Nobel per la Pace all’attivista iraniana Narges Mohammadi
La vincitrice, vicepresidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, è ancora in carcere
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Il Premio Nobel per la Pace 2023 è stato assegnato all’attivista iraniana per i diritti delle donne Narges Mohammadi. Vice presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016, Mohammadi è ancora in prigione. Il comitato afferma che ha ricevuto il premio per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per i suoi sforzi nella promozione dei diritti umani e della libertà per tutti.
Il comitato per il Nobel, assegnando il premio per la pace, ha affermato che «la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate». Mohammadi si trova nel famigerato carcere di Evin e il comitato ha espresso l’auspicio che l’Iran rilasci l’attivista.
Ha svolto il ruolo di vicepresidente del Defenders of Human Rights Center (DHRC) in Iran, un’organizzazione guidata dal premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, che si adopera per la riforma dei diritti umani e rappresenta prigionieri politici e prigionieri di coscienza nei procedimenti legali
Mohammadi è stata anche una sostenitrice attiva della campagna contro la pena di morte in Iran, tenendo conto che anche battersi contro la pena di morte è un reato in Iran.
Il suo impegno in favore dei diritti umani l’ha vista più volte nel mirino delle autorità iraniane. È stata arrestata e condannata in diverse occasioni, e le sue sentenze hanno spesso attirato l’attenzione internazionale. Per esempio, è stata arrestata nel 2015 e condannata a dieci anni di carcere con l’accusa di “fondazione di un gruppo illegale”.
Dopo essere stata rilasciata nel 2020, avendo scontato otto anni di una precedente condanna, è stata nuovamente arrestata meno di sei mesi dopo e condannata a 30 mesi di carcere e 80 frustate per nuove presunte accuse di propaganda e diffamazione. Il suo impegno incessante per la difesa dei diritti umani è stato riconosciuto a livello internazionale anche prima del Premio Nobel per la Pace 2023. Nel 2011, per esempio, è stata premiata con il Per Anger Prize dal governo svedese per il suo lavoro nel campo dei diritti umani.
La sua vittoria del Premio Nobel per la Pace 2023 segna un ulteriore riconoscimento del suo impegno per i diritti umani e la lotta per la giustizia, nonostante le sfide e le repressioni personali che ha dovuto affrontare nel suo paese d’origine.
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