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Nobre e Floridi: «Il cervello è più ricco di ogni luogo artificiale»

Un dibattito per scoprire come quest'organo assegni le priorità e selezioni le informazioni dal flusso sensoriale e dai ricordi nelle diverse scale temporali

di Paolo Bricco

2' di lettura

«Noi siamo con la mente a metà strada fra il cane che, è sempre qui e ora, e il matto che crede di essere Napoleone ed è sempre altrove. Siamo, come essere umani, una rottura del sistema».

Luciano Floridi, classe 1964, insegna filosofia ed etica dell'informazione ad Oxford, dove dirige il Digital Ethics Lab. La natura e la cultura, l'evoluzione della tecnologia e i nuovi significati del reale. Tutto questo all'interno del processo della modernità e della postmodernità.

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In una sala Depero della Provincia di Trento affollata da un pubblico composto anche da giovani e giovanissimi, la giornalista Rai Barbara Carfagna ha intessuto un dialogo con Floridi e con Kia Nobre, neuroscienziata brasiliana che insegna anche lei a Oxford, dove guida il Brain & Cognition Lab, un centro di ricerca in cui venticinque borsisti post dottorato lavorano sul funzionamento, neurobiologico e culturale, del cervello, cercando di scoprire come quest'organo assegni le priorità e selezioni le informazioni dal flusso sensoriale e dai ricordi nelle diverse scale temporali, formando l'esperienza psicologica e determinando il comportamento.

Nel dialogo pubblico - fra Nobre e Floridi - non è mancata la parte divertente e personale (i due sono sposati). E, nonostante la naturale brevità dell'incontro, si è provato – in maniera vivace – a costruire un piccolo vocabolario dei nuovi significati. Partendo dalla differenza fra mente e cervello («spesso a casa discutiamo e, anche sugli elementi basilari, non sempre siamo d'accordo», dice Nobre) e arrivando al mutamento della realtà e della percezione, della memoria e della cultura operato dal digitale.

Il digitale ha una componente estrema e radicale e una componente profonda e strutturale. La componente estrema e radicale è costituita dal metaverso. «È vero che il metaverso è all'inizio – nota Nobre – ma è altrettanto vero che il cervello umano è un interfaccia notevolmente più ricco, prezioso e articolato di qualunque “luogo” e “mezzo” artificiale».

La componente profonda e strutturale è, invece, rappresentata dal cambio di paradigma: «Siamo passati dalla cultura della registrazione, con gli amanuensi che per esempio decidevano che cosa riprodurre, conservare e trasmettere, alla cultura della cancellazione, perché oggi, per eccesso di memoria artificiale, siamo spesso tenuti a decidere che cosa cestinare», nota Floridi, che ricorda quanto strutturale sia la mutazione che da socio-tecnologica si fa biologico-culturale.

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