Non uno ma quattro progetti, Albini Group investe in tinture e finissaggi ecosostenibili
Da Bergamo nel mondo
di Giulia Crivelli
2' di lettura
La raccolta differenziata e il riciclo saranno sempre più importanti, se davvero vogliamo passare da un modello di economia lineare a uno di tipo circolare. Ma in un mondo ideale, gli scarti quasi non dovrebbero esistere o non dovrebbero proprio essere considerati scarti.
In questa direzione, che richiede, oltre a una visione, grandi investimenti in ricerca e innovazione, si muove da anni il gruppo Albini, che a Milano Unica, la fiera del tessile che si è tenuta all’inizio di febbraio, ha presentato, accanto alle collezioni per la primavera-estate 2023, quattro progetti nati nell’ambito di Albini Next, il think tank dell’azienda dedicato alla ricerca, nato nel 2019 e situato all’interno di Kilometro Rosso, l’innovation district bergamasco. Un “laboratorio di idee” e di osmosi con altri settori in cui lavorano tre giovani ricercatrici di diverse nazionalità, alle quali, ha spiegato a Milano Unica il presidente del gruppo Stefano Albini, si aggiungeranno prossimamente altre due persone.
Proprio da una collaborazione inaspettata, quella con Riso Gallo, è nato Off the Grain, una nuova tipologia di tintura ricavata dalla lavorazione di una particolare varietà di riso nero. L’acqua di bollitura del riso, non più impiegabile per l’industria alimentare, viene recuperata e trasformata in tintura naturale, con un notevole risparmio idrico, tema attualissimo vista la siccità che sta colpendo la Lombardia e l’Italia. Un secondo progetto è Grounded Indigo, un nuovo colorante tessile naturale, nato nell’ambito della ricerca di pratiche di colorazione più responsabili nei confronti delle persone e dell’ambiente, per il quale Albini ha scelto di collaborare con Stony Creek Colors, produttore americano dell’unico indaco al mondo 100% plant-based certificato BioPreferred, programma di etichettatura volontaria garantito dallo Usda (United States department of agriculture, equivalente del nostro ministero dell’Agricoltura).
Il terzo progetto si chiama HempFeel (letteralmente, potremmo tradurre, “sentire la canapa”), che prevede l’utilizzo nella fase di finissaggio dei tessuti di un prodotto realizzato contenente olio di canapa, normalmente utilizzato nell’industria cosmetica; Albini è la prima realtà ad applicarlo su tessuti di diversi pesi, composizioni e strutture. HempFeel non contiene siliconi e dunque riduce drasticamente il rilascio di microplastiche durante i lavaggi domestici, donando inoltre ai tessuti una mano morbida e duratura nel tempo. Il tema delle microplastiche, invisibili ma potenzialmente nocive e sempre più presenti negli oceani, è, come quello della siccità, uno degli allarmi più frequentemennte sentiti negli ultimi mesi.
Il quarto progetto si chiama Re-Oxyde, innovativo sistema di tintura sostenibile, che prevede l’impiego di pigmenti inorganici a base di ossidi di ferro, ottenuti tramite riciclo di materiali ferrosi di scarto provenienti dall’industria elettrodomestica. A chi ancora pensasse che la sostenibilità sia solo un costo, si può ribattere con i conti di Albini: nel 2021 i ricavi sono saliti del 34% a 133 milioni, tuttora inferiori ai livelli pre Covid (143 milioni il fatturato 2019), ma indicativi di come, nel medio e lungo periodo, gli investimenti in sostenibilità rafforzino le basi di un’azienda, rendendola più resiliente, persino ai cigni neri come Covid e tensioni geopolitiche globali.
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