori dei militari al potere si sono radunati in uno stadio della capitale Niamey per manifestare sostegno ala giunta, mentre è giallo sul destino dello stesso Bazoum. Il New York Times scrive che si troverebbe «senza acqua né elettricità».
Cancellati accordi con Francia, flop della delegazione Ecowas
Il Niger è arrivato al giorno del verdetto in un clima sempre più nervoso, dopo gli ultimi strappi con i Paesi occidentali e il naufragio delle trattative tentate finora. Il «Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria», come si è ribattezzata la giunta, ha annunciato nella mattinata del 5 agosto la cancellazione degli accordi militari con la Francia: un colpo agli ex coloni e al loro dispiegamento di 1.500 soldati in quello che veniva descritto come ultimo «bastione» di stabilità dopo i colpi di Stato in Burkina Faso e Mali. Il ministero degli Esteri francese ha replicato che solo le «legittime autorità» nigerine possono rescindere le intese siglate bilateralmente, tornando a chiedere il ritorno al potere di Bazoum.
Non è andata meglio sul versante negoziale, coltivato - senza esiti - fin dal blitz dello scorso 26 luglio. La delegazione inviata dall’Ecowas a metà settimana è tornata sui suoi passi senza nessun incontro con il generale Tchiani né con il presidente deposto Bazoum, ricomparso con un editoriale a sua firma sul Washington Post. Nel commento sulla testata americana, Bazoum condanna gli effetti «devastanti» del golpe e il rischio del taglio di aiuti internazionali pari a oltre il 40% del budget nigerino. È difficile che venga ascoltato, mentre la giunta militare fa quadrato contro le misure ritorsive varate dall’Ecowas: la più drastica è il taglio dell’elettricità venduta dalla Nigeria, origine del 70% della forniture energetiche a beneficio di Niamey.
Le forze (potenziali) in campo
La giunta ha revocato il coprifuoco e non sembra disposta a cedere alle «minacce» che giungerebbero dall’esterno. Il riferimento è all’ultimatum fissato dall’Ecowas, fronteggiato da una replica altrettanto chiara dei golpisti: qualsiasi intervento produrrà una «risposta immediata e senza preavviso» del Niger, ha detto ieri il portavoce del nuovo «Consiglio» di Niamey. Non è chiaro quali siano i margini effetti di un intervento, né la fisionomia dell’esercito in rappresentanza dell’Ecowas. Di certo lo scenario si è reso più concreto il 4 agosto, quando il presidente nigeriano e attuale presidente della comunità Bola Tinubu ha informato il Senato di una possibile «azione militare» contro i golpisti.
La Nigeria può contare su un bacino potenziale di oltre 200mila militari e ha incassato il sostegno - teorico - di Costa d’Avorio, Ghana e Senegal, mentre il Chad si è già defilato dall’operazione. Francia e Ue si sono schierate a fianco degli «sforzi» dell’Ecowas, con l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell che invoca un «ritorno immediato all’ordine costituzionale».
I golpisti godrebbero dell’appoggio delle altre giunte militari nella regione, con Burkina Faso e Mali affiancati nel reputare un «atto di guerra» qualsiasi ingerenza su Niamey. La speranza espressa su scala internazionale resta quella di un accordo, con ipotesi sui compromessi dell’ultima ora per evitare un conflitto che esaspererebbe le crisi di povertà e instabilità intrecciate nella regione. Un colpo, definitivo, agli equilibri del Sahel.
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