gli esami sierologici

Non solo tamponi. Caccia al virus tra screening di massa e test per i lavoratori

L’idea è ricorrere a kit diagnostici rapidi per capire chi ha sviluppato gli anticorpi in modo da avere il polso reale della diffusione del contagio e capire quali soggetti hanno sviluppato l’immunità per tornare a lavoro

di Marzio Bartoloni

Coronavirus, tamponi drive-in: i test si fanno in auto

2' di lettura

Non solo i classici tamponi che indicano con quasi assoluta certezza l’eventuale positività al Covid. Tamponi che però sono più difficili da “processare” e con tempi molto più lunghi. Nella seconda fase della caccia al virus si punterà appena sarà possibile su screening su larga scala sulla popolazione utilizzando test rapidi sierologici, che indichino cioè chi ha sviluppato anticorpi al coronavirus, per avere il polso reale della diffusione del contagio. Ma i test rapidi potranno servire anche per capire quali soggetti hanno sviluppato immunità al virus e possono dunque per primi tornare a lavoro quando ci sarà la riapertura del Paese.

Gli screening per capire la diffusione del virus
All’idea di uno screening di massa per capire quanti davvero sono stati i contagi in Italia, sicuramente molti di più di quelli censiti, sta lavorando l'Istituto superiore di sanità (Iss). L’obiettivo è riuscire ad avere un quadro reale dei casi di positività e anche di chi è certamente guarito avendo sviluppato anticorpi al virus SarsCov2. Ma per fare indagini ampie di questo tipo sulla popolazione, ha spiegato il presidente Iss Silvio Brusaferro, «servono test più rapidi per la ricerca degli anticorpi».

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I test con tamponi, infatti, richiederebbero tempi più lunghi e un’organizzazione complessa. Dunque, ha annunciato, «stiamo pensando di fare questo tipo di indagine e stiamo mettendo a punto le tecnologie per poterlo fare. Stiamo cioè lavorando per poter fare a stretto giro un’indagine di prevalenza sierologica». Infatti, «avere una stima in tempi rapidi su un campione significativo della popolazione è molto importante per avere una stima reale dei casi, mentre ad oggi dobbiamo accontentarci di modelli».

Test prima di rientrare a lavoro
Il problema con i test sierologici che danno spesso una risposta quasi immediata è l’affidabilità che oggi - secondo l’Iss - ancora non è abbastanza alta, sicuramente non come quella dei tamponi. Ma sull’affidabilità di questi test si sta lavorando. L’idea a cui stanno lavorando anche diverse Regioni è utilizzare questi kit rapidi di diagnosi a cui basta un mini prelievo di sangue per individuare i soggetti contagiati
e poi considerati guariti. Una strada che secondo il presidente dell’Ordine dei medici Filippo Anelli, potrebbe essere impiegata per « programmare il rientro a lavoro».

L'utilizzo a tal fine dei test con tampone, rileva, «sarebbe
complicato, anche per i tempi necessari per disporre dei risultati. Al contrario, se i test rapidi attualmente allo studio o in sperimentazione fossero ritenuti affidabili, e la ricerca si sta muovendo velocemente su questo fronte, e dopo naturalmente una validazione da parte del'Istituto superiore di sanità, potrebbero essere proprio tali test a permettere uno
screening per decidere chi può tornare a lavorare».

Tali test, «potrebbero permettere di capire chi ha sviluppato immunità al virus ed è dunque guarito». Al momento, conclude Anelli, «questa è un'ipotesi di lavoro ma rappresenta una possibile strada da seguire».

Per approfondire:
Covid-19, Bosch sviluppa il test rapido

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