IL PREMIO

Nobel, ecco come funzionano e perché quasi 1 su 2 va agli Usa

di Alberto Magnani

(AP)

4' di lettura

Il più giovane, anzi, la più giovane premio Nobel è stata Malala Yousafza: l'attivista pakistana insignita all’onorificenza per la Pace quando aveva 17 anni. Il più anziano Leonid Hurwicz, premiato all’Economia nel 2007 a 90 anni insieme a Eric Maskin e Roger Myerson per la teoria del mechanism design (il disegno dei meccanismi istituzionali). Sullo sfondo si è arrivati a quasi 600 premi, oltre 900 vincitori e cinque diverse categ0rie, diventate sei nel 1968, quando la Banca centrale svedese decise di aggiungerne uno all’economia.

Istituito nel 1901 secondo le volontà di Alfred Nobel, il chimico svedese che ha inventato la dinamite, il premio è il riconoscimento che viene conferito ogni anno alle figure che hanno conseguito i risultati più significativi nel proprio settore (o «prodotto il più grande beneficio al genere umano», come scrisse lo stesso Nobel nelle sue volontà). Ma come funziona? Ed è davvero un premio «oggettivo» alla ricerca?

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Quanti sono e come vengono assegnati i Nobel
I premi Nobel vengono assegnati dalla Nobel Foundation, una fondazione di diritto privato che è registrata a Stoccolma ma svolge attività anche a Oslo (Norvegia). Le categorie originali sono fisica, chimica, medicina, letteratura e pace. Nel 1968 la Banca centrale svedese (Sveriges riksbanks) ne ha istituito uno anche per l’economia, riconosciuto a posteriori come premio «alla memoria di Alfred Nobel» e ricompreso sotto l’ala della fondazione. Ad oggi, secondo dati fermi al 2016, sono stati conferiti 597 premi a 911 laureati.

Il processo di selezione si svolge in maniera abbastanza simile per le varie discipline. Nel settembre dell’anno precedente al premio una commissione invia a un certo numero di personalità (in genere 3mila, ma si scende a circa 600 nel caso della letteratura) la richiesta di indicazione di un «candidato» ritenuto meritevole. Il bacino di figure interpellate può attingere, a seconda dei casi, tra soci della stessa Royal academy svedese, ex Nobel, docenti nelle università dei Paesi scandinavi (Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Islanda) e accademici internazionali distribuiti su più Paesi. La Commissione preposta fa una scrematura sulle varie figure nominate, sottoponendo i nomi alla valutazione di un gruppo di esperti. In base ai loro pareri si realizza un report e si procede alla votazione del “vincitore”, che viene annunciato in ottobre e premiato a dicembre. La premiazione avviene sempre a Stoccolma, con un’unica eccezione (vedi sotto).

Le differenze tra commissioni
Il verdetto passa per commissioni e, a volte, numeri diversi. Ad esempio nel caso di fisica, chimica ed economia la selezione è affidata alla Royal Swedish Academy of Science, composta in partenza da cinque membri (anche se col tempo si sono aggiunti componenti addizionali in fase di voto). L’assegnazione del Nobel alla medicina è responsabilità del Nobel Assembly del Karolinska Institutet di Stoccolma, formato da 50 membri; quello della letteratura è stabilito dal parere della Swedish Academy , formata da 18 rappresentanti; il premio per la Pace è assegnato dalla Norwegian Nobel Committee (cinque membri) ed è l’unico ad essere consegnato a Oslo.

Quanto si vince, chi vince. Stati Uniti al top: 265 premi
Ogni premio consiste in una medaglia, un diploma e un premio in denaro, con importi che variano di anno in anno. Per il 2017 la cifra prevista è 9 milioni di corone svedesi, pari a circa 944mila euro. Su scala internazionale, la geografia dei premi è schiacciata - di fatto - su tre Paesi: Stati Uniti (265), Regno Unito (84, ma non si tengono in conto i 5 dell’Irlanda del Nord) e Germania (63), per un totale di 412 Nobel in tre. L’Italia si ferma a 20 “laureati”, l’ultimo dei quali è stato il genetista Mario Capecchi nel 2007. Che però vive negli Stati Uniti da quando ha 8 anni ed è naturalizzato cittadino americano.

Le critiche: pareri soggettivi. Perché l’Italia ne “vince” pochi
«I premi Nobel sono importanti ma sono dei premi, assegnati con criteri soggettivi. Teniamone conto». Pierdomenico Perata, rettore della Scuola Superiore Sant’Anna, invita a considerare il «peso specifico» dell’onorificenza , a partire dalla sua origine: una selezione svolta da una fondazione di diritto privato, con soldi e criteri propri. «Va detto che è raro che i Nobel “sbaglino”, almeno nelle discipine scientifiche - aggiunge Perata - Ma per le altre non è sempre vero: quante polemiche ci sono state su letteratura o per i premi alla Pace?». Anche l’equazione tra totale di Nobel e investimenti in ricerca non è sempre valida, ma resta un buon parametro di orientamento. Anche perché l’onorificenza diventa un elemento di attrazione degli investimenti, innescando una dinamica abbastanza prevedibile: i Paesi che vantano più Nobel continuano a “guadagnarne”, come nel caso degli Usa o del Regno Unito; quelli che ne contano pochi fanno fatica a sbloccarsi dalle «periferie» della classifica.

L’Italia, ad esempio, resta comunque nella top 10, ma fa fatica ad emergere. «Finché investiamo percentuali ridicole del Pil in ricerca e formazione, che cosa vogliamo fare? - dice Perata - Forse però dovremmo concentrarci sul fatto che facciamo scappare gli scienziati, non che vinciamo pochi Nobel». E qui si reinnesca una questione già nota: la scarsa capacità del sistema italiano di attrarre risorse qualificate o, viceversa, di conservare le proprie con condizioni più appetibili. Secondo Marco Ottaviani, professore alla Bocconi, «non è solo una questione di finanziamenti alla ricerca, ma di come vengono trattati i ricercatori in generale - spiega - A volte, con le retribuzioni che ci sono, non ci si può neanche “permettere” di restare qui. Prima di pensare ai premi».

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