Nobel dell’Economia a Claudia Goldin per gli studi di genere
Claudia Goldin ha vinto il premio Nobel per l’Economia 2023 per i suoi studi sul mercato del lavoro femminile. È la terza donna premio Nobel per l’Economia, la prima a vincerlo da sola, la prima per gli studi di genere, a cui ha dedicato la sua intera vita professionale. Non è solo un premio per lo straordinario lavoro di una studiosa, ma un riconoscimento che l’analisi delle differenze di genere, delle cause e persistenze di una delle più accentuate forme di disuguaglianza passate e presenti è un tema centrale per l’economia, una dimensione chiave per comprendere le più importanti trasformazioni socio-economiche del nostro mondo.
di Paola Profeta
4' di lettura
Claudia Goldin ha vinto il premio Nobel per l’Economia 2023 per i suoi studi sul mercato del lavoro femminile. È la terza donna premio Nobel per l’Economia, la prima a vincerlo da sola, la prima per gli studi di genere, a cui ha dedicato la sua intera vita professionale. Non è solo un premio per lo straordinario lavoro di una studiosa, ma un riconoscimento che l’analisi delle differenze di genere, delle cause e persistenze di una delle più accentuate forme di disuguaglianza passate e presenti è un tema centrale per l’economia, una dimensione chiave per comprendere le più importanti trasformazioni socio-economiche del nostro mondo.
L’aumento della partecipazione delle donne al mondo del lavoro è una delle trasformazioni principali dell’ultimo secolo. I tassi di occupazione femminili sono più che triplicati nell’ultimo secolo, a fronte di valori costanti di quelli maschili. Tuttavia ancora oggi solo il 50% delle donne nel mondo lavorano, mentre la percentuale di uomini occupati è l’80 per cento. Quando lavorano, le donne sono pagate meno degli uomini – la differenza si attesta mediamente intorno al 13% nei Paesi Ocse – e difficilmente arrivano alle posizioni apicali. Perché? Quali sono le cause profonde e persistenti di questa disuguaglianza?
Il tema è importante, perché non si tratta solo di equità, ma anche di efficienza. Se le donne partecipano meno degli uomini al mercato del lavoro, si crea una perdita di talenti, di competenze e di lavoro e si riducono gli incentivi al lavoro di altre donne. Allocare in modo efficiente
il lavoro permette invece
di non incorrere in costi economici sostanziali.
Per rispondere alla domanda, Claudia Goldin ha compiuto un’analisi storica dettagliata dei divari di genere negli ultimi 200 anni di storia degli Stati Uniti. Goldin rivela l’esistenza di una relazione a U nell’evoluzione del lavoro femminile nel tempo, con tassi più elevati nel periodo pre-industriale rispetto al periodo dell’industrializzazione, quando per le donne sposate combinare lavoro fuori casa e famiglia diventa più difficile. La fase successiva è caratterizzata da un nuovo aumento dell’occupazione femminile grazie alla domanda di lavoro nel settore dei servizi, all’investimento delle donne in istruzione, al progresso tecnologico, all’introduzione della pillola anticoncezionale
che permette di controllare le nascite, al cambiamento di aspettative delle donne stesse riguardo le loro carriere future.
Non basta quindi la crescita economica per ridurre le differenze di genere nel mercato del lavoro – una lezione dalla storia che vale soprattutto oggi. Altri fattori diventano fondamentali: il contesto familiare (matrimonio e figli), le opportunità di combinare lavoro e famiglia, i progressi tecnologici, la trasformazione strutturale dell’economia ci permettono di comprendere le origini e il persistere dei divari di genere sul mercato del lavoro.
Due le parole chiave che si intersecano nei suoi studi sul ruolo del lavoro femminile come cambiamento epocale: “lavoro” e “evoluzione”. La dimensione lavorativa – tradizionalmente utilizzata per definire l’identità maschile – entra come elemento fondante nell’identità femminile in una relazione che continua ad evolvere. Il lavoro e la carriera diventano una componente importante nella vita delle donne e in continua evoluzione, seguendo i cambiamenti delle scelte di istruzione, delle relazioni familiari, dei rapporti culturali e sociali. In un famoso contributo del 2006, Goldin riassume in tre concetti la relazione tra lavoro e genere e la sua evoluzione nel tempo, che emerge dalla sua analisi storica: “orizzonte”, “identità” e “decisione”.
Tradizionalmente, gli uomini hanno da sempre adottato un orizzonte di lungo periodo nel considerare l’impatto delle proprie scelte di istruzione sul lavoro, si sono identificati con la propria occupazione, professione, carriera e hanno preso decisioni di lavoro indipendentemente dal proprio partner. Le donne hanno per secoli fatto il contrario: scelte di istruzione senza una prospettiva lavorativa di lungo periodo (interrotta di solito con il matrimonio), identità basata sulla famiglia e decisioni lavorative “secondarie”, adattate alle scelte del partner, il lavoratore principale. La “rivoluzione silenziosa” si fa avanti quando queste relazioni saltano di fronte al ruolo più importante che le donne assumono sul mercato del lavoro. Le donne si aspettano di restare al lavoro dopo il matrimonio e tornare dopo la nascita dei figli, quindi investono in istruzione con questa aspettativa di lavoro di lungo periodo, un lavoro che diventa parte della loro identità e delle loro scelte prima di quella di formare una famiglia e avere figli e indipendente da quella
dei loro compagni.
Ovviamente la rivoluzione silenziosa è ancora incompiuta in molte società attuali, dove le donne sono sì più istruite degli uomini, ma spesso smettono di lavorare alla nascita del primo figlio e la condivisione del lavoro domestico e del lavoro di cura tra madri e padri resta limitata.
La penalizzazione delle madri sul mercato del lavoro, secondo la ricostruzione di Goldin, è responsabile della maggior parte delle differenze di genere sul mercato del lavoro, nonostante le legislazioni esistenti. Goldin sottolinea come parte di questa penalizzazione dipende dalla natura dei lavori contemporanei, che richiedono una presenza costante sul lavoro e una disponibilità continua. Molto complicato fare carriera o avere guadagni elevati per le donne in questo contesto. L’ultimo capitolo – secondo Goldin – della grande convergenza di ruoli tra uomini e donne sul lavoro è quindi la flessibilità, di orari, luoghi e ruoli di lavoro. Più facile la parità nei lavori che non richiedono
di lavorare fino a tardi, né con agende imprevedibili e in cui le persone possono essere facilmente sostituite da altri componenti di uno
stesso team. Una flessibilità che la tecnologia potrebbe rendere poco costosa. Forse la pandemia in questo ha un po’ aiutato.
Come ultima nota ricordo il famoso esperimento co-autorato con Cecilia Rose, che prescinde dalle analisi citate nelle motivazioni del Nobel, ma ha modificato la nostra conoscenza e spesso anche la pratica dei processi di selezione: mettendo uno schermo in mezzo tra la commissione esaminatrice e i musicisti candidati a far parte delle orchestre durante le audizioni, il numero di donne selezionate è aumentato in modo significativo.
I processi di selezione non sono neutrali rispetto al genere e qualche accorgimento, anche semplice, può essere potentissimo per ristabilire una scelta più equa e più efficiente.
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