AnalisiL'analisi si basa sulla cronaca e sfrutta l'esperienza e la competenza dell'autore per spiegare i fatti, a volte interpretando e traendo conclusioni. Scopri di piùil congresso approva le misure

NordStream 2, Saipem sfiorata dal rischio di sanzioni Usa

Le misure appena approvate dal Congresso colpiscono chi ha collaborato alla costruzione dei gasdotti russi, ma la società italiana confida di non essere colpita

di Sissi Bellomo

(Afp)

4' di lettura

Entreranno in vigore nelle prossime ore le sanzioni americane contro i gasdotti russi NordStream 2 e TurkStream, o meglio: contro le società che hanno collaborato a costruirli. Tra queste c’è Saipem , che tuttavia sembra essere solo sfiorata dal rischio e si considera relativamente sicura. Le misure adottate dal Congresso Usa – che salvo improbabili sorprese riceveranno entro venerdì l’imprimatur della Casa Bianca – sembrano meno pericolose per i partner di Gazprom di quanto minacciato in passato.

Il testo definitivo prende infatti di mira «le navi che sono state impegnate nella posa dei tubi a profondità di 100 piedi (30,5 metri, ndr) o più sotto il livello del mare» e ogni «persona straniera» (non soggetto né società) che le abbia «consapevolmente vendute, noleggiate o fornite» o che abbia facilitato tali transazioni.

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Il governo Usa deciderà entro 60 giorni chi corrisponde all’identikit, colpendolo con una o più delle punizioni previste, dal rifiuto del visto di ingresso negli Usa al blocco delle operazioni in dollari, al sequestro di eventuali beni e interessi oltre Oceano. Saipem ha uffici e attività negli Stati Uniti. E la sua nave Castoro 10 è impegnata nella costruzione del NordStream 2. La società spiega tuttavia che il lavoro in questione è «di scopo molto limitato» e che il poco che le resta da realizzare sono opere «sopra la superficie dell’acqua», all’approdo della condotta in Germania, non alle profondità descritte dalla legge Usa. In poche parole Saipem (che non ha contribuito a realizzare TurkStream) «sulla base delle informazioni disponibili non crede» che i suoi impegni contrattuali la espongano a sanzioni.

A correre i rischi più seri sembra essere Allseas, gruppo elvetico-olandese (con sede in Svizzera) che non solo è stato l’unico contractor straniero coinvolto nel TurkStream ma ha anche vinto l’appalto per realizzare il 96% della seconda linea di NordStream, secondo quanto afferma il sito della società del gasdotto, con le navi Solitaire, Pioneering Spirit e Audacia. Le prime due imbarcazioni sono tuttora impegnate nella posa dell’ultimo tratto di tubi nel Mar Baltico, in acque danesi. Il resto dei lavori l’ha fatto la russa Mrts.

L’esperienza insegna comunque che al giorno d’oggi nessuno può dirsi con certezza al riparo dalle sanzioni extraterritoriali Usa: il livello di discrezionalità è alto e finire nella lista nera, anche solo per errore e brevemente, può costare caro come ha dimostrato la vicenda dell’armatore italiano PB Tankers , finito nei guai l’estate scorsa per il presunto aiuto al Venezuela.

Non è chiaro peraltro se potrà esserci qualche problema per i finanziatori europei di NordStream 2: Engie (già multata dall’Antitrust polacca), Uniper, Wintershall, Omv e Shell. La legge Usa prevede infatti che entro 180 giorni sia stilata una seconda lista, con «tutte le entità, incluse le istituzioni finanziarie, che direttamente o indirettamente forniscono beni, servizi, informazioni o tecnologia per la costruzione o la riparazione» del gasdotto sotto il Baltico.

«Se le sanzioni dovessero colpirci dovremo considerare il potenziale impatto sul nostro business», ha dichiarato il ceo di Uniper, Andreas Schierenbeck. «Ma attualmente non è questo il caso e non abbiamo indicazioni in tal senso».

In ogni caso le misure contenute nel testo approvato sono meno drastiche (e più ambigue) del previsto. I parlamentari Usa di entrambi gli schieramenti che da tempo premono per usare il pugno di ferro contro Mosca sono scesi probabilmente a qualche compromesso, pur di ottenere le sanzioni in tempi rapidi.

Per fermare i progetti di Gazprom potrebbe già essere troppo tardi, visto che la pipeline verso la Turchia è in fase di collaudo (anche se mancano le connessioni con l’Europa centrale) e il Nord Stream 2, già pronto al 90%, può essere completato in poche settimane ora che la Danimarca ha concesso l’ultimo permesso mancante.

La corsia preferenziale per ottenere l’ok alle sanzioni è stata trovata nella legge che contiene il budget per la difesa. Con un assalto alla diligenza degno dei decreti Milleproroghe all’italiana, i deputati Ted Cruz (repubblicano) e Jeanne Shaheen (democratica) sono riusciti a inserire le misure nel National Defense Authorization Act, che autorizza spese per ben 738 miliardi di dollari in un settore critico per gli Stati Uniti: una garanzia per ottenre l’approvazione a larghissima maggioranza ed evitare veti da parte di Donald Trump.

Dure le reazioni arrivate dalla Russia, ma anche dalla Germania, che ha sempre sostenuto con forza NordStream 2 come un progetto di interesse commerciale.

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha condannato la natura extraterritoriale delle sanzioni, alle quali – ha detto – «siamo contrari non da oggi, perché abbiamo questo problema anche in relazione all’Iran». Tuttavia Berlino non prevede ritorsioni contro gli Usa: «Non vedo altra strada che quella di avviare colloqui per chiarire che non approviamo».

La costruzione di NordStream 2 non si fermerà, ha assicurato il Cremlino attraverso il portavoce Dmitry Peskov. «Azioni di questo tipo rappresentano una violazione diretta delle leggi internazionali. Sono un esempio perfetto di concorrenza sleale, un tentativo di assicurare artificialmente il dominio sui mercati europei, imponendo ai consumatori un prodotto più caro e non competitivo», ossia il Gnl americano.

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