Primo sì alla Camera al taglio dei parlamentari. La mini-riforma in 5 punti
Il sì alla riforma fortemente voluta dal M5s che taglia di 345 unità il numero dei parlamentari è subordinata, per il Pd e Leu, a una serie di piccole modifiche costituzionali di garanzia, dalla formazione di circoscrizioni pluriregionalie non più solo regionali alla sfiducia costruttiva
di Emilia Patta
3' di lettura
«Occorre ricordare che il programma di Governo prevede che l’approvazione definitiva della riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari sia accompagnata contestualmente da un percorso per incrementare le opportune garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale». A ricordare che il sì alla riforma fortemente voluta dal M5s che taglia di 345 unità il numero dei parlamentari è subordinata, per il Pd e Leu, a una serie di piccole modifiche costituzionali di garanzia è il deputato della sinistra Federico Fornaro.
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Che con il capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali Stefano Ceccanti sta tenendo i contatti con il M5s per la presentazione di uno o più testi condivisi: l’idea è quella di una mini-riforma in 5 punti che si può inserire in tutto o in parte nel Ddl bipartisan già approvato in prima lettura dalla Camera nel luglio scorso che estende il voto ai diciottenni anche per l'elezione del Senato parificando così gli elettorati delle due Camere. Ora è corsa contro il tempo per presentare il testo prima dell'ok definitivo al taglio del numero dei parlamentari previsto in Aula alla Camera per il 7/8 ottobre.
Eccoli, i cinque punti che attendono solo il via libera politico dei leader dei partiti: in primis avvicinare il sistema elettorale del Senato a quello della Camera consentendo con la modifica dell'articolo 57 della Costituzione la formazione di circoscrizioni pluriregionali e non più solo regionali («il Senato della Repubblica è eletto sulla base di circoscrizioni regionali o pluriregionali»), dal momento che la riduzione dei seggi rischia di comprimere troppo il pluralismo nelle regioni medio-piccole consentendo di fatto l'elezione dei soli senatori del primo partito o coalizione. Si ricorderà l'effetto lotteria dei premi di maggioranza regionali del Porcellum: una limitazione, quella del sistema elettorale su base regionale, che rischia di produrre maggioranze diverse tra le due Camere con qualsiasi legge elettorale.
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Il pacchetto prevede poi di equiparare alla Camera non solo l'elettorato attivo del Senato (portandolo da 25 a 18 anni) ma anche quello passivo (portandolo da 40 a 25). Si ragiona inoltre sull'opportunità di far partecipare i presidenti di Regione alle sedute del Senato quando si esaminano questioni relative alla richiesta di autonomia differenziate e di valorizzare il Parlamento in seduta comune prevedendo che sia riunito per la fiducia iniziale ai governi e per la sfiducia costruttiva (altra novità da introdurre in Costituzione come deterrente per le crisi di governo). Occorre infine ridurre i delegati regionali per l'elezione del presidente della Repubblica in misura analoga alla riduzione dei parlamentari.
Un pacchetto di modifiche “mini”, certo, ma che cambiano gli articoli 57, 58, 83 e 94 della Costituzione e che dunque necessitano di una blindatura politica per poter arrivare a buon fine. Il taglio del numero dei parlamentari comporta poi cambiamenti nei regolamenti parlamentari, se non altro per adeguare i numeri delle commissioni e dei gruppi parlamentari al minor numero di eletti.
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Resta il nodo, grosso come una casa, della riforma della legge elettorale. L'accordo tra M5s e Pd è di occuparsene più in là, a ridosso della fine della legislatura, per non dare a chicchessia la pistola carica per andare a elezioni anticipate. Si confida sul fatto che a gennaio la Corte costituzionale boccerà il quesito pro-maggioritario a turno unico presentato da 8 regioni a guida centro-destra: se così non dovesse essere, M5s e Pd sono pronti ad approvare una legge elettorale in corner (l'ipotesi al momento più probabile è un proporzionale con sbarramento al 5%) per far saltare il referendum.
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