Nord Stream 2, Iran, Libia: la nuova “Ostpolitik” di Merkel e Putin
Lunga lista di problemi sul tavolo al Cremlino . La Germania chiede sostegno per la Conferenza di Berlino, Mosca vuole mostrare di non essere isolata sul fronte dell'energia
di Antonella Scott
4' di lettura
Non tornava al Cremlino dal 10 maggio 2015: allora, scura in volto, Angela Merkel aveva accettato l’invito - spostandolo di un giorno - per tenere aperto uno spiraglio nel legame con Mosca, stravolto dalla crisi ucraina.
E Vladimir Putin aveva cercato di non mostrarsi offeso dal rifiuto della cancelliera tedesca di assistere, il giorno prima, alla grande parata sulla Piazza Rossa per la vittoria nella Seconda guerra mondiale.
«Ci sono problemi tra noi - aveva ammesso il presidente russo sperando in un miglioramento delle relazioni con l’Europa - ma prima riusciremo a bloccare l’impatto negativo sul nostro rapporto, e meglio sarà». Lei lo gelò: l’annessione della Crimea alla Federazione Russa, disse, «è stato un atto criminale e illegale».
Cinque anni dopo, l’agenda dell’incontro tra Merkel e Putin è ancora ingombra di problemi internazionali: la differenza è che ora si va a Mosca per cercare di risolverli. E che su parte dei fronti aperti, a partire dallo sforzo di evitare un conflitto su vasta scala in Medio Oriente, russi ed europei si vengono a trovare più vicini. Sabato per Angela Merkel la priorità era ottenere il sostegno di Putin per la Conferenza di pace a Berlino, dove la Germania conta di raccogliere i protagonisti della guerra in Libia.
Per il presidente russo invece era cruciale che i tedeschi confermassero l’impegno per Nord Stream 2, il gasdotto finito nel mirino delle sanzioni americane. Ciascuno ha dato una mano all’altro: sabato Merkel e Putin hanno rilanciato l’asse Mosca-Berlino.
Attenta a mettere l’accento sugli interessi comuni, e non più solo sulle divergenze, Angela Merkel non si è sottratta dal riconoscere il ruolo centrale che Putin è arrivato a giocare sulla scena internazionale, come dimostrava l’importanza dei punti all’ordine del giorno: «Grazie per avermi invitata - ha detto la cancelliera salutando il presidente russo - c’è una lunga lista di temi, bilaterali e internazionali, di cui volevo parlarle. Non vedevo l’ora».
Ma poi, quasi a ricordare all’interlocutore che dell’elenco fanno ancora parte anche le questioni irrisolte cinque anni fa - la crisi ucraina, malgrado i piccoli progressi - Merkel ha aggiunto: «Io penso che sia meglio parlare l’un l’altro, piuttosto che l’uno dell’altro».
Il gasdotto Nord Stream 2 verso il completamento
«Ci concentreremo sui temi più urgenti», ha proposto Putin. Tre ore dopo, in conferenza stampa, i due leader hanno condiviso l’esito del colloquio. Il presidente russo è partito dal fronte dell’energia, ricordando l’accordo «reciprocamente vantaggioso» sul transito di gas russo dal territorio ucraino, concluso il 31 dicembre scorso, ed esprimendo il proprio apprezzamento per il sostegno che la Germania continua a dare al gasdotto Nord Stream 2, descritto da Angela Merkel come «importante»: un progetto che va a vantaggio dei consumatori europei e «che è necessario portare a termine».
Malgrado le sanzioni americane extraterritoriali che Merkel «non appoggia» e che costringeranno la Russia a completare la costruzione senza i partner della svizzera Allseas: sia pure in ritardo, il gasdotto sarà operativo entro la fine dell’anno o l’inizio del 2021, assicura Putin.
Il nodo delle tensioni in Medio Oriente
Ma le preoccupazioni centrali sono per la Libia e il Medio Oriente. In queste ore Putin ha avviato un intenso sforzo diplomatico con i leader dei Paesi che sostengono l’uno o l’altro dei due rivali in guerra in Libia - Fayez al-Serraj a Tripoli e il generale Khalifa Haftar a Bengasi.
Quest’ultimo finora ha respinto l’invito a una tregua lanciato in settimana da Putin - che fornisce armamenti ad Haftar - e dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in campo con al-Serraj. Sabato, prima di vedere Angela Merkel, Putin aveva parlato per telefono con l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani, e con il vice comandante supremo delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed Bin Zayed. Il tempo stringe: il cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore a breve.
«Conto che l’appello venga ascoltato», ha detto Putin accanto alla cancelliera tedesca, che si è augurata il successo dell’iniziativa turco-russa per poter poi procedere «a mandare gli inviti per la Conferenza di Berlino», guidata dalle Nazioni Unite ma in cui è previsto un ruolo determinante per le parti in lotta, nella ricerca di una soluzione. «È necessaria per mettere fine al conflitto», le ha dato appoggio Putin.
Rispondendo alla domanda di un reporter tedesco, il presidente russo ha preso le distanze dai mercenari segnalati sul campo di battaglia in Libia, al fianco di Haftar: «Se ci sono cittadini russi, laggiù, non rappresentano gli interessi dello Stato russo e non ricevono denaro dallo Stato russo».
La crisi in Iran e in Siria
Riguardo alla crisi iraniana, Russia e Germania hanno ribadito la necessità di mantenere in vita l’accordo internazionale sul programma nucleare di Teheran: «L’Iran - ha detto Angela Merkel - non deve avere la possibilità di arrivare all’arma nucleare. Noi utilizzeremo tutti i mezzi diplomatici per conservare questo accordo, malgrado non sia evidentemente ideale».
Quanto alla stabilizzazione in Siria, è stato invece Putin ad affermare che «Russia e Germania condividono la convinzione che il conflitto debba essere definitivamente concluso con mezzi politici, unendo le forze della comunità internazionale per aiutare lo Stato e i cittadini siriani a ricostruire le infrastrutture, le forniture di acqua ed elettricità, le scuole, gli ospedali».
Putin ha espresso la speranza che il Medio Oriente riesca a evitare una guerra su vasta scala, che si trasformerebbe in una catastrofe per il mondo intero. Ma in Siria, dove le forze russe - forze regolari e contractors - sono a fianco di Bashar Assad impegnato a liquidare gli ultimi bastioni della resistenza, Putin non è solo uno spettatore, è un regista accanto agli iraniani. E il suo interesse principale è mantenere gli equilibri e il ruolo raggiunto, qui e nella regione scossa dall’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Per approfondire:
● Erdogan contro Putin, la sfida che deciderà il futuro della Libia
● Vent'anni di Putin in Russia: cosa ha fatto e cosa farà nei prossimi venti
● Dalla Siria alla Libia, così si complica il progetto di Putin
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