Non basta lo Stato, serve un nuovo modello di impresa
di Mauro Del Barba e Giovanni Valotti
3' di lettura
Covid-19 ed i mesi di blocco totale di molte attività hanno drammaticamente evidenziato la fragilità e le contraddizioni di un sistema economico-sociale messo sotto stress da una situazione di grande emergenza. Nell’immediato, la strategia messa in atto per governare la crisi e assicurare una ripartenza passa attraverso un forte rilancio dell’intervento pubblico dopo anni in cui, non va dimenticato, in molti hanno teorizzato la superiorità della “mano invisibile” del mercato.
Tuttavia, così come era forse sbagliato sottovalutare in passato il ruolo del pubblico a sostegno dell’economia, sarebbe altrettanto illusorio oggi pensare che il pubblico possa farcela da solo. Per quanto lo Stato si attivi attraverso aiuti, incentivi, finanziamenti, sgravi fiscali ed ingenti investimenti, anche le imprese dovranno fare la loro parte.
Questo rende di grande attualità un dibattito da tempo in corso sulla cosiddetta responsabilità sociale d’impresa.
Senza mettere in discussione il fine di profitto e la creazione di valore per gli azionisti, sempre più acquisirà rilevanza la capacità delle imprese di generare valore per tutti gli stakeholder, contribuendo alla promozione e alla salvaguardia di beni ed interessi collettivi.
In questa direzione, un passo avanti importante è rappresentato dal crescente sviluppo delle cosiddette Benefit Corporation. Le Società Benefit sono un fenomeno in grande crescita e sono ormai diffuse in 35 Stati USA, in Sud America e dallo scorso anno in Francia con le “entreprise à mission”. L’Italia, una volta tanto, ha un ruolo di pioniera in Europa, avendo introdotto la forma giuridica della Società Benefit sin dal gennaio 2016. Oggi operano nel nostro paese oltre 500 Società Benefit.
Queste società rappresentano una profonda innovazione del concetto stesso di impresa, introducendo giuridicamente lo scopo duale: a quello tradizionale di produrre e distribuire utili agli azionisti, si aggiunge un secondo scopo di beneficio comune sociale e ambientale.
Ciò comporta una governance differente che persegua entrambi gli obiettivi e una gestione più allargata e responsabile che, oltre a misurare il valore economico prodotto, valuti l'impatto operato sulla società e ne renda conto in modo trasparente.
In altri termini, così come a partire dagli SDGs molti stati perseguono l’obiettivo della sostenibilità, anche attraverso l'inserimento dello stesso in Costituzione, lo scopo “duale” delle Società Benefit assegna analogo compito alle imprese.
Del resto a livello internazionale questo fenomeno è chiaramente in atto e ne sono solo alcuni esempi il Green Deal europeo con il piano di Finanza Sostenibile e il recente Regolamento sulla Tassonomia, lo sviluppo degli investimenti responsabili, i crescenti obblighi di rendicontazione non finanziaria.
L’Italia, dal canto suo, avrebbe ed ha un vantaggio competitivo nella trasformazione sostenibile dell’economia, dovuto alla tradizione della sua impresa ancora radicata sul territorio, attenta agli stakeholder, naturalmente solidale e aperta al futuro, spesso per mentalità derivante da una governance “familiare”.
Si pensi poi all'importanza nel nostro Paese di tutte quelle imprese, private pubbliche o miste, che si occupano di settori ad alto impatto ambientale e sociale come l’acqua, l’energia o i rifiuti, le cosiddette utilities. Queste imprese nascono, hanno ragione di esistere e rimangono competitive solo se producono valore per i cittadini. D’altro canto, chi le amministra, risponde della creazione di valore per i propri azionisti. Un ambito ideale, quindi, per sperimentare lo scopo duale proprio delle Società Benefit.
In sintesi, questa nuova forma di impresa si presta ad essere un asset importante di trasformazione del sistema economico- sociale del nostro Paese.
Ora si tratta, quindi, di avere la lungimiranza politica di sostenerla e renderla modello di un nuovo “made in Italy”. Serve entrare in una fase in cui il Paese Italia, che è addirittura riuscito ad inserire nella risoluzione OSCE del 2019 l'invito a tutti i 57 stati aderenti a legiferare creando le Società Benefit in ciascuno di essi, si renda consapevole di questo suo asset e lo valorizzi internamente diffondendolo tra gli operatori di mercato e rendendolo all’estero uno dei fattori principali che pongono l'impresa italiana in prima fila nella nuova economia verde, post Covid-19 o semplicemente sostenibile.
Giovanni Valotti Università Bocconi - Mauro Del Barba Assobenefit
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