Ciò che allontana è, alla fine, la gestione di chi è già arrivato o di chi intende arrivare in Italia. In altri termini: il nodo, quello di sostanza, è la gestione immigrati. Nelle ultime ore si sono accentuate le distanze tra Lega e Cinque Stelle, azionisti di maggioranza dell’esecutivo giallo verde guidato da Giuseppe Conte, su due temi strategici: la legittima difesa e il Global migration compact. In entrambi i casi il nodo è quello dell’integrazione.
Distanze che si contestualizzano in giorni delicati sul piano della trattativa con Bruxelles per scongiurare l’apertura di una procedura di infrazione Ue per deficit eccesivo nei confronti dell’Italia. La strategia è: smussare gli spigoli, ricucire gli strappi, rassicurare tutti, prendere tempo.
La Lega porta in piazza lo slogan della legittima difesa ma M5s frena
Nel primo caso, a riaprire la discussione è stata la cronaca: Fredy Pacini, il titolare di una rivendita di gomme di Monte
San Savino, in provincia di Arezzo, indagato per eccesso di legittima difesa per aver ucciso un ladro di origine moldava nella
sua azienda dove dormiva dopo aver subito 38 furti. Il vicepremier leghista Matteo Salvini ha subito chiarito di stare dalla
parte di chi difende», e ha annunciato che la prossima legge sarà proprio sul tema della legittima difesa. Un disegno di legge di inziativa leghista, approvato dal Senato, è adesso all’attenzione della seconda Commissione gisutizia
della Camera. Il provvedimento non è stato ancora calendarizzato, ma Salvini ha chiarito che dovrà arrivare in aula a inizio gennaio.
Nella versione attuale il provvedimento azzera il margine di discrezionalità a disposizione dell’autorità giudiziaria nel
valutare la legittimità dell’azione di difesa.
I Cinque Stelle, per voce del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora, hanno lanciato un messaggio all’alleato di governo: un conto è enfatizzare i problemi, ha osservato Spadafora, «da qui a pensare di cambiare tutto il quadro normativo esasperando questi temi ce ne vuole». Sulla legittima difesa, è il messaggio dei pentastellati, «se ne dovrà discutere bene». Ma i leghisti non sono disposti ad accettare un cambiamento di abito. Insomma, il braccio di ferro c’è, più o meno sotto traccia: il ministro per i Rapporti con il parlamento Fraccaro, Cinque Stelle, punta a calendarizzare il ddl a febbrario. L’8 dicembre la Lega scenderà in piazza a Roma per ridadire lo slogan che la legittima difesa è sempre legittima. È gioco facile prevedere che i prossimi giorni il dibattito sul tema si accentuerà ulteriormente.
«Serve un passaggio parlamentare per l’intesa Onu sui migranti»
C’è poi un altro capitolo sul quale si è manifestata una spaccatura all’interno della maggioranza. Ed è quello del Global Migration Compact. È un documento, approvato dall’Assemblea Onu nel 2016 (e sottoscritto per l’Italia dal governo Renzi), non vincolante, che
sancisce alcune linee guida nella gestione dell’immigrazione e dell'accoglienza dei richiedenti asilo. «La Lega è fermamente
contraria - ha chiarito Salvini -: l’immigrazione nel mio Paese la gestisce il governo italiano non qualcuno dall’altra parte
del mondo». Una parte dei pentastellati la pensano in maniera diversa. «Ritengo che l’Italia dovrebbe dire sì al global compact
ed invito tutti a leggersi davvero il contenuto di questo accordo, perché ci consentirebbe di non restare soli nella gestione
del fenomeno dell’immigrazione», ha affermato il presidente della Camera Roberto Fico, a margine di un convegno all’accademia
dei lincei. Il premier Conte ha trovato un compromesso: «essendo un documento che ha valore politico - ha spiegato - abbiamo
convenuto che forse è giusto creare un passaggio parlamentare, in cui far condividere a tutti ciò che stiamo facendo». Intanto
l’Italia non parteciperà al summit indetto per sottoscrivere l’intesa, in programma a Marrakech, in Marocco, il 10 e 11 dicembre.
L’esecutivo giallo verde si riserva di aderire o meno al documento solo quando il Parlamento si sarà pronunciato. A questo
punto però il rischio è che, quando la palla passerà alle Camere, si crei un nuovo corto circuito visto che una parte del
M5S, a partire dagli ortodossi, voterebbe sì proprio come il Pd.
Il pentastellato Fico: ho voluto prendere le distanze dal decreto sicurezza
Il via libera definitivo del decreto sicurezza, cavallo di battaglia del Carroccio e del suo leader, da parte del Senato è
stato accompagnato dall’applauso di tutto il centrodestra ma non del M5S. Quattordici pentastellati non hanno votato il decreto-bandiera
della Lega. Interpellato sulla sua assenza in Aula al momento del voto sul dl sicurezza, Fico ha confermato di aver voluto
prendere le distanze dal testo voluto da Salvini. Pronta la replica del segretario federale della Lega. «Che Roberto non
fosse d’accordo col decreto sicurezza lo sapevamo - ha detto - e apprezzo molto il fatto che, da presidente della Camera,
abbia aspettato l’approvazione definitiva per poi dichiarare la sua contrarietà pubblicamente. Così fa un presidente della
Camera che non è d’accordo ma rispetta la volontà del Parlamento». Toni soft, che tuttavia fanno trapelare un disagio politico,
reciproco, nella maggioranza.
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