Non solo banca. Perché le Pmi cercano nuovi strumenti di finanziamento
Il modello “banca-centrico” ha prodotto, come effetti collaterali, aziende sottocapitalizzate, bassa cultura finanziaria delle Pmi e un numero ristretto di mezzi finanziari per far espandere il business
di Giuliano Gigli
3' di lettura
Sebbene il susseguirsi di eventi straordinari come la pandemia e la guerra in Ucraina renda complesso avere un quadro ben definito del loro impatto a medio e lungo termine sul mondo economico-finanziario, è comunque possibile iniziare ad analizzare alcuni nuovi fenomeni che si sono affermati negli ultimi due anni. Tra questi, spiccano le nuove forme di finanziamento (anche digitali), che si presentano come alternativa al debito bancario: strumento che ha rappresentato, fino a poco tempo fa, la principale fonte – se non l'unica – di approvvigionamento di capitali da parte delle piccole e medie imprese italiane.
Il modello “banca-centrico” ha prodotto, come effetti collaterali, aziende sottocapitalizzate, bassa cultura finanziaria delle PMI e un numero ristretto di mezzi finanziari per far espandere il business. Oggi, questo modello viene messo in forte discussione dalle piattaforme di lending, la cui diffusione ha rilanciato gli investimenti in “economia reale” a beneficio delle aziende di piccola e media dimensione.
Dal 2012 al 2021 si è assistito ad una crescita del peso della componente obbligazionaria (tra cui i minibond che permettono anche a imprese di piccolo taglio di rivolgersi in maniera diretta al mercato di capitali, acquisendo standing) e ad altri prestiti non bancari a favore di PMI e Startup, in particolare il segmento delle aziende innovative in rapida crescita.
In parallelo in questi quasi dieci anni l'ammontare dei prestiti bancari si è ridotto da 894 a 657,8 miliardi di euro, mentre i prestiti da altre società finanziarie e le obbligazioni sono passate rispettivamente da 151,1 a 208,6 miliardi di euro e da 91 a 169,5 miliardi di euro (di cui 2,2 miliardi rappresentati dai minibond). La diminuzione della somma delle tre tipologie di debito nei 10 anni (passata da 1.136,1 miliardi a 1.035,9 miliardi di euro), evidenzia inoltre il miglioramento della capitalizzazione delle imprese attraverso investimenti in equity, e la conseguente riduzione della necessità da parte di queste di ricorrere al debito. Un trend che è ancora più accentuato nelle imprese in rapida crescita.
Il segmento PMI, post pandemia, ha espresso in maniera ancora più marcata la necessità di trovare soluzioni pensate per il proprio tipo di gestione amministrativa e finanziaria, più complessa di quella di un cliente retail ma più semplice di quella di una grande impresa. A questo è dovuto il boom dei servizi fintech che proprio dall'anno della pandemia è andato crescendo. Nel 2021 i finanziamenti a PMI e startup Italiane da parte delle piattaforme fintech sono ammontati a 3,5 miliardi di euro, +60% rispetto ai 2,3 miliardi del 2020.
Ai servizi fintech si sono avvicinate anche le forme di finanziamento di Venture Debt, che garantiscono alle aziende in crescita la flessibilità necessaria in momenti di sviluppo. Dal 2018 il Venture Debt ha finanziato round di numero e di importi sempre crescenti arrivando a 75,4 Milioni di finanziato nel 2020 (Report P101 sul Venture Capital). Tra gli strumenti di Venture Debt più noti troviamo sicuramente il Fondo Rilancio Startup di CDP.
In parallelo la pandemia ha incentivato l'ingresso delle banche d'investimento nel mercato dei finanziamenti alternativi. Infatti, se nel periodo pre-pandemico il segmento delle PMI risultava troppo piccolo e rischioso per questi player, grazie al Decreto Liquidità e alle garanzie SACE e MCC le banche hanno iniziato ad erogare finanziamenti anche a PMI in crescita, garantendosi così un flusso di clientela potenziale per operazioni più strutturate.
Tale avvicinamento è ben ponderato se si considera che le PMI, in particolare quelle Innovative e le scaleup, rappresentano un asset class sempre più solida rispetto alle imprese tradizionali, grazie ad un più alto tasso di digitalizzazione, una maggior resilienza alla crisi e una maggior patrimonializzazione. Il 28° Rapporto del FCG mette in luce, infatti, come le PMI innovative abbiano un tasso di sofferenza sui prestiti erogati prossimo allo 0: lo 0,1% contro il 2,6 % della media nazionale.
La possibilità di potersi rivolgere ad interlocutori differenti quali investitori professionali e non professionali tramite strumenti come i minibond, a piattaforme Fintech e a Venture Debt, aventi diversi requisiti e parametri di finanziamento, pone le basi per una crescita delle PMI più agile e accelerata e asseconda un sempre crescente bisogno di queste imprese di un modo di fare debito più vicino alle loro esigenze. L'incremento di risorse a disposizione, sebbene rappresenti un vantaggio per l'imprenditore, d'altra parte richiede loro nuove competenze: di saper dialogare con interlocutori finanziari differenti e saper scegliere la migliore strategia tra le varie – e molto spesso nuove - fonti finanziarie disponibili.
Founder e Ceo di Blue Ocean Finance
- Argomenti
- piccola e media impresa
- Ucraina
loading...