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Nord Stream 2 al traguardo, tagliata fuori la rotta ucraina del gas

Con il via libera della Danimarca cade l’ultimo grosso ostacolo al completamento del controverso gasdotto russo-tedesco, in grado di raddoppiare le forniture di gas russo all’Europa. Rischia di diventare così irrilevante il transito attraverso l’Ucraina: proprio nel momento in cui Mosca e Kiev compiono i primi passi alla ricerca di una soluzione nel Donbass

di Antonella Scott

Manifestazioni a Kiev

3' di lettura

Intascato l’ultimo via libera, atteso più di due anni, Nord Stream 2 prosegue il proprio cammino verso la Germania. Malgrado il timore di un’eccessiva dipendenza dell’Europa dal gas, l’opposizione dei Paesi baltici e della Polonia,la minaccia di sanzioni sbandierata dagli Stati Uniti. Dopo Finlandia, Svezia e Germania, la Danimarca ha acconsentito alla costruzione del tratto del gasdotto russo-tedesco che attraverserà la piattaforma continentale danese per 147 km.

Con Nord Stream 2, che affianca il “gemello” già operativo lungo la stessa rotta sotto il mar Baltico, Gazprom raddoppierà la quantità di gas inviato direttamente in Europa, attraverso una rotta che taglia fuori l’Ucraina. E questo proprio mentre sono in corso negoziati frenetici, mediati dall’Unione Europea,tra Mosca e Kiev: a fine anno scade il contratto con cui dieci anni fa Vladimir Putin e Yulia Tymoshenko, allora premier ucraina, definirono le condizioni del transito di gas russo diretto in Europa, mettendo fine all’ennesima crisi energetica.

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Vendicata la Groenlandia?
Nei prossimi mesi, scrive il presidente della commissione Esteri della Camera alta russa, Konstantin Kosachev, il progetto Nord Stream 2 potrebbe essere ultimato. La rotta scelta dalla Danimarca nel proprio tratto di competenza passerà a sud dell’isola Bornholm. Una sfida agli Stati Uniti (forse anche per “vendicare” la clamorosa boutade di Donald Trump interessato ad acquistare la Groenlandia?): da tempo la Casa Bianca ha dichiarato guerra a Nord Stream 2, che ostacola i piani di vendita di gas liquefatto americano in Europa. Nel mirino delle sanzioni sono anche le compagnie non russe: il progetto fa capo interamente a Gazprom, ma è co-finanziato per metà del costo di 9,5 miliardi di euro da un consorzio tra le tedesche Wintershall e Uniper, la francese Engie, l’austriaca Omv, l’anglo-olandese Royal Dutch Shell.

Da Kiev, la compagnia energetica Naftogaz fa buon viso a cattivo gioco: la decisione di Copenhagen era prevista, ha scritto l’ad Andriy Kobolev, ma ora rende ancora più importante il completamento delle riforme europee in tema di energia: norme «che ci proteggano come proteggono i consumatori europei».I 55 miliardi di metri cubi di gas che attraverso Nord Stream 2 si aggiungeranno alle attuali forniture russe all’Europa rischiano di rendere irrilevante il passaggio ucraino.

Il nodo del transito ucraino
La Germania pretende che questo non accada: la trasmissione di gas russo all’Europa frutta 3 miliardi di dollari all’anno all’Ucraina, che dal 2015 ha smesso di importare direttamente dalla Russia. Ma in ogni scambio di vedute con Putin, Angela Merkel pone il mantenimento della rotta ucraina come condizione per non abbandonare Nord Stream 2. «Il transito attraverso l’Ucraina - ha detto ieri il portavoce tedesco Steffen Seibert - deve avere un futuro».

Nei giorni scorsi, l’ennesimo round di negoziati tra russi e ucraini sul rinnovo del contratto che scade in dicembre si è concluso senza intese. E ora Gazprom potrà avere una posizione ancora più intransigente, quando tornerà a parlare di tariffe sul transito. A meno che i segnali di distensione che da qualche tempo Mosca e Kiev si stanno lanciando non consentano un avvicinamento anche sul fronte del gas. «Possiamo sperare che lo scenario politico renda le parti più flessibili anche sulle questioni economiche - spiega da Mosca Andrej Kortunov, direttore generale del Consiglio russo per gli Affari internazionali -. Ma ricordiamoci che gli interessi economici non sono facili da riconciliare. La Russia è pronta a mantenere il transito verso l’Ucraina, ma è improbabile che si impegni per più di un anno, mentre Kiev dice di aver bisogno di un contratto di più lungo termine, cinque o dieci anni, per mantenere le infrastrutture».  

Pace e investimenti
Per Volodymyr Zelenskiy, del resto, politica ed economia e distensione con Mosca camminano intrecciate. «La pace è impossibile - ha detto martedì scorso il presidente ucraino - senza una crescita economica stabile». E per l’economia il governo ucraino ha obiettivi ambiziosi: +5-7% annuo da qui al 2024, e investimenti su larga scala. A cominciare dalle regioni dove tutto è più difficile, quelle dell’Ucraina orientale colpita dai separatismi e dalla guerra. Mariupol, porto industriale sul mar d’Azov, è a 20 km dal fronte. E proprio qui Zelenskiy ha voluto organizzare un Forum con un messaggio chiaro: la via d’uscita dalla guerra passa dagli investimenti e dallo sviluppo.

E chissà se un giorno quegli investimenti potranno coinvolgere anche la Russia. Nel momento stesso in cui veniva inaugurato il Forum di Mariupol, l’Ucraina annunciava l’avvio del disimpegno dalla cittadina di Zolote, regione di Luhansk. Truppe governative ucraine e separatisti filo-russi hanno fatto un passo indietro con le loro armi pesanti rispetto alla linea di contatto, altri ritiri dovrebbero seguire. Avvicinando la possibilità che nelle prossime settimane venga convocato il summit del cosiddetto Formato Normandia: i negoziati per la stabilizzazione del Donbass tra Russia, Ucraina, Francia e Germania, che vedranno per la prima volta di fronte Zelenskiy e Vladimir Putin.

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