ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl “compromesso” sull’Ulster

Nord Irlanda, gli accordi di pace del Venerdì Santo minacciati dalla Brexit

I 30 anni dei “Troubles” furono segnati da repressione, omicidi, violenze, attentati terroristici in Irlanda e Inghilterra, con oltre 3500 morti. L’accordo che vi mise fine il 10 aprile 1998 fu reso possibile da una serie di circostanze favorevoli

Scontri a Londonderry a 25 anni dagli accordi del Venerdì Santo

3' di lettura

Joe Biden vola a Belfast per celebrare i 25 anni dell’accordo di pace del Venerdì Santo che, firmato il 10 aprile del 1998, mise fine a 30 anni di confitto nell’Irlanda del Nord. Il presidente americano arriverà in serata e domani incontrerà il premier britannico Rishi Sunak in Irlanda del Nord per l’anniversario dell’accordo che «era basato sul compromesso», ha ricordato ieri il leader conservatore sottolineando che c’è ancora «lavoro da fare» per la sua applicazione. Il presidente Usa non potrà intervenire di fronte all’assemblea di Stormont, visto lo stallo politico che va avanti da mesi a causa del rifiuto degli unionisti di co-governare con il Sinn Fein, in protesta per gli accordi post Brexit negoziati da Londra con Bruxelles sullo status commerciale dell’Irlanda del Nord.

I Troubles e la lunga scia di sangue

I 30 anni dei “Troubles” furono segnati da repressione, omicidi, violenze, attentati terroristici in Irlanda e Inghilterra, con oltre 3500 morti. L’accordo che vi mise fine il 10 aprile 1998, Venerdì Santo, fu reso possibile da una serie di circostanze favorevoli. I primi ministri britannico Tony Blair e irlandese Bertie Ahern, così come il presidente americano Bill Clinton, s’impegnarono con energia per trovare una soluzione positiva, mentre in Irlanda del Nord politici come l’unionista protestante David Trimble e il socialdemocratico cattolico John Hume, che nel 1998 condivisero il Nobel la pace, seppero spingere in maniera costruttiva le loro comunità verso la pace.

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L’Accordo, confermato ampiamente da referendum in Irlanda e Irlanda del Nord, si basa sul principio della cooperazione fra le due comunità. Per questo fu istituito un parlamento, l’Assemblea dell’Irlanda del nord, che siede nel palazzo di Stormont a Belfast. E fu creato un governo locale al quale furono devolute responsabilità in aree come l’istruzione e la sanità. Queste istituzioni funzionano con il principio del potere condiviso fra unionisti e repubblicani. L’Accordo sancisce che l’Irlanda del Nord fa parte del Regno Unito, uno status che può cambiare solo con un referendum. Chi vi è nato può avere passaporto britannico, irlandese o entrambi. L’intesa ha anche regolato il disarmo dei gruppi armati oltre al rilascio dei detenuti delle due parti.

Voglia di voltare pagina

A far funzionare l’accordo ha contribuito la stanchezza della popolazione per la violenza, e una generale voglia di voltare pagina. Molte impasse sono state superate con lo spirito “dell’ambiguità costruttiva”, che mantiene una certa vaghezza per alcuni termini dell’intesa. Ma sicuramente un elemento determinante nel facilitare la pacificazione è stata la comune appartenenza di Irlanda e Regno Unito all’Unione europea. Non a caso il 55,8% dei nordirlandesi ha votato contro la Brexit. L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, il 31 gennaio 2020, ha rotto questo equilibrio e la questione dell’Irlanda del nord è emersa fin da subito come una delle più spinose da risolvere fra Londra e Bruxelles. L’obiettivo è stato fin dall’inizio di mantenere aperto il confine interno dell’isola, unica frontiera terrestre fra Gran Bretagna e Ue. Per questo è stato firmato un protocollo che prevede controlli doganali per le merci in arrivo in Irlanda del Nord dalla Gran Bretagna, in modo che siano conformi alle regole Ue e possano circolare liberamente anche in Irlanda, oltre al mantenimento in vigore in Irlanda del Nord di regole del mercato unico europeo. Ma a questa soluzione si è opposto fin dall’inizio il Dup, principale partito protestante nordirlandese, che su questa questione ha boicottato la formazione di un governo condiviso, senza il quale l’amministrazione locale non può esistere.

Lo scorso 27 febbraio, il premier britannico Rishi Sunak e la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, hanno concordato la Cornice di Windsor, una nuova intesa che prevede un corridoio verde per le merci destinate alla sola Irlanda del Nord e uno rosso, con controlli doganali, per quelle destinate all’Irlanda. Inoltre il cosiddetto meccanismo del “freno di Stormont”, prevede uno stop a regolamenti europei se a richiederlo sono almeno 60 dei 90 deputati nordirlandesi. La nuova proposta non ha però soddisfatto il Dup e lo stallo politico non è per ora superato. Nessuno in Irlanda del Nord vuole tornare ai tempi dei Troubles, ma le parti si sono irrigidite, con il rischio di incidenti e tensioni. Intanto, alle ultime elezioni del maggio 2022, per la prima volta nella storia, è risultato primo partito il Sinn Fein, indipendentista e repubblicano. E anche se non è per domani, la possibilità di un futuro referendum che sancisca l’unione di tutta l’Irlanda non viene esclusa.

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